« Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore. Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna. Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio » (Mt 5,27-32).
Abbiamo già visto che la legge insegnata da Gesù non è un “ammorbidimento” della legge dell’Antico Testamento, ma – per tanti aspetti – una rigorizzazione estrema. Non è più sufficiente non commettere l’atto esterno, ma non bisogna neppure desiderare di commetterlo. Il peccato può essere anche soltanto interiore e il peccato interiore può essere anche più grave. Gesù insegna ad essere drastici nella lotta al peccato: « Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te … se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te ». Anche in tema di matrimonio il legame uomo donna viene riportato a come era « all’inizio » (Mt 19,8), cioè indissolubile, immagine dell’amore di Dio per l’uomo. « “È necessario che i penitenti enumerino nella confessione tutti i peccati mortali, di cui hanno consapevolezza dopo un diligente esame di coscienza, anche se si tratta dei peccati più nascosti e commessi soltanto contro i due ultimi comandamenti del Decalogo [cfr. Es 20,17; Mt 5,28], perché spesso feriscono più gravemente l’anima e si rivelano più pericolosi di quelli chiaramente commessi” [Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1680]: “I cristiani [che] si sforzano di confessare tutti i peccati che vengono loro in mente, senza dubbio li mettono tutti davanti alla divina misericordia perché li perdoni. Quelli, invece, che fanno diversamente e tacciono consapevolmente qualche peccato, è come se non sottoponessero nulla alla divina bontà perché sia perdonato per mezzo del sacerdote. “Se infatti l’ammalato si vergognasse di mostrare al medico la ferita, il medico non può curare quello che non conosce” “[Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1680; cfr. San Girolamo, Commentarii in Ecclesiasten, 10, 11: PL 23, 1096] » (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1456). Questo ci potrebbe anche terrorizzare se non considerassimo che Gesù non solo ci comanda di fare il bene con una assolutezza estrema, ma ci dona anche la forza di farlo con la sua grazia onnipotente e – nello stesso tempo – ci assicura del suo perdono generoso e senza limiti se – nonostante tutto – non ce la facciamo ma continuiamo ad affidarci a Lui (cfr. Mt 18,22). « Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità. In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa » (1Gv 3,18-20)