« […] ecco […] la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. […]. Là mi risponderà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d’Egitto. […]. Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nell’amore e nella benevolenza, ti farò mia sposa nella fedeltà e tu conoscerai il Signore » (Os 2,16b.17b.21-22).
. La fede non è fondata sulla sapienza umana. Dalla fede tuttavia si può sprigionare, anche usando come strumento la sapienza umana, una grande e divina sapienza. « Tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria » (1Cor 2,6-7). È la grande avventura della teologia cristiana, che ha riempito di poderosi volumi le nostre biblioteche, ma – soprattutto ha riempito i cuori dei cristiani in modo diretto o indiretto – di una immensa fiducia nella ragione e ha contribuito in modo decisivo all’edificazione della nostra civiltà occidentale. È una fiducia nella ragione che è appunto “ragionevole” e non è un gioco di parole.
Non c’è nulla infatti di più irragionevole di una ragione che vuole “spiegare tutto”. Cedo qui la parola a un grande filosofo dell’Antichità, quello che Dante Alighieri ha battezzato « ‘l maestro di color che sanno » (Inf. 4). Dice Aristotele: « è stupidità [ἀπαιδευσία] il non sapere di quali cose si debba ricercare una dimostrazione e di quali, invece, non si debba ricercare. Infatti […] è impossibile che ci sia dimostrazione di tutto » (Met. Γ 4, 1006 a 6-8). Dimostrare infatti vuol dire far vedere che da qualcosa di noto si può dedurre qualcosa di ignoto. Non si può però – ragionevolmente – andare all’infinito. Ci devono essere delle evidenze primordiali da cui partire, ci deve essere un gancio da qualche parte a cui appendere la fila di salsicce dei nostri ragionamenti.
Una di queste evidenze primordiali è che il mondo, questo mondo, non è tutto. « […] noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne » (2Cor 4,18). Questo mondo anzi rimanda ad un altro mondo, che è quello vero, e tutte le cose di questo mondo sono in definitiva dei segni, dei simboli, di quest’altra realtà. Pensiamo soltanto alla poesia di tutti i tempi e di tutti i popoli: se non fosse vero questo, sarebbe tutta da buttare nel cestino. Questa convinzione la troviamo ben radicata nella coscienza dell’uomo di tutti i tempi: è quel “senso religioso” che lo contraddistingue e di cui non può fare a meno. Anche quando rifiuta la religione costruisce fatalmente la religione dell’irreligione, fondata sulla più irragionevole delle fedi…
La fede nella ragione che spiega tutto, nel senso ultimo di tutte le cose che sarebbe il puro caso. Ma se tutto viene dal caso, tutto procede per caso ed è inutile, stupido, porsi delle domande e tentare delle risposte… Ma chi è capace di non porsi delle domande? Chi non cerca risposte? La fede di cui parla san Paolo è fondata su un fatto: su Cristo e Cristo crocifisso. Sulla croce di Gesù, che soffre per amore, che ci ama fino a dare la vita per noi… E vince perché è risorto e vivo!
Qui i cristiani sono tutti uguali: il più incolto, ignorante e sprovveduto e il più colto e sapiente. I grandi teologi: un san Tommaso d’Aquino, un san Bonaventura da Bagnoregio, un beato Giovanni Duns Scoto, un beato Antonio Rosmini, un beato John Henry Newman, una santa Teresa Benedetta della Croce [Edith Stein], ecc. sono tutti convinti che questo è l’unico fondamento possibile di una vera sapienza. Davanti a questa sapienza sono come dei bambini… E un bambino che crede la sa più lunga di quell’essere intelligentissimo che è il diavolo. Il bambino credente è conoscitore di una sapienza che supera ogni intelligenza creata, anche quella degli angeli più intelligenti: «Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria » (1Cor 2,8)