« In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: “Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?”. Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: “In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me. […]. Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli » (Mt 18,1-5.10).
Oggi ricorre la memoria liturgica degli angeli custodi, mentre la festa dei santi arcangeli Michele, Gabriele, Raffaele è stata celebrata il 29 di settembre. Abbiamo attraversato un lungo periodo, a partire dal sessantotto fino alla fine degli anni ottanta, in cui gli angeli sono stati abbondantemente dimenticati, quando non apertamente rifiutati. In quei tempi, ancora a noi vicini, credere all’esistenza degli angeli era considerato come un evidente sintomo di superstizione.
Come spesso succede, quando qualcosa di vero viene dimenticato o rifiutato, “buttato fuori dalla porta, rientra dalla finestra”… La convinzione dell’esistenza di spiriti intermedi tra Dio e l’uomo e l’esperienza della loro presenza nella vita e nella storia rientra nell’ambito del senso religioso dell’umanità. Lo si può negare a parole, ma rimane sempre, come una rocca indistruttibile, nella coscienza di ogni uomo. Così spesso la credenza negli angeli è riapparsa in modalità ambigue: spiriti guida, forze personali che pervadono la natura, spiriti che possono essere evocati e interrogati sul futuro…
È bene allora, anzi è indispensabile che torniamo ad occuparci seriamente di loro e a interrogare la Bibbia sulla loro esistenza, le loro funzioni e il loro ruolo importante nella storia della salvezza. L’angelo è il testimone e il custode di quelle attività della creatura intelligente – quindi anche dell’uomo – che nell’insieme di tutte le prestazioni straordinariamente efficaci e redditizie di cui l’ingegno è capace, appaiono come assolutamente in-utili, tali da non servire propriamente a nulla: la contemplazione e l’adorazione.
Gli angeli con la loro vita ci aiutano allora a capire quanto sia importante la contemplazione e la preghiera. Soprattutto la preghiera di adorazione e di lode. Ma a che cosa serve adorare e contemplare? Non “serve a nulla”, perché tutto serve a lei. È atto di sovrana libertà e di supremo significato, che riempie il cuore e la vita più di ogni fare e produrre. Molte cose servono ad altre, molte azioni servono per compiere altre azioni…
Questo serve a quest’altro, che serve a quest’altro ancora, il quale a sua volta serve a, serve a, serve a… Non si può andare all’infinito, perché altrimenti tutto il nostro fare sarebbe senza senso, letteralmente insensato, un acchiappare il nulla e un inseguire il vento. C’è un fare che è ultimo, perché tocca l’origine di ogni cosa, il principio di tutto, la Bellezza suprema, « l’amor che move il sole e l’altre stelle » (Paradiso, canto XXXIII, 145: l’ultimo verso della Divina Commedia…). Quando preghiamo, adoriamo, lodiamo ci immergiamo nell’eternità e quindi la anticipiamo…