« Entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo. Egli disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: “Àlzati, vieni qui in mezzo!”. Poi domandò loro: “È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla?”. Ma essi tacevano. E guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse all’uomo: “Tendi la mano!”. Egli la tese e la sua mano fu guarita. E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire » (Mc 3,1-6).
La serie delle critiche al comportamento di Gesù tocca qui il suo vertice. Nella sinagoga, in giorno di sabato, c’è un uomo con la mano paralizzata (letteralmente: “essicata”). Per un uomo in quell’epoca e in quel contesto, in cui la maggioranza viveva per il lavoro manuale che era in grado di fare, si trattava di una disabilità molto grave. Era in gioco la sua capacità di guadagnarsi da vivere. L’attenzione dei farisei era tutta incentrata non sulla miseria di quell’uomo, ma sull’opportunità di cogliere finalmente Gesù in fallo, perché operare una guarigione (che tutti, conoscendo Gesù, davano per scontata) in giorno di sabato era un atto considerato illecito da tutti i dottori (Lc 13,14).
Come al solito Gesù esordisce con una domanda, davanti alle domande che rimanevano inespresse nel cuore degli scribi presenti: « È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o ucciderla? ». Non soltanto la risposta era ovvia per il senso comune, ma era affermativa anche secondo la legge correttamente interpretata. Qui infatti Gesù richiama in modo nascosto, ma evidente per i conoscitori delle Scritture che aveva davanti, un episodio delle guerre maccabaiche quando un gruppo di ribelli si lasciò massacrare pur di non violare il sabato. In quell’occasione maturarono la decisione che far la guerra per difendersi era lecito, perché era lecito salvare delle vite in giorno di sabato: « “Se faremo tutti come hanno fatto i nostri fratelli e non combatteremo contro i pagani per la nostra vita e per le nostre leggi, in breve ci faranno sparire dalla terra”. Presero in quel giorno stesso questa decisione: “Combatteremo contro chiunque venga a darci battaglia in giorno di sabato e non moriremo tutti come sono morti i nostri fratelli nei nascondigli” » (1Mac 2,40-41).
Il ragionamento di Gesù era semplice: se era lecito far la guerra per difendersi e salvare delle vite, a maggior ragione sarà lecito guarire quest’uomo per salvare la sua vita. Anche qui constatiamo come in queste discussioni Gesù abbia ragione anche dal punto di vista strettamente talmudico (lo ha messo in luce recentemente il rabbino americano Jacob Neusner). Pur non convinti, gli esperti della legge non sanno che cosa rispondere e si chiudono in un rabbioso silenzio. Ci possiamo però chiedere: perché Gesù compie la guarigione proprio in giorno di sabato? Soprattutto se consideriamo che Gesù, in tutti e quattro i Vangeli, guarisce sempre in giorno di sabato (Mt 12,8-14; Lc 13,10-17; 14,1-4; Gv 5,1-9; 9,1-14). La risposta, dopo quanto detto in Mc 2,28 e spiegato in questo passo, appare evidente: io sono il Signore del Sabato. Io finalmente porto a compimento il significato vero del Sabato che è quello di portare l’uomo alla piena comunione con Dio. Nel Sabato di Dio le mani dell’uomo possono riprendere vita e, soprattutto, il cuore si può finalmente aprire all’azione di Dio. Il Talmud (che non esisteva ancora come opera scritta) non viene contraddetto, ma superato. Gesù non condanna la Legge, ma condanna e confuta lo stile legalistico esasperato portandolo al livello del suo pieno compimento nella sua persona e nella sua vita. La Legge è lui; lui è ormai la nostra giustizia (cfr. 1Cor 1,30).