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Il pensiero del giorno: Lc 10,1-12

5 Ottobre 2017 - Autore: Don Piero Cantoni

« Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città » (Lc 10,1-12). 

La fase iniziale dell’addestramento dei dodici è ora finita. Il primo compito degli Apostoli era di “essere con lui” (Mc 3,14), il secondo quello di essere inviati, come suoi rappresentanti, per compiere l’opera da lui iniziata. Sono stati con lui per un certo tempo e sono stati testimoni del modo con cui ha risposto alle opposizioni, del suo insegnamento mediante parabole e dei miracoli da lui operati. Ora ricevono il comando di andare e di fare le stesse cose. Non facciamo fatica ad immaginare quanto dovettero essere stupiti e spaventati per un compito così immane e sproporzionato alle loro forze. L’espressione « prese a mandarli a due a due » suggerisce che Gesù non li inviò tutti d’un botto, ma nella misura in cui li giudicava preparati. Li manda a due a due, come piccolissimi nuclei di comunità cristiana, perché dovevano diffondere non una dottrina, ma la partecipazione ad un vita comunitaria a cui era connessa anche una dottrina.

Qui vediamo con chiarezza quanto la verità cristiana sia diversa da una filosofia modernamente intesa. Il suo luogo proprio non è la mente di un individuo, ma le convinzioni di una comunità, di un popolo. Una Tradizione si trasmette in una comunità. Gesù è venuta a dar vita ad un “nuovo” popolo di Dio, cioè a rinnovare il Popolo di Israele, riportandolo alla sua nativa vocazione universalistica. Il nuovo popolo è destinato a diventare una Famiglia di Popoli. La legge dell’ospitalità, molto sentita dal popolo di Israele, che non aveva ancora dimenticato le sue origini beduine, di popolo del deserto, faceva sì che venissero accolti in una famiglia. Quella doveva diventare la loro base d’azione, come succedeva per Gesù, evitando di andare da una casa all’altra, perché questo avrebbe suscitato inevitabilmente invidie e mescolato ragioni umane alla guida della Provvidenza di Dio, cioè del suo Santo Spirito. Il cuore del messaggio è la fiducia, la fede, nel mandato.

Oggi dovremmo ascoltare con più attenzione e contemplare il mistero racchiuso in queste parole: « Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi ». E riflettere attentamente sulle conseguenze « Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato » (Lc 10,16). L’orgoglio di Satana consiste nell’accettare solo quello che capisce e nel rifiutare ciò che lo supera. Accogliamo il Vangelo con umiltà e fede; se anche confutiamo vittoriosamente gli argomenti che vengono da una logica puramente naturale, dobbiamo sempre stare attenti che la nostra fede non si basa su quei “metodi” e sulle nostre vittorie su di essi, ma sul Dono gratuito di Dio che ci raggiunge attraverso la testimonianza apostolica: « chi ascolta voi ascolta me ».

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