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Il pensiero del giorno: Lc 7,31-35

20 Settembre 2017 - Autore: Don Piero Cantoni

« A chi dunque posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”. Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli” » (Lc 7,31-35).

L’annuncio del Regno di Dio non è accolto da “questa generazione” cioè dagli uomini increduli. Gesù racconta una piccola parabola (cioè fa una piccola similitudine) evocando una scena familiare nei villaggi palestinesi. I maschietti invitano gli altri bambini a ballare, suonando con il flauto il motivo di una danza tipica delle feste di nozze a cui tante volte hanno già partecipato. Le femminucce intonano un lamento funebre, sentito spesso ai funerali dalle loro mamme o zie o sorelle più grandi. Ma gli altri bambini non reagiscono né all’una né all’altra di queste proposte. L’allusione è esplicita: il lamento funebre è la proposta dell’Antico Testamento, rappresentato da colui che ne è l’ultimo rappresentante profetico: Giovanni Battista. La Legge tante volte infranta invita al pentimento, al dolore, alla mortificazione. La danza di nozze è il Vangelo: Gesù si presenta come lo Sposo celeste che è venuto per unirsi in matrimonio con la natura umana per salvarla e divinizzarla. Né l’una né l’altra di queste proposte trova accoglienza. Chi è questa generazione incredula? Siamo noi. Se la Chiesa ci invita al pentimento e alla confessione troviamo che è esagerato, che la proposta implica una visione cupa e triste della vita. Parlare di peccato e pentimento e misericordia vuol dire gettare un’ombra di male su gran parte della vita dell’uomo al giorno d’oggi. Vuol dire rifiutare la vita, il progresso e la storia… Parlare invece di gioia, di cambiamento, di vita nuova vuol dire coltivare illusioni, nutrire la gente con l’oppio di un misticismo a buon mercato… Troppo negativo… Troppo positivo… Per accogliere Gesù nella fede bisogna avere il coraggio di ammettere i nostri errori e di lasciarci cambiare da Lui. Avere il desiderio di cambiare e – quindi – decidere di lasciarci cambiare! Cambiare è una faccenda seria: vuol dire morire (lamento funebre) al peccato e rinascere alla vita nuova di Gesù (danza di nozze). Il Vangelo è gioia, ma non una gioia superficiale e quindi falsa. È la gioia di un cambiamento che non è opera nostra, ma che deve avvenire in noi e quindi con il nostro consenso. Come in un matrimonio, in cui l’amore è offerto e accolto. Altrimenti sarebbe uno stupro. Doloroso e gioioso, difficile e facile: è il paradosso del mistero della vita e dell’amore sacrificato, che è l’unico autentico ed efficace. Difficile (anzi impossibile) per la nostra autosufficienza, facile per una fede umile, viva e colma di fiducioso abbandono…

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