Da “Libero” del 28 maggio 2017. Foto da Voglio Vivere Così
Ecco le tappe di un suicidio: l’Europa cede la sovranità sulle proprie colonie; l’Africa si consegna ai movimenti di liberazione marxisti e terzomondisti; l’esperimento fallisce e, anno dopo anno, «i romantici “Che Guevara del deserto” si sono trasformati in bande di jihadisti e narcotrafficanti» in sintesi narcojihadisti. E ora, nell’attuale fase di sviluppo,si creano legami con le mafie nostrane e internazionali che hanno fiutato l’affare.
È andata così, scrivono Massimiliano Boccolini e Alessio Postiglione nel loro volume Sahara, deserto di mafie e jihad. Come narcos, separatisti e ihadisti minacciano il Mediterraneo, edito da Castelvecchi (192 pagg, 18,50 euro) e da oggi nelle librerie.
In un colloquio con il procuratore generale antimafia Franco Roberti, gli autori trovano anche la conferma di «un’ipotesi investigativa molto seria» e cioè che «nel business dei migranti ci sia la mano dello Stato Islamico». Anche se prudentemente il magistrato premette che «da un lato non abbiamo riscontri giudiziari, tranne pochi casi, che ci consentano di sostenere che esiste una relazione di collaborazione stabile tra mafie e jihad – mi riferisco a ipotesi giudiziarie consolidate in sentenze», è innegabile che «dall’altra abbiamo sicuramente casi di criminalità che gioca in supporto di attività terroristiche». Sta di fatto, spiegano Boccolini e Postiglione, che «i traffici di droghe ed esseri umani provenienti dall’Africa che interessano l’Italia hanno origine nel Sahara e nel Sahel» e che il network del terrorismo islamico si alimenta anche attraverso i riscatti ottenuti con i rapimenti di cooperanti occidentali. L’Italia notoriamente paga per la liberazione dei propri connazionali, così come fanno anche la Francia e la Germania. Un cedimento che apparentemente non ha nulla di scandaloso, almeno nella mentalità di chi ritiene che comunque le nazioni europee debbano risarcire le popolazioni oppresse da secoli di dominazione. In fondo, li abbiamo affamati noi, sottraendo loro le risorse naturali e minerarie, perciò è naturale che utilizzino la violenza per riavere ciò che stato loro tolto con la forza. Lo stesso ragionamento regge anche la tesi dell’obbligatorietà morale di accogliere i migranti: la loro povertà è l’effetto dello sfruttamento da parte dei Paesi ricchi, quindi ospitarli rappresenta tutto sommato una forma di risarcimento, tipo una legge dell’Occidentalis karma.
Beh, la realtà s’incarica di smentire definitivamente la teoria quando si assiste alla riduzione in schiavitù delle carovane di migranti, i quali costituirebbero risorse per i loro Paesi d’origine, se solo non fossero stati strappati ai loro villaggi dalle carestie, dalle guerre e dal terrorismo. Se c’è una colpa, di cui pentirsi per non doverla commettere di nuovo, sono proprio gli interventi in Libia, in Egitto, in Siria, che hanno scatenato le cosiddette «primavere arabe», agendo come un detonatore in una situazione esplosiva. Peccato che non sia un motivo di consolazione davanti all’emergenza quotidiana dei morti nel Mediterraneo.
Andrea Morigi