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Il pensiero del giorno: Mt 7,21.24-27

1 Dicembre 2016 - Autore: Don Piero Cantoni

« Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. […]. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande » (Mt 7,21.24-27)

Se tra quello che diciamo di credere e il nostro comportamento non c’è nessun rapporto, nessuna relazione, il nostro chiamare Gesù “Signore” è una bestemmia. Che questo atteggiamento sia reale anche ai nostri giorni lo possiamo facilmente constatare. Quanti dicono a parole di amare la Chiesa cattolica e di essere figli obbedientissimi del Papa, mentre il loro comportamento concreto e il loro linguaggio quotidiano contraddice continuamente, e palesemente, le loro dichiarazioni. Così come quanti dicono di amare il magistero della Chiesa che si è espresso solennemente nel concilio ecumenico Vaticano II, quando, nella concretezza della vita, dicono, insegnano e praticano tutt’altro. La fede e la religione sono cose sante: guai a chi le usa come strumenti di potere o di comodo. Questa falsità, questa ipocrisia è un atteggiamento costante dell’uomo. Ma è proprio questa insincerità di fondo che Gesù condanna senza mezzi termini. La similitudine della casa costruita dallo stolto sulla sabbia e quella costruita dal saggio sulla roccia vuol essere un aiuto a comprendere i due atteggiamenti tipici davanti all’insegnamento di Dio e a quello di Gesù. In che cosa consiste l’essenza di questo comandamento nuovo di Gesù che porta a compimento la Legge? Non consiste né nella pura e semplice eliminazione della Legge, né in un’altra legge più radicale e perfetta, ma nel sincero riconoscimento che la Legge è Gesù stesso e dunque nell’accoglienza umile della sua misericordia, cioè della sua vita. In parole povere: senza la grazia non è possibile essere cristiani (altrimenti saremmo degli eretici pelagiani). Che cosa è la grazia? È la vita di Gesù. Che cosa vuol dire accogliere liberamente la grazia? Vuol dire accettare di ri-vivere nella nostra vita la Vita di Gesù. Ovviamente Croce compresa… « prima viene la vita, poi la dottrina, perché la vita conduce alla conoscenza della verità [prius vita, quam doctrina: vita enim ducit ad scientiam veritatis] » (san Tommaso d’Aquino). Anziché « Signore, Signore » gridiamo forte e chiaro: Gesù Salvatore abbi pietà di me che sono un peccatore!

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