« E disse loro una parabola: “Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno » (Lc 21,29-33).
La verità fondamentale del Cristianesimo è la persona stessa di Cristo. Cristiano è chi crede in Gesù Cristo «unigenito» (Gv 1, 14.18; 3, 16.18; 1 Gv 4, 9) figlio di Dio in cui «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Col 2, 9; cfr. Col 1, 19).
Il relativismo contraddice, forse nel modo più radicale, l’essenza stessa del Cristianesimo, che è poi la persona stessa di Gesù di Nazaret «via, verità e vita», unico salvatore, per cui «non vi è […] altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At 4,12). Il relativista non può dunque assumere il Cristianesimo se non svuotandolo del suo stesso significato. «Quando un cristiano professa il fatto che la sua religione racchiude la unica rivelazione integrale, egli non fa che esprimere in altri termini che il Cristo è il Figlio Unico di Dio, “nel quale abita la pienezza della Divinità”. Non si esprime, così, in virtù di un esclusivismo qualsiasi, ma semplicemente per il fatto che gli è impossibile di formulare diversamente la sua fede, di restringerne per quanto poco questo punto di partenza senza cessare per tal fatto di essere cristiano» (J. A. Cuttat, L’incontro delle religioni con uno studio su la spiritualità dell’oriente cristiano, Napoli, s.d., p. 76).
In Cristo la fede per qualche verso si concretizza e si compie (cfr. Eb 12,2). Lui è la Verità e il Dialogo sempre aperto con Dio e fra gli uomini. Lui, nella sua assolutezza e concretezza, è il fulcro della storia della salvezza. Contro di lui, in quanto Verbo incarnato, è in atto l’odio e la guerra primordiale. Odio contro il Verbo in quanto incarnato, quindi contro la sua carne, quindi contro Maria da cui questa carne è esclusivamente venuta. Ecco ancora «la Donna» al centro della vicenda.
Vengono in mente a questo punto le pagine veramente «profetiche» sull’Anticristo di Vladimir Sergeevic Soloviev (cfr. Giacomo Biffi, Attenti all’Anticristo! L’ammonimento profetico di V. S. Soloviëv, Piemme, Casale Monferrato [AL] 1991). Soloviev ci dà una descrizione del personaggio Anticristo che fa pensare. Lo immagina non tanto come truculento e sanguinario despota, quanto come sovrano «illuminato», pacifista, animalista ed ecumenista. L’Anticristo di Soloviev non è grossolanamente materialista, ma «uno spiritualista convinto», un asceta, uno studioso, un filantropo. Autore di numerose pubblicazioni, fra cui una, di grande successo, si presenta come «l’assieme e l’accordo di ogni contraddizione». Fra i suoi scritti figura anche una grande opera di critica biblica che gli ottiene vasti riconoscimenti internazionali e anche una laurea ad honorem in teologia che gli viene conferita dalla prestigiosa università di Tubinga. Lo sforzo ecumenico spinge l’imperatore del mondo (perché tale diventa ben presto) a convocare un grande concilio a Gerusalemme. Qui ha luogo la scena madre che contrappone l’Anticristo alle uniche tre figure della cristianità che gli fanno opposizione: il patriarca Giovanni, ortodosso, il professor Pauli, protestante e il papa Pietro II.
All’ecumenismo quantitativo che il grande filantropo propone essi oppongono l’ecumenismo della verità e il professore e lo staretz si stringono attorno al pontefice romano per opporre l’ultima strenua resistenza. Allora si svolge il dialogo decisivo: «Sul palco c’era la grande maggioranza del concilio, ivi compresa tutta la gerarchia dell’Oriente e dell’Occidente. In basso rimanevano soltanto tre gruppi d’uomini che si erano avvicinati gli uni agli altri e che si serravano intorno al padre Giovanni, al papa Pietro ed al professor Pauli. Con voce rattristata, l’imperatore indirizzò loro la parola: “Che posso fare ancora per voi? Strani uomini! Che desiderate da me? Io l’ignoro. Cristiani ripudiati dalla maggioranza dei vostri fratelli e dei vostri capi, condannati dal sentimento popolare, ditemi voi stessi ciò che avete di più caro nel cristianesimo!” Allora, simile ad un cero candido, padre Giovanni si rizzò. Con dolcezza, rispose: “Grande Sovrano! Nel cristianesimo per noi nulla c’è di più caro di Cristo stesso. Il cristianesimo è Lui stesso e tutto viene da Lui, perché noi sappiamo che in Lui abita corporalmente tutta la pienezza della Divinità. Da te, o sovrano, siamo pronti ad accettare ogni bene, purché nella tua mano generosa noi possiamo riconoscere la santa mano di Cristo. Alla tua domanda, che puoi tu fare per noi, ecco la nostra risposta: qui, adesso, davanti a noi, confessa Gesù Cristo Figlio di Dio, che si è incarnato, che è risuscitato, che verrà di nuovo. Confessalo e noi t’accoglieremo con amore, come il vero precursore del suo secondo e glorioso avvento”. Tacque ed i suoi occhi ficcò negli occhi dell’imperatore. In costui stava avvenendo qualcosa di orribile. In grembo al suo essere scoppiava una tempesta diabolica […]. Perdeva interamente l’equilibrio interiore e tutti i suoi pensieri si concentravano sul desiderio di serbare le apparenze del dominio di se stesso e di non svelarsi troppo in fretta. Fece degli sforzi sovrumani per non gettarsi con urla selvagge sull’uomo che gli aveva risposto e non dilaniarlo coi denti» (Vladimir Soloviev, L’ avvento dell’Anticristo, Trad. it., Milano: Vita e Pensiero, 1951, pp. 106-107).
La confessione del Verbo incarnato fa tutt’uno con la confessione della divina maternità di Maria e della sua maternità spirituale. S’illumina di nuova verità l’antica invocazione «Maria, vincitrice di tutte le eresie»!