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Il pensiero del giorno: Gn 3,1-5.10

21 Gennaio 2018 - Autore: Don Piero Cantoni

« Fu rivolta a Giona una seconda volta questa parola del Signore: “Àlzati, va’ a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico”. Giona si alzò e andò a Ninive secondo la parola del Signore. Ninive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: “Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta”. I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. […]. Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece » (Gn 3,1-5.10).

Il libro di Giona è un testo scritto molto probabilmente dopo l’esilio, in cui l’ignoto autore descrive la sua esperienza di dubbio e di travaglio interiore che sfocia nella felice soluzione che Dio infine gli rivela (qualcosa di molto simile al libro di Giobbe). A questo pio e saggio israelita riesce molto difficile pensare che le genti, i popoli di cui ha fatto terribile esperienza, in particolare a Babilonia, possano essere amati da Dio e addirittura da Lui salvati. “È mai possibile che ci sia salvezza anche per questi farabutti?”.

Compone un libro rifacendosi ad un profeta vissuto qualche secolo prima (2Re 14,25) che è un racconto, non storico ma profetico. Dio manda Giona, assolutamente riluttante, a predicare a Ninive, annunciando la sua distruzione (tra quaranta giorni), Ninive però si converte e il castigo annunciato non avviene. Il profeta ci rimane assolutamente male e soffre di questo perdono, finché Dio non gli fa capire la grandezza della sua misericordia. Questo è il “segno di Giona” che Gesù compie con la sua vita, con la sua morte e resurrezione, che sono il suo Vangelo. In questo tempo intermedio tra le due venute del Signore siamo invitati ad accogliere con umiltà l’invito alla conversione che ci è proposto, come gli abitanti di Ninive.

La conversione non ci è scaraventata addosso, richiede la nostra accoglienza, così come la Salvezza o la Condanna. Se chiudiamo il nostro cuore, non sarà lui a condannarci, ma la Parola di verità uscita dalla sua bocca. Perché Dio non dà un segno assolutamente evidente ed inequivocabile che garantisca ora, adesso, la sua rigorosa giustizia? Perché aspetta? Perché « Dio è Amore » (1Gv 4,8.16) e l’amore non si impone.

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