
Di Andrea Morigi da Libero del 23/04/2019. Foto redazionale
Non c’è festa senza spargimento di sangue innocente. Anche più di duemila anni dopo il sacrificio di Cristo, le chiese continuano a percorrere la via del Calvario. È quasi un appuntamento fisso, osservano il presidente e il direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre, Alfredo Mantovano e Alessandro Monteduro: «Se nel 2016 nel giorno della Risurrezione di Gesù ad essere colpita da un attacco terroristico ad opera di un kamikaze talebano fu la comunità cristiana del Pakistan, e se nel 2017 l’orribile destino Isis lo riservò alla comunità copta in Egitto, oggi l’estremismo religioso ha colpito la Pasqua della comunità cristiana nello Sri Lanka», riferendosi alla strage di domenica scorsa, che aggiunge 290 vittime ai 4.300 martiri del 2018.
FESTE DI SANGUE
Le vittime si contano a decine durante le celebrazioni del Natale e dell’ Epifania o anche dopo, come alla messa domenicale del 27 gennaio 2019 nella cattedrale cattolica di Jolo, nel sud delle Filippine, dove sono esplose due bombe che hanno ucciso 27 persone e ne hanno ferite una settantina. È la prassi islamica, ben radicata nel Corano, che ordina di sterminare i “miscredenti”. Perciò erano convinti di fare la volontà di Allah, Adel Kermiche e Abdel Malik Petitjean, quei due che avevano sgozzato don Jacques Hamel sull’altare della chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, vicino a Rouen, il 26 luglio del 2016. E probabilmente anche i rapitori di padre Pier Luigi Maccalli, il missionario scomparso in Niger nella notte tra il 17 e il 18 settembre 2018 e non ancora ritrovato dopo sette mesi, agiscono per motivazioni religiose.
L’ Africa, teatro di uno scontro continentale fra cristiani e musulmani, assiste a massacri nel silenzio delle agenzie internazionali. A contrastare le azioni di Boko Haram in Nigeria e degli Shabaab in Somalia vi sono solo gli Stati limitrofi, lasciati soli dall’ Onu e dall’ Occidente. Per non parlare dei pastori islamisti fulani, che dall’ inizio di febbraio, nel solo Stato nigeriano di Kaduna, hanno ucciso oltre 130 persone, in prevalenza cristiani di etnia adara, provocando 10mila sfollati e la distruzione di circa 150 abitazioni. Radono al suolo villaggi e distruggono intere comunità.
Senza far ricorso a scritture particolarmente ispirate alla violenza, comunque, in India le aggressioni sono all’ordine del giorno. Il 26 marzo scorso a Chinnasalem, nello Stato del Tamil Nadu, 200 fondamentalisti indù hanno attaccato una scuola cattolica e aggredito le suore che la gestivano. Da quando i fondamentalisti del Bharatiya Janata Party sono al governo a Nuova Delhi, i cristiani e le altre minoranze religiose sono sotto continua minaccia.
La situazione cambia in peggio se a comandare sono gli atei comunisti, come in Cina. I vescovi e i sacerdoti che vogliono rimanere fedeli a Roma ogni tanto vengono fatti sparire e portati in qualche “campo di rieducazione attraverso il lavoro”, mentre i fedeli che rimangono liberi sono condannati ad assistere alla demolizione dei loro luoghi di culto.
SANTUARI DISTRUTTI
A meno che organizzino manifestazioni di protesta, di cui peraltro non si saprebbe nulla se non ci fosse padre Bernardo Cervellera, direttore di AsiaNews, ad aggiornare il calendario delle persecuzioni. In questi giorni, riferisce l’agenzia missionaria, a Fengxiang, è stata programmata la distruzione del santuario mariano di Mujiaping. Le autorità sarebbero disposte a lasciarlo in piedi, se tutta la diocesi si iscrivesse all’Associazione patriottica, ma i cristiani preferiscono organizzare sit-in e pregare piuttosto di obbedire al Partito comunista. «Siamo disposti a dare la nostra vita», ha detto uno dei fedeli. Li accuseranno di essere al soldo di una potenza straniera, il Vaticano. Dimenticando che gli unici a non discriminare sono i cristiani.