Di Marco Respinti da Libero del 28/02/2022
Potrebbe, succederebbe, accadrebbe. Il condizionale è d’obbligo in uno scenario, come quello dell’invasione russa dell’Ucraina, dove tutto è incerto. Uno dei fattori che aumentano enormemente l’incertezza è che all’imperturbabilità algida di Vladimir Putin si affianca la glacialità insondabile del leader cinese, Xi Jinping. Durante il vertice del 4 febbraio i due hanno infatti gettato le premesse di quello che sta accadendo oggi, siglando il cosiddetto «Patto delle Olimpiadi». Nel loro accordo tra l’altro si legge: «Russia e Cina si oppongono ai tentativi di forze esterne di minare la sicurezza e la stabilità nelle loro regioni adiacenti comuni, intendono contrastare l’interferenza di forze esterne negli affari interni dei paesi sovrani con qualsiasi pretesto, opporsi alle rivoluzioni colorate e concordano di aumentare la cooperazione nelle aree summenzionate». Ha l’aria di un nuovo «Patto Molotov-Ribbentrop» adatto all’anno IV D.C., cioè «dopo CoViD», come insiste si debba riformulare il calendario Klaus Schwab, il guru del World Economic Forum di Davos, profeta del «Grande Reset».
NERVI SCOPERTI
Ebbene, è trascorsa una manciata di giorni e la Russia ha invaso l’Ucraina, ha incassato l’appoggio “neutrale” della Cina, gli aerei di Pechino hanno ripreso a violare lo spazio aereo di Taiwan e sabato la Marina cinese ha annunciato l’inizio di esercitazioni navali nel Mar Cinese Meridionale, entro un raggio di 6 miglia nautiche, al largo delle coste dell’ex Formosa, aggiungendo che la prova muscolare proseguirà fino a domani. Insomma, c’è chi teme che, come la Russia si sta prendendo l’Ucraina, la Cina potrebbe prendersi Taiwan. Soprattutto lo temono i taiwanesi, ma pure l’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata dagli schermi dello Speciale Tg2 ieri mattina. Né aiuta a fugare i timori il quotidiano China Daily, amplificatore del regime cinese, che ha titolato «La Cina comprende le preoccupazioni russe per la sicurezza», sintetizzando la posizione espressa dal ministro degli Esteri, Wang Yi, in una telefonata con l’omologo russo Sergei Lavrov. Pechino, ha detto Wang Yi, «rispetta sempre la sovranità e l’integrità territoriale di tutti i Paesi e comprende anche le ragionevoli preoccupazioni della Russia per la sicurezza, poiché una storia complicata e speciale si nasconde dietro la questione dell’Ucraina». In più la portavoce del ministero cinese degli Esteri, Hua Chunying, ha ribadito «che la Russia, un grande Paese indipendente, decide e attua la propria diplomazia e le proprie strategie in base al proprio giudizio e agli interessi nazionali». E sempre il China Daily ha definito «ridicole» le dichiarazioni di sostegno all’Ucraina espresse dalla presidente di Taiwan, TsaiIng-wen. A fronte di ciò, l’informatissimo Council on Foreign Relations(CFR) mercoledì escludeva l’ipotesi che la Cina possa prendersi Taiwan imitando la Russia con l’Ucraina. Perché, scriveva David Sackssul sito del CFR, i nervi degli Stati Uniti ora sono così scoperti da rendere certa una reazione immediata di Washington, peraltro già più volte minacciata, qualora Pechino si muovesse contro Taipei, reazione che però non avrebbe voglia di affrontare. Sensato. Ma anche i più avveduti possono sbagliare, anche perché Pechino potrebbe in realtà avere previsto tutto da tempo, proprio come Mosca ha pianificato l’aggressione all’Ucraina. Del resto è dal 2014 che gli stivali di Mosca sono sul terreno di Kiev mentre il mondo sostanzialmente abbaia solo alla Luna.
UN’ALTRA JALTA
Rispolveriamo allora i condizionali d’esordio. Torniamo al «Patto delle Olimpiadi». Mettiamo che in nome di quel nuovo «Patto Molotov-Ribbentrop» Mosca incassi l’Ucraina con il sostegno di Pechino e che quindi Pechino prenda presto Taipei. A quel punto la Cina, che nel nuovo «Patto Molotov-Ribbentrop» è quella che porta i pantaloni, potrebbe, come fece Adolf Hitler nel 1939 anticipando Stalin che si preparava a farlo (come documentò il dissidente Viktor Suvorov in Stalin, Hitler, la rivoluzione bolscevica mondiale, edito a Milano da Spirali nel 2000), rompere d’improvviso il patto e intervenire sulla Russia neutralizzandola per restituire al mondo un’Ucraina frullata da Mosca quanto basta. Pechino ha tutte le potenzialità, economiche e tecnologiche. A quel punto Putin scodinzolerebbe al guinzaglio di Xi, ma soprattutto Xi risplenderebbe come un novello Stalin del 1945 in 3D. Apparirebbe cioè come il salvatore del mondo, il grande pacificatore del dopo CoViD. La libertà di Taiwan sarebbe il “giusto” prezzo che il mondo sarebbe disposto a pagare e Xi Jinping avrebbe la propria Jalta, guarda caso in Crimea. Molto, molto più vasta della prima.