« Mentre stava parlando , un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo. Allora il Signore gli disse: “Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro » (Lc 11,37-41).
Gesù precisa il senso vero e profondo della purezza di cui la purità rituale è solo un simbolo e una prefigurazione e, così facendo, svela la trasformazione profonda che è venuto a portare nell’Alleanza di Dio con gli uomini e della loro relazione con Lui. La legge di Mosé aveva prescritto una purezza cultuale per i sacerdoti che non dovevano offrire sacrifici, senza essersi lavati mani e piedi (Es 30,17-21) e per coloro che mangiavano di quanto veniva offerto (Nm 18,11-13). La prassi dei dottori aveva esteso questa purità ad ogni pasto, che era sempre considerato come un culto a Dio e quindi riguardava non solo i sacerdoti, ma ogni pio israelita. Questa impurità si poteva trasmettere agli altri e implicava una grande attenzione nel rapporto con gli altri. Dato che non tutti rispettavano queste tradizioni, coloro che cadevano in questa “impurità” venivano disprezzati e considerati maledetti da Dio (cfr. Gv 7,49).
Gesù non entra nella discussione talmudica (la Mishnah e il Talmud non troveranno una forma scritta se non circa sei secoli dopo, ma erano già abbastanza presenti nell’insegnamento orale), ma porta il dibattito ad un altro livello. Cambia il “paradigma”, mettendo in discussione non la pratica in quanto tale, ma il modo con cui il legalismo dei Farisei la interpretava e la applicava. Apostrofa ifarisei come “stolti”. Potrebbe sembrare che qui Gesù condanni le “tradizioni” o la “religiosità” o la “devozione” e spesso le sue parole sono state utilizzate a questo scopo. In realtà Gesù richiama un ordine e una gerarchia che sono qui dimenticati. A Dio interessa un rapporto intimo con lui fondato sull’amore, che è l’anima e la forma intrinseca di ogni atto virtuoso. Qualunque tradizione umana, qualunque espressione di religiosità o di devozione è buona nella misura in cui serve per esprimere questa sostanza, è cattiva quando diventa il pretesto per dimenticare l’essenziale. Prendiamo esempi concreti che possono parlare a noi: se un figlio dice di non avere il tempo di occuparsi dei genitori malati perché è troppo impegnato a servire la Parrocchia e le attività del Parroco; se una moglie trascura il marito e i figli, perché deve dire tanti rosari per le anime del Purgatorio; se un marito non lavora e non mantiene la famiglia perché è troppo impegnato a lottare per la pace nel mondo… Tutti costoro puliscono l’esterno del bicchiere o del piatto, ma l’interno è pieno di egoismo. Crediamo veramente o crediamo di credere?