Di Andrea Morigi da Libero del 15/04/2019. Foto redazionale
Sottomesse, oppresse, discriminate, secondo la visione femminista, ma pur sempre La metà del cielo, come recita il titolo del volume di Francesco Agnoli e Maria Cristina Del Poggetto, una Breve storia, alternativa, delle donne, edito da La Vela (pp. 232, 15 euro). Dopo le lotte per l’emancipazione e tanta retorica sulle suffragette, la tanto agognata parità fra i sessi appare come una conquista degli ultimi secoli, se non degli scorsi decenni, mentre è dai primi secoli cristiani che quel processo è iniziato.
Certo, ad alcune femministe sedicenti cattoliche l’idea che Dio abbia chiesto il permesso a una donna per incarnarsi appare paradossalmente umiliante. Sono le fondatrici del Comité de la jupe (Comitato della gonna), Anne Soupa e Cristine Pedotti, che dalle pagine di Le Monde pretendono la revoca della canonizzazione di san Giovanni Paolo II, colpevole di aver promosso la figura della Vergine Maria e per «il suo concetto degradante della Donna nella Chiesa». E dire che le promotrici dell’iniziativa erano perfino state ospitate sulle colonne dell’Osservatore Romano, durante l’esperimento recentemente fallito dell’inserto muliebre diretto da Lucetta Scaraffia. Che la regalità di Cristo sia trasferita, le litanie lo testimoniano, alla Madonna, regina degli apostoli e di tutti i santi, della famiglia e della pace, non è sufficiente a smuovere l’opinione delle più accese professioniste della dialettizzazione fra i due generi. O si produce conflitto, all’interno della famiglia e della società, nei luoghi di lavoro e nella cultura, oppure le partigiane della guerra fra i sessi credono che la battaglia sia perduta.
Invece, spiegano gli autori, il contributo più specifico delle donne allo sviluppo della civiltà è primariamente la pace, attraverso l’abbandono delle pratiche guerriere più crudeli grazie all’opera delle regine Teodolinda, Clotilde, Teodosia e di Olga di Kiev. Nel frattempo, si sottolinea nel testo, «il primo ospedale della storia dell’Occidente nasce per opera di una donna, Fabiola, nel 380 d.C., a Roma» e lo stesso accade in Oriente, dove Macrina, sorella di san Basilio, fonda il Basileus nel 370 d. C..
L’IMPRONTA ROSA
Anche attraverso la soffocante griglia delle quote, la vicenda dei popoli europei appare segnata da un’indelebile impronta rosa, che non a caso il nazionalsocialismo vorrà cancellare.
Quando oltre un millennio più tardi si sostituirà la croce con la svastica, avverrà che «Gerda Bormann, moglie del potente gerarca Martin Bormann, per esempio, stigmatizzerà Carlo Magno, colpevole di aver rinnegato la religione pagana per la fede cristiana, e arriverà a predicare l’importanza di un ritorno alla poligamia degli antichi germani, in perfetto accordo con i progetti del regime per un nuovo codice matrimoniale volto a sciogliere i matrimoni senza prole e a incentivare i rapporti extraconiugali per aumentare il numero dei nati, cioè dei guerrieri». Un altro genere di socialismo, la sua versione comunista, promuoverà invece il divorzio e l’aborto, spacciandoli per diritti. In realtà, si tratterà di una retromarcia rispetto al progresso compiuto dall’umanità, che nei secoli precedenti aveva arginato il fenomeno istituendo orfanotrofi e ruote degli esposti, ma anche dando sviluppo alla scienza medica, in particolare all’ostetricia. Le tecniche più raffinate, nell’Unione Sovietica che per prima, il 18 novembre 1920, legalizzerà l’interruzione di gravidanza, si utilizzano per uccidere il bambino nel grembo materno e non più per consentirgli di nascere. E praticheranno in pubblico gli interventi di soppressione del feto, per dimostrare quanto sia avanzata la rossa primavera. In effetti, la Rivoluzione è una sola e le sue varie fasi sono prosecuzioni di un intento distruttivo degli istituti via via creati a difesa delle donne: i conventi, dove si poteva scegliere una vita diversa dal matrimonio, vengono aboliti prima dal Protestantesimo e poi, definitivamente, in Francia nel 1798, insieme ai voti monastici e alle congregazioni religiose, come ricordano gli autori.
DARWIN
Come risultato, per il Positivismo ottocentesco, «le donne, che nei secoli precedenti hanno fondato ordini religiosi, scuole, ospedali, che hanno scritto di teologia e di mistica, che sono state educatrici, musiciste, veggenti, cioè le donne innamorate di Dio, dei loro sposi, dei loro figli in senso lato, dei poveri e dei malati, spariscono dalla considerazione delle classi colte e dai libri di storia». È in questo periodo che perdono una rilevanza pubblica e vengono relegate nel privato. Come frutto dell’evoluzionismo di Darwin, secondo il quale la «distinzione principale nei poteri mentali dei due sessi è costituita dal fatto che l’uomo giunge più avanti della donna, qualunque azione intraprenda, sia che essa richieda un pensiero profondo, o ragione, immaginazione, o semplicemente l’uso delle mani e dei sensi», nascono anche le teorie pseudoscientifiche sull’inferiorità femminile e la loro deficienza mentale e fisiologica. Li smentiranno con i fatti figure eccezionali come Maddalena di Canossa, Francesca Cabrini, Julia Colbert, Maria Mazzarello, «costruendo scuole, case per “giovani pericolanti”, convitti per orfani e orfane, asili infantili, spesso innovando sul piano pedagogico e contraddicendo indirizzi dominanti, quali il rigorismo laico e quello religioso dei giansenisti». Culturalmente, filosofe come Hannah Arendt ed Edith Stein si sbarazzeranno definitivamente dei pregiudizi della cultura che le ha precedute. Ignorarle rappresenterebbe un rischio per il movimento che ha voluto ridare dignità alla donna: è una sconfitta che già si annuncia con le battaglie a favore dell’utero in affitto, ultima tappa della schiavizzazione, che coincide guardacaso con il rifiuto della legge naturale e cristiana.