« Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri. » (Mt 23,27-32).
C’è un punto negli Esercizi Spirituali di sant’Ignazio che colpisce particolarmente per la sua crudezza: « Mi vedrò come un’ulcera e una piaga da cui è uscito tanto marciume di peccati e tanto liquame di vizi » (n. 58). Qui sant’Ignazio esagera? No! Non c’è passo degli Esercizi che non abbia un fondamento biblico e i versetti che stiamo leggendo lo sono. Gesù sta probabilmente insegnando mentre cammina sulla mura orientali del tempio; davanti a lui c’è la valle di Giòsafat, dove – secondo la parola dei profeti (Gl 3-4) – ci sarà il giudizio univerale. Lì c’è un cimitero: molti ebrei hanno infatti voluto essere seppelliti lì per essere pronti, nel giorno della risurrezione, a partecipare al grande giudizio. La bianchezza dei sepolcri doveva colpire con il loro bagliore gli occhi degli spettatori che li vedevano dall’alto delle mura del tempio. Gesù fa notare impietosamente che quello splendore era solo un’apparenza, perché i sepolcri celavano al loro interno ossa di morti e putridume… Così è per ognuno di noi se abbiamo il coraggio di guardare dentro di noi. L’esame di coscienza è questo: guardare alla nostra vita e alla nostra interiorità con la più assoluta sincerità… Che coraggio ci vuole per sollevare il coperchio del bidone, pieno di cose maleodoranti e schifose! Lo possiamo fare solo se l’esame lo compiamo davanti a Gesù salvatore. Se l’esame di coscienza è quello che deve essere: una preghiera. Solo allora i nostri peccati, i nostri difetti puzzolenti non ci fanno più paura, perché li scorgiamo alla luce dello sguardo misericordioso del Signore. Allora lo ringraziamo di tutti i doni che ci ha dato e ci dà, vediamo i nostri peccati, chiediamo fiduciosamente perdono e ci proponiami di andare avanti, di progredire con l’aiuto della sua grazia (è l’esame di coscienza insegnato da sant’Ignazio: Esercizi, n. 43). I nostri difetti, le nostre miserie allora le vediamo senza paura; le riconosciamo come nostre, perché le sappiamo vincibili con l’aiuto dell’amore misericordioso di Gesù, smettendo di addossarne la responsabilità agli altri; le accettiamo come storture, smettendo di usare la nostra ragione per trasformarle in virtù… Impariamo così a distinguere la coscienza, che ci annuncia la verità oggettiva che viene da Dio, da quella che troppo spesso chiamiamo “coscienza” e che in realtà è solo il nostro io che vuole a tutti i costi giustificare il suo egoismo, trovando astutamente ragioni per dare sfogo alle sue passioni…