« Allora invocherai e il Signore ti risponderà, implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”. Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio. Ti guiderà sempre il Signore, ti sazierà in terreni aridi, rinvigorirà le tue ossa; sarai come un giardino irrigato e come una sorgente le cui acque non inaridiscono. La tua gente riedificherà le rovine antiche, ricostruirai le fondamenta di trascorse generazioni. Ti chiameranno riparatore di brecce, e restauratore di strade perché siano popolate. Se tratterrai il piede dal violare il sabato, dallo sbrigare affari nel giorno a me sacro, se chiamerai il sabato delizia e venerabile il giorno sacro al Signore, se lo onorerai evitando di metterti in cammino, di sbrigare affari e di contrattare, allora troverai la delizia nel Signore. Io ti farò montare sulle alture della terra, ti farò gustare l’eredità di Giacobbe, tuo padre, perché la bocca del Signore ha parlato » (Is 58,9-14).
Il brano è inserito in un contesto più ampio: 1-14 che potremmo intitolare “il vero digiuno”. La pratica del digiuno è una pratica santa, che consiste non solo nell’astenersi dal prendere cibo, ma nel rinunciare a ciò che si potrebbe legittimamente avere o fare per fare spazio all’azione di Dio. Occorre però distinguerlo da ciò che gli assomiglia, ma ne costituisce in realtà la contraffazione. Non è una pratica di cui vantarsi davanti agli uomini e men che meno davanti a Dio. Il digiuno e qualsiasi genere di mortificazione non è il prezzo con cui si può pagare “la grazia di Dio”, per la semplice ragione che la grazia, per definizione è “gratis”.
« O voi tutti assetati, venite all’acqua, voi che non avete denaro, venite, comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti » (Is 55,1-2).. Perché allora il digiuno? Il vero digiuno? Per imparare il “gratis” di Dio, per imparare a “comprare senza denaro, senza pagare”. Come si impara? Come impariamo qualunque altra cosa: per imitazione. Come abbiamo imparato a parlare dalla mamma quando eravamo bambini: la mamma ci parlava con amore e noi abbiamo accolto e ripetuto, dapprima malamente, balbettando, poi sempre meglio. Isaia dice che il digiuno vero lo si vede dagli effetti, che sono la misericordia nei confronti del nostro prossimo.
« Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se aprirai il tuo cuore all’affamato, se sazierai l’afflitto di cuore, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio ». Se incomincerai a non disprezzare (il “puntare il dito”) gli uomini per i loro difetti e manchevolezze, ad aprire il cuore ai bisogni e alle miserie degli altri, a vedere e condividere le loro tristezze, farai veramente esperienza della misericordia potente e gratuita che ti ha raggiunto. “Misericordiato”, diventerai misericordioso. Questo è il senso vero del digiuno autentico.