« Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti alla gente; di fatto non entrate voi, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrare. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo prosèlito e, quando lo è divenuto, lo rendete degno della Geènna due volte più di voi. Guai a voi, guide cieche, che dite: “Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato”. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: “Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato”. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso » (Mt 23,13-22).
Se sfogliamo con attenzione le pagine dei Vangeli, scopriamo facilmente che il Signore non se la prende mai direttamente con i peccatori, verso i quali ha sempre parole di attenzione e misericordia: « Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare [κρίνω, nel senso non di “discernere”, ma di “condannare”] il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui » (Gv 3,17); « Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori » (Mc 2,17). Se la prende (si “arrabbia”) piuttosto con due categorie di persone: quelli che sono colpevolmente increduli (« O generazione incredula! […]. Fino a quando dovrò sopportarvi? » Mc 9,19) e con gli ipocriti, come vediamo dal brano che stiamo commentando.
Qui però dobbiamo stare attenti: c’è una “santa” ipocrisia ed una ipocrisia maligna. L’ipocrisia buona, che è però scorretto chiamare ipocrisia, è quella di chi pecca di nascosto, perché riconosce il peccato come tale, se ne vergogna e non vuole in fondo che gli altri lo imitino. L’ipocrisia che Gesù ha di mira è fondata in una falsità e insincerità di fondo, per cui si presta attenzione a cose in sé buone, ma – non tenendo in nessun conto la gerarchia tra le verità e le pratiche – se ne fa pretesto per dimenticare l’essenziale. « Il santo spirito, che ammaestra, fugge ogni inganno, si tiene lontano dai discorsi insensati e viene scacciato al sopraggiungere dell’ingiustizia » (Sap 1,5). Quanti cattolici vivono nell’inganno!
Obbediscono non al Papa concretamente esistente, ma al Papa “come dovrebbe essere”, naturalmente secondo loro… Amano la Tradizione, ma non quella concretamente esistente e viva, trasmessa “autenticamente”, cioè con autorità, dal magistero ordinario del Papa e dei vescovi a lui uniti. La “sacra Tradizione” da loro amata, difesa e trasmessa è quella stabilita dalla loro immaginazione. Alla luce di questa astrazione, di questo “idolo”, condannano gli insegnamenti autentici della Chiesa vivente. Molto spesso in modo non chiaro ed esplicito, ma praticando una sorta di taqiya cattolica.
La “taqiya” è una pratica diffusa nel mondo islamico, soprattutto sciita, per cui il “pio” mussulmano (taqy) può mentire per difendere la sua fede. Così parlano del Vaticano II con affettata devozione, ma per condannarlo o per usarlo come arma impropria al fine di diffondere le loro idee. Ostentano una grande obbedienza, che però è solo di facciata… Le parole del Vangelo si potrebbero forse tradurre così: guai a voi cattolici ipocriti…