« Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: “Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele”. Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: “Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori” » (Lc 2,22-35).
La donna che aveva partorito un figlio maschio contraeva una impurità legale (che va accuratamente distinta dall’impurità morale che implica la presenza del peccato) che non le consentiva di toccare qualunque oggetto sacro o di avvicinarsi al Tempio prima del trascorrere di 40 giorni, dopo di che doveva offrire un sacrificio a Gerusalemme (Lv 12,1-8). Molti Padri della Chiesa ritengono che Maria non contrasse nessuna impurità legale e che si sottomise volontariamente alla Legge per umiltà e per non scandalizzare, con un atteggiamento simile a quello di Gesù che si farà battezzare da Giovanni. Il sacrificio offerto è quello dei poveri: due tortore o due colombi (Lv 12,8). L’espressione « Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore » è una parafrasi di Es 13,2 e significa che il primogenito maschio è consacrato come sacerdote, oppure che è redento dai Leviti al prezzo di cinque sicli d’argento.
Il cantico di Simeone è una “collana” (charizah) di profezie che trovano in Gesù il loro compimento. Gesù è la salvezza di Dio in persona (Is 40,5; 46,13; 52,9-10) ed è la luce che illumina i popoli pagani (Is 42,6; 49,6). Il secondo oracolo di Simeone getta luce sul futuro di Gesù che, soprattutto con la sua Passione, traccerà una linea di divisione all’interno di Israele, provocando così anche le nazioni a prendere posizione a favore o contro di lui (Lc 20,17-18; 1Pt 2,6-8; cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 587). Il cantico, conosciuto come “Nunc dimittis” dalle prime parole della versione latina, è recitato o cantato nella Liturgia delle ore tutti i giorni nella preghiera di compieta. Generalmente viene preceduto dall’antifona: “Salva nos, Domine, vigilantes, custodi nos dormientes: ut vigilemus cum Christo, et requiescamus in pace [Nella veglia salvaci Signore, nel sonno non ci abbandonare: il cuore vegli con Cristo, il corpo riposi nella pace]. Maria è posta con decisione in strettissima relazione con Gesù: è con il mistero della Croce, a cui Maria partecipa in modo unico (« e anche a te una spada trafiggerà l’anima ») che Gesù si rivela « segno di contraddizione ».
La tradizione bizantina chiama questo avvenimento hypapànte, cioè “incontro”. Il nostro uomo/donna vecchio, incontrando Gesù, è investito della sua luce; il mistero del suo amore misericordioso infinito, che si riflette alla perfezione nel cuore addolorato di Maria, è tale da far venire alla luce i pensieri nascosti del suo cuore e costringerlo prendere una decisione…