« I farisei gli domandarono: “Quando verrà il regno di Dio?”. Egli rispose loro: “Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!”. Disse poi ai discepoli: “Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: “Eccolo là”, oppure: “Eccolo qui”; non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione » (Lc 17,20-25).
Gesù è – secondo una famosa espressione di Origene – l’autobasiléia, il Regno stesso in persona. Cioè in lui Dio si fa presente e agisce. Agisce già da ora, ma la sua azione è misteriosa, per cui bisogna essere pronti per discernerla, tant’è vero che essa diventa evidente in qualcosa che non ha le apparenze della gloria e della potenza di Dio: la sua passione e la sua morte. «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!». «È in mezzo a voi», non è dunque qualcosa di solo “imminente”. Non è tale «da attirare l’attenzione», ma non è neppure qualcosa di solo “interiore”, perché Gesù, nel contesto della trasfigurazione, dice che: «In verità vi dico: vi sono alcuni qui presenti, che non morranno senza aver visto il regno di Dio venire con potenza» (Mc 9,1). Questa potenza però – che si annuncia esplicitamente come la potenza di uno che parla a nome di Dio e che con Dio si identifica, al punto da dire «ti sono rimessi i tuoi peccati» (Mc 2,5; Mt 9,2; Lc 5,20) oppure «avete inteso che fu detto… ma io vi dico» (Mt 5,21-22) – è tale da operare in pienezza solo nel mistero del massimo abbassamento della passione e della morte, perché quello stesso Figlio dell’uomo che deve venire in potenza «prima è necessario che […] soffra molto e venga rifiutato da questa generazione ». Se tutto questo è solo frutto della rielaborazione post-pasquale di una anonima comunità primitiva, allora essa era composta da geni teologici di cui però non c’è traccia nei documenti.
È molto più sensato e ragionevole pensare che qualcosa di grande e di inaudito, in termini di parole e di fatti, stia a monte di tutti questi discorsi in modo da renderne plausibile, ragionevole, il tono e la portata. «[…] si è sviluppato in estesi circoli della teologia, in modo particolare in ambito cattolico, una reinterpretazione secolaristica del concetto di “regno”, che dà il via a una nuova visione del cristianesimo, delle religioni e della storia in generale e con questa profonda trasformazione vuole rendere il presunto messaggio di Cristo nuovamente accettabile. Si asserisce che prima del Concilio avrebbe dominato l’ecclesiocentrismo: la Chiesa sarebbe stata proposta come centro del cristianesimo. Poi si sarebbe passati al cristocentrismo, presentando Cristo come il centro di tutto. Ma – si dice – non solo la Chiesa separa, anche Cristo appartiene solo ai cristiani. Pertanto dal cristocentrismo si sarebbe saliti al teocentrismo, e ci si sarebbe in questo modo avvicinati già di più alla comunità delle religioni. Con ciò, però, non sarebbe ancora raggiunta la meta, perché anche Dio può essere un elemento di divisione tra le religioni e tra gli uomini. Per questo bisognerebbe ora fare il passo verso il regnocentrismo, verso la centralità del regno. Questo, appunto, sarebbe stato in definitiva il cuore del messaggio di Gesù e ciò costituirebbe la via giusta per unire finalmente le forze positive dell’umanità nel cammino verso il futuro del mondo. “Regno” significherebbe semplicemente un mondo in cui regnano la pace, la giustizia e la salvaguardia della creazione» (Joseph Ratzinger, Gesù di Nazaret, pp. 76-77). Il Regno è Gesù e se lo accolgo nella fede il Regno incomincia in me e – attraverso di me – si diffonde nel mondo!