« Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande”. Quando Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi » (Mt 7,21-29).
I maestri normalmente parlavano volentieri delle “due vie”, della necessità di stare lontani dai falsi profeti o sottolineavano la necessità di portar frutti di opere buone. Qui Gesù non solo dovette sorprendere, ma scandalizzare molti! Si presenta infatti come il giudice del mondo nel giorno della finale resa dei conti (cfr. Mt 16,28; 25,11-12.31-46). Il cuore di questa presentazione è rappresentato dalla figura del peccatori. Non sono – come ci aspetteremmo – serial killer, atei militanti, sovversivi senza Dio, o altre gente di questo genere – ma piuttosto persone che si professano cristiani! Sono loro che chiamano Gesù “Signore” e dichiarano di aver fatto miracoli in suo nome. A loro, nonostante la facciata accattivante, Gesù dice chiaro e tondo: « Non vi ho mai conosciuti ». Il significato è uno solo: la professione di essere religiosi non può diventare il sostitutivo del rapporto personale con Gesù e rimpiazzare l’obbligo di fare la volontà di Dio. Se tra quello che diciamo di credere e il nostro comportamento non c’è nessun rapporto, nessuna relazione, il nostro chiamare Gesù “Signore” è una bestemmia. Che questo atteggiamento sia reale anche ai nostri giorni lo possiamo facilmente constatare.
Quanti dicono a parole di amare la Chiesa cattolica e di essere figli obbedientissimi del Papa, mentre il loro comportamento concreto e il loro linguaggio quotidiano contraddice continuamente, e palesemente, le loro dichiarazioni. Così come quanti dicono di amare il magistero della Chiesa che si è espresso solennemente nel concilio ecumenico Vaticano II, quando, nella concretezza della vita, dicono, insegnano e praticano tutt’altro. La fede e la religione sono cose sante: guai a chi le usa come strumenti di potere o di comodo. Questa falsità, questa ipocrisia è un atteggiamento costante dell’uomo. Ma è proprio questa insincerità di fondo che Gesù condanna senza mezzi termini. La similitudine della casa costruita dallo stolto sulla sabbia e quella costruita dal saggio sulla roccia vuol essere un aiuto a comprendere i due atteggiamenti tipici davanti all’insegnamento di Dio e a quello di Gesù che non elimina ma perfeziona. In parole povere: senza la grazia non è possibile essere cristiani (altrimenti saremmo degli eretici pelagiani). Che cosa è la grazia? È la vita di Gesù. Che cosa vuol dire accogliere liberamente la grazia? Vuol dire accettare di ri-vivere nella nostra vita la Vita di Gesù. Ovviamente Croce compresa…