« In quel tempo al tetrarca Erode giunse notizia della fama di Gesù. Egli disse ai suoi cortigiani: “Costui è Giovanni il Battista. È risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi!”. Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti gli diceva: “Non ti è lecito tenerla con te!”. Erode, benché volesse farlo morire, ebbe paura della folla perché lo considerava un profeta. Quando fu il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle quello che avesse chiesto. Ella, istigata da sua madre, disse: “Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista”. Il re si rattristò, ma a motivo del giuramento e dei commensali ordinò che le venisse data e mandò a decapitare Giovanni nella prigione. La sua testa venne portata su un vassoio, fu data alla fanciulla e lei la portò a sua madre. I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù » (Mt 14,1-12).
Erode Antipa è l’esponente di una famiglia le cui vicende assomigliano ad una sordida e complicatissima telenovela. Erode sposa la moglie di suo fratello Erode Filippo, che per di più era anche sua nipote. La cosa era apertamente proibita dalla legge (cfr. Lev 20,21) e Giovanni Battista rimprovera coraggiosamente Erode per questo. Erode è scosso dalle parole e dalla persona di Giovanni; si limita a metterlo in prigione e ad ascoltarlo volentieri di tanto in tanto, senza però ascoltarlo veramente e cambiare vita. Erodiade trova l’opportunità di far morire Giovanni servendosi della figlia avuta da Filippo. Quando la fama di Gesù giunge alle orecchie di Erode, Erode fa sua un’interpretazione diffusa che faceva di Gesù una “resurrezione” di Giovanni. Si tratta di una concezione presente nella tradizione ebraica: quella di ereditare lo spirito di un profeta. Essa non ha ovviamente niente a che vedere con la reincarnazione, dato che le due persone sono contemporanee. Per comprenderne il senso basta pensare all’episodio di Elia che, prima di essere rapito su un carro di fuoco, trasmette il suo “spirito” a Eliseo lasciandogli il mantello (cfr. 2Re 2,8-15). Ma su Gesù giravano anche altre voci, che fosse Elia (una concezione simile a quella precedente), oppure semplicemente un profeta. Quest’ultima era quella che si avvicinava di più alla realtà: in effetti in Gesù si compiva alla perfezione e in modo trascendente il ministero profetico. Lui non è solo un profeta, ma “il Profeta” annunciato a Mosè come il profeta definitivo: « Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto » (Dt 18,15). Anche qui emerge sempre più chiaramente il carattere di scontro definitivo con le forze del male rappresentato dal ministero di Gesù che continua ancora oggi con il ministero della Chiesa. La sua forza nascosta è il sacrificio di Gesù di cui quello di Giovanni fu una prefigurazione. Ecco perché il missionario ha sempre considerato la croce come la sua unica, ma onnipotente, arma. L’annuncio del Vangelo è come il grande e fondamentale esorcismo che libera il mondo dalle potenze del male. Ecco perché la soluzione vera e autentica dei nostri problemi, al di là di tante chiacchiere inutili ed ipocrisie, è quella di una nuova Evangelizzazione.