« Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto. Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: “Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione”. Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: “Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!”. Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo. Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli. Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: “Che ve ne pare? Non verrà alla festa?” » (Gv 11,45-56).
La resurrezione di Lazzaro è l’ultimo segno compiuto da Gesù prima del segno decisivo, riassuntivo e definitivo che è la sua propria resurrezione. Qui il segno diventa realtà, perché Gesù non recupera soltanto la sua vita terrena, ma rinnova completamente la vita, dando inizio ad una vita nuova. Una vita “eterna”, non solo perché ormai senza fine, ma perché completamente diversa da questa vita terrena. « Ecco, io faccio nuove tutte le cose » (Ap 21,5). In essa saranno definitivamente eliminate tutte le divisioni e le separazioni. Attenzione: tutte le separazioni, non tutte le differenze! Se sparissero le differenze, sparirebbe l’amore che ne ha assolutamente bisogno per esistere. L’amore attua l’unità, in cui i diversi fanno uno proprio in quanto diversi. Un giorno una coppia in difficoltà andò da uno psicologo per chiedergli aiuto. Lui ascoltò pazientemente le loro reciproche lamentele e disse: dovete capire che siete diversi e imparare ad apprezzare le vostre diversità. Non capivano… Allora lo psicologo chiese: quanti figli avete? Ne abbiamo tre, risposero. Ecco, allora per almeno tre volte avete apprezzato le vostre differenze… La differenza sessuale è un segno, nella carne dell’uomo, della vita di Dio di cui lui è immagine.
L’offensiva in atto contro la famiglia mediante l’ideologia “gender” (“sbaglio della mente umana” papa Francesco), vera e propria “colonizzazione ideologica” (papa Francesco), che vorrebbe distruggerla, rivela ad uno sguardo di fede la sua origine diabolica. Altra cosa invece è la divisione, la separazione. Ciò che fa soffrire nella morte, non è l’evento in quanto tale, ma la separazione dai propri cari. Per il pio ebreo ciò che faceva paura era la separazione dalla comunità orante e dunque l’impossibilità di lodare Dio: « Nessuno tra i morti ti ricorda. Chi negli inferi canta le tue lodi? » (Sal 6,6). Gesù vince la morte e promette la vittoria sulla morte: « In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno » (Gv 8,51). Lui è venuto per ricostruire l’unità frantumata dal peccato; l’unità con Dio e l’unione degli uomini fra di loro. Caifa, senza volerlo e senza saperlo, profetizza. Profetizza come ha profetizzato il pagano Balaam (Nm 22-24), o, forse, addirittura come ha profetizzato la sua asina (Nm 22,21-31): « profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi ».
Il sacrificio di Gesù realizza l’unità del popolo di Israele, ma va ben oltre, perché realizza l’unità di tutti i figli di Dio dispersi. Amare è cercare l’unità. L’unità con Dio, l’unità dentro di noi, l’unità tra di noi. Con il suo amore ogni separazione è sanata. La separazione da Dio, la separazione dentro di noi, la separazione tra di noi. L’unità non è solo un fatto esteriore, disciplinare, ma qualcosa di molto profondo e di misterioso. La Chiesa è una e tende incessantemente a dilatare attorno a sé quell’unità che è presente in lei. Il sacramento dell’Eucaristia che rende continuamente presente la Pasqua del Signore ha come scopo principale quello di realizzare l’unità. Quell’unità misteriosa presente in Dio da tutta l’eternità, per cui tre Persone, assolutamente diverse l’una dall’altra si amano così tanto e così perfettamente da essere Uno in modo ineffabile.
Quest’unità ci chiama e ci aspetta. Desidera che noi vi partecipiamo. « Io e il Padre siamo una cosa sola »(Gv 10,30); « Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato » (Gv 17,20-21). Oggi c’è qualcuno nella Chiesa cattolica (per fortuna numericamente molto pochi) che prendono in esame l’ipotesi di fare scisma dalla Chiesa come se si trattasse di una bazzeccola. Separarsi dalla Chiesa con consapevolezza vuol dire staccarsi consapevolmente dal luogo in cui opera lo Spirito Santo di Dio, vuol dire rifiutare l’unità conquistata per noi a carissimo prezzo da Gesù. Il dramma è che costoro si immaginano la Chiesa come una realtà astratta, come un’idea invisibile che ciascuno può concepire come piace a lui. Quella che magari ha il coraggio di chiamare la “vera” Chiesa. No! La vera Chiesa non è un’idea astratta, ma è una, concreta e visibile; è quella realtà che tutti sono in grado di vedere ed indicare con certezza. È la Chiesa di papa Francesco. Separarsi consapevolmente da essa vuol dire gettarsi con le proprie mani nella polvere dell’individualismo, nelle tenebre esteriori, dove l’unica luce che brilla è quella fioca e ingannevole della propria mente ribelle.