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“L’egiziano Sisi spiega: nell’islam amiamo i boia”

5 Marzo 2019 - Autore: Andrea Morigi

Da Libero del 26/02/2019. Ftoo da ilfattoquotidiano.it

Adottata non senza sforzi una versione ultralight della Carta dei diritti dell’Uomo, alla Lega Araba ritenevano di non dover più subire seccature. Loro propugnano la pena di morte da applicarsi anche ai bambini e la sottomissione della donna, equiparano razzismo e sionismo, così da poter giustificare qualsiasi attacco a Israele in nome dell’uguaglianza e soprattutto rifiutano di farsi insegnare dagli occidentali cosa devono fare a casa loro. Così ieri il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi, ha chiesto agli europei – al termine del summit Ue-Lega araba in corso a Sharm el-Sheikh – di «rispettare i principi e la cultura» del suo Paese. «Conosciamo e rispettiamo i valori e i principi degli europei e chiediamo loro di rispettare la nostra cultura e i nostri costumi», ha dichiarato il capo di Stato. «La priorità in Europa è raggiungere e mantenere il benessere, nei nostri invece la priorità è la stabilità, evitare che cadano nella distruzione, com’è avvenuto in diversi Paesi dell’area», ha aggiunto al Sisi che chiede all’Ue di «tenere in considerazione questo aspetto quando parla di diritti umani».

Che Giulio Regeni progettasse una vita comoda, quando è stato ucciso al Cairo? Anche se hanno percepito il ricercatore italiano come una minaccia alla tranquillità del popolo, non era un motivo sufficiente per farlo fuori. Però al Cairo non se la sentono neanche di abbandonare il boia nel dramma della disoccupazione.

ESECUZIONI A RAFFICA

Nel solo mese di febbraio, non ancora concluso, le esecuzioni sono già state 15. Ma non a cuor leggero. C’è tutta una filosofia dietro: «La pena di morte che viene decisa dai tribunali penali in Egitto è uno strumento per tutelare i diritti delle vittime degli attacchi terroristici ed è parte della cultura e dei valori della regione», spiega Al Sisi durante la conferenza stampa conclusiva del summit Ue-Lega araba a Sharm el Sheikh, presenti il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e quello della Commissione europea Jean-Claude Juncker.

Pare che siamo noi, piuttosto, che nelle nostre società secolarizzate non ci impegniamo a sufficienza per capire la profondità del pensiero arabo, ergendoci a giudici delle altre civiltà di millenaria tradizione.

A Juncker non resta che dirsi genericamente «preoccupato» per il rispetto dei diritti umani in Egitto quando il segretario della Lega Araba, Ahmed Abul Ghait, nega di aver assistito a rimostranze di alcun genere sul tema da parte di nessuno dei presenti. Tutti muti, insomma, anche se per salvarsi la faccia Juncker deve timidamente precisare che la questione in realtà è stata affrontata durante gli incontri bilaterali, ai quali lui era presente, fra gli Stati comunitari e i governi arabi.

I NEMICI DI ISRAELE

Per andare d’accordo, bisogna trovare un nemico comune sul quale scaricare le tensioni. Lì a fianco c’è Israele, che sembra fatto apposta per il ruolo di capro espiatorio. Unione Europea e Lega Araba se la prendono con Gerusalemme, come sempre. Nel documento finale affermano l’impegno comune per «raggiungere la soluzione con due Stati sulla base di tutte le risoluzioni Onu pertinenti» in quanto «unico modo realistico per porre fine all’occupazione iniziata nel 1967, inclusa di Gerusalemme Est, e per ottenere una pace giusta, duratura e globale tra israeliani e palestinesi attraverso negoziati diretti tra le parti». Il problema, semmai, è che dal Palazzo di Vetro e dalle varie organizzazioni internazionali dell’Onu arrivano unilaterali condanne contro lo Stato ebraico, fino a cancellarne la presenza sulla mappa, come accade quando l’Unesco nell’ottobre del 2016, approva un testo di condanna dell’occupazione israeliana di Gerusalemme Est e allo stesso tempo nega il legame storico e religioso della Città santa con l’ebraismo. Anche ieri, gli Stati generali di Eurabia hanno «riaffermato le posizioni comuni sul processo di pace in Medio Oriente, incluso lo status di Gerusalemme, e sull’illegalità – in base al diritto internazionale – degli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati». Le parti hanno sottolineato quindi «l’importanza di mantenere lo status quo nei luoghi sacri di Gerusalemme» e ribadito «il ruolo indispensabile dell’Unrwa e la necessità di sostenerla politicamente e finanziariamente». Senza spiegare che l’agenzia delle Nazioni Unite, istituita nel 1949 per sostenere i rifugiati palestinesi e i loro discendenti, finanzia scuole dove si inneggia ad Adolf Hitler e si incita al terrorismo. 

Andrea Morigi

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