Da La bianca Torre di Ecthelion del 25/05/2018. Foto da articolo
Tornano in libreria alcuni classici di Richard Edgar Pipes, tra i massimi studiosi di storia russa e comunismo, spentosi 94enne il 17 maggio a Cambridge, in Massachusetts: La rivoluzione russa (Mondadori 1994), Il regime bolscevico (Mondadori, 2000), I tre “perché” della rivoluzione russa(Rubbettino 2005), Il conservatorismo russo e i suoi critici (Rubbettino 2008) e Proprietà e libertà(Lindau, 2008).
Era nato Ryszard Piepes l’11 luglio 1923 a Cieszyn, in Polonia, in una famiglia ebraica costretta dai nazisti a espatriare nel 1939. Suo padre, Marek, aveva servito nella “mitica” Legiony Polskie, fondata nel 1914 dall’eroe Józef Klemens Piłsudski (1867-1935), vincitore dell’Armata Rossa nella battaglia di Varsavia del 1920 nota come il “Miracolo della Vistola”.
Stunitense dal 1943, ha insegnato ad Harvard dal 1958 al 1996, dirigendone, dal 1968 al 1973, il Centro per le ricerche sulla Russia. Dal 1973 al 1978 è stato anche consulente della Stanford University in California. Un grande accademico, certo, ma di quelli che sanno mettere la cultura al servizio della politica. Per questo è uno degli “antenati” dei neoconservatori con James Burnham, Max Eastman, John Dos Passos, Whittaker Chambers, poi Robert Conquest, Gerhart Niemeyer, Stephen J. Tonsor e senza scordare il pavese naturalizzato statunitense Angelo M. Codevilla. Uomini spesso di sinistra convertiti al “mondo libero”, praticamente quelli che definiremmo “falchi”, ma con il pregio di saper leggere lo scontro Est-Ovest secondo criteri anzitutto morali e d’individuare nel comunismo una tragedia eminentemente spirituale.
Membro del Council on Foreign Relations, nel 1976 Pipes fu chiamato a capo del cosiddetto Team B, creato per sorvegliare l’espansionismo sovietico. Composto da esperti civili e da ex militari, fu assemblato dal direttore della CIA, George W.H. Bush Sr., su richiesta del ministro della Difesa, Donald Rumsfeld, insoddisfatto del lavoro svolto dagli specialisti dell’Agenzia (il Team A).
Dal 1977 al 1992 Pipes ha fatto parte anche del Committee on Present Danger ‒ una influente lobby nata nel 1950 per pungolare il potere politico ‒ e nel biennio 1981-1982, durante la presidenza di Ronald Reagan ha diretto l’Ufficio per gli affari est-europei e sovietici del Consiglio per la sicurezza nazionale. Decenni, cioè, spesi a combattere l’appeasment.
Una delle sue idee forti è che dal secolo XV la Russia abbia imboccato una strada autocratica (c’entrerebbe molto l’influenza mongola) che l’ha portata lontano dall’Occidente, ponendo le basi “eurasiste” della rivoluzione bolscevica del 1917, un’idea che legge la rivoluzione non come un accidente ma come un processo. Famoso qui lo scontro con Aleksandr Solzenicyn, che lo accusò di scrivere versione polacche della storia russa, e che lui ricambiò come sciovinista antisemita.
Pipes lascia una trentina di libri, tra scritti e curati, uno più attuale dell’altro. L’URSS è un ricordo, ma non le ragioni morali per cui gli eroi della “guerra fredda” l’hanno combattuta.
Marco Respinti