Da “La torre bianca di Ecthelion” del 31 gennaio 2017. Foto da TG La7
Mentre con un tweet il presidente Donald J. Trump annuncia per la diretta tivù delle 20,00 (in Italia saranno le 2 di domattina) il nome del nono giudice della Corte Suprema che rimpiazzerà il conservatore Antonin G. Scalia, scomparso nel febbraio scorso, non si placano le proteste per l’alt a profughi e immigrati deciso venerdì. I manifestanti dilagano a New York, a Washington presidiano la Casa Bianca e il presidente, sempre via Twitter, difende il proprio ordine esecutivo agitando lo spettro del terrorismo: «Ci sono parecchi cattivi ragazzi là fuori», per poi aggiungere: «Dov’era tutta l’indignazione dei Democratici e del partito di opposizione (i media) quando i nostri posti di lavoro lasciavano il nostro Paese?». E se l’ONU, l’Unione Europa, il premier britannico Theresa May e il cancelliere tedesco Angela Merkel corrono a prendere le distanze, lui accusa il suo predecessore: “È simile a ciò che fece il presidente Obama nel 2011 quando bandì i visti per i rifugiati dall’Iraq per sei mesi”.
Non fa una grinza. Anzi, c’è di più.
La lista dei 7 Paesi, Iran, Iraq, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen, per i quali Trump ha sigillato i confini americani (con eccezioni) non se l’è certo inventata lui. I “No-Trump” vogliono far credere il contrario, ma il presidente è il capo legittimo di un Paese democratico eletto in modo democratico. Come tale, le sue decisioni seguono un criterio legale e trasparente. Per ragioni di sicurezza, il criterio adottato dal suo ordine esecutivo di venerdì (Sezione 3, sottosezione c) è quello di sospendere l’ingresso negli Stati Uniti ai cittadini provenienti da alcuni Paesi ritenuti «[…] dannosi per gl’interessi statunitensi». Quali? Quelli, dice l’ordine esecutivo, richiamati nella Sezione 217(a)(12) dell’Immigration and Nationality Act (INA) del 1952 ed emendato nel 1965, accolto nel titolo 8 dello U.S Code (U.S.C.), la raccolta di tutte le leggi americane, Sezione 1187(a)(12). Il presidente ha il potere di farlo? Certo che sì, come spiega la Sezione 212(f) dello stesso INA, corrispondente alla Sezione 1182(f) del citato titolo 8 dello U.S.C., citato apposta nell’ordine esecutivo. Quel potere ce l’ha insomma oggi Trump così come l’aveva ieri Barack Obama.
Il famoso elenco dei 7 Paesi non compare però nella Sezione 217(a)(12) dell’INA. Sta nel “Visa Waiver Program Improvement and Terrorist Travel Prevention Act of 2015”, una legge introdotta il 18 dicembre di quell’anno per imporre il visto d’ingresso ai cittadini di quei 7 Paesi “preoccupanti”. Quel che oggi fa Trump è sospenderne per 90 giorni il rilascio. Ma riguardiamo le date. Nel 2015 alla Casa Bianca non c’era Trump, c’era Obama. La lista dei 7 Paesi cui imporre visti l’ha compilata Obama e il potere di Trump o di Obama di sospendere quei visti (o altri) è legge americana da decenni. Se dunque in quell’elenco mancano, come rinfacciano i critici di Trump, Paesi prossimi a organizzazioni terroristiche quali l’Arabia Saudita e le monarchie del Golfo la responsabilità è sempre di Obama.
Marco Respinti