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Il pensiero del giorno: Lc 21,34-36

1 Dicembre 2018 - Autore: Don Piero Cantoni

« State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo » (Lc 21,34-36).

La filosofia è per Platone preparazione alla morte. La morte infatti è un evento certissimo che si presenta però come la soglia tra questo mondo, che è il mondo della nostra esperienza ordinaria, e l’“altro” mondo che non conosciamo direttamente. La morte ci parla dunque il linguaggio del mistero e – di suo – ci spinge a riflettere, a pensare e a decidere in ordine a tutta quanta la nostra vita. Che ci sarà dopo? Ma ci sarà poi veramente un “dopo”? Sono domande che riguardano il futuro (che può essere anche molto prossimo…) ma inevitabilmente anche il presente, perché “la” fine della vita mi spiega anche “il” suo fine.

Se “dopo” non c’è nulla, allora il senso della mia vita è nulla! E questo vale già ora. Ma già ora io vivo come se la mia vita avesse un senso e non posso proprio fare altrimenti. Nessuno compie atti a casaccio, convinto che uno vale l’altro. Mi alzo e mi vesto per recarmi a lavorare. Lavoro per guadagnare di che vivere. Vivo per realizzare diversi scopi: farmi una posizione, avere una famiglia, coltivare i miei interessi… Tutto quello che l’uomo fa lo fa per un fine, per uno scopo.

Purtroppo spesso succede che l’uomo si preoccupa solo dei fini prossimi, immediati, lasciando senza risposta la domanda sul fine ultimo, che è poi la più importante. Perché in definitiva faccio tutto quello che faccio? La morte è quell’evento che – se lo prendi sul serio – ti costringe ad arrivare fino a questa domanda fondamentale: qual è il senso della mia vita? La fede cristiana esorcizza la morte non dimenticandola, nascondendola o minimizzandola, ma conferendole un significato di salvezza. Essa è entrata nel mondo a causa del peccato, ma in Cristo è diventata sorgente di vita. La morte per il cristiano è partecipazione alla morte di Cristo e quindi alla sua resurrezione. Naturalmente deve essere una partecipazione umana, quindi libera.

Morire in Cristo, vuol dire morire con fede, facendo della morte un dono della propria vita al Signore.

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