Da La bianca Torre di Ecthelion del 6/12/2017. Foto da articolo
La Corte Suprema federale dà ragione a Donald J. Trump: è perfettamente lecito che il presidente degli Stati Uniti, in caso di necessità, possa sbarrare per un po’ le frontiere ai cittadini di certi Paesi fortemente collusi con il terrorismo onde adeguare i sistemi di controllo e sicurezza.
La querelle si trascina dal 27 gennaio, quando Trump firmò un ordine esecutivo che vietava temporaneamente l’ingresso da Iran, Iraq, Libia, Siria, Somalia, Sudan e Yemen, e diversi giudici federali riuscivano a congelare il provvedimento, accusandolo di discriminazione e ribattezzandolo “muslim ban”. Curioso, visto che i sette Paesi della lista erano quelli giudicati “preoccupanti” dalla legge con cui il 18 dicembre 2015 l’Amministrazione dell’allora presidente Barack Obama riformò la concessioni dei visti agli stranieri.
Poi, per spiegare a tutti quelli che fingevano di non capire che la chiusura delle frontiere non toccava affatto chi godeva di regolare permesso di soggiorno e di lavoro, Trump ritirò quel primo decreto-legge e il 6 marzo lo sostituì con un secondo. Dall’elenco, per mutate condizioni, scompariva l’Iraq, ma le anime belle continuavano imperterrite a parlare di accanimento contro gl’islamici e certi giudici a bloccare il provvedimento.
Di ricorso in ricorso, si è così arrivati alla terza versione del decreto, datata 24 settembre, con una lista ancora diversa: Ciad, Iran, Libia, Siria, Somalia, Yemen, Corea del Nord e Venezuela. Impossibile definirlo un provvedimento antimusulmano visto che il Sudan, a stragrande maggioranza musulmana, esce di scena mentre vi entrano la Corea del Nord e il Venezuela socialcomunisti (e il Ciad, la cui popolazione è musulmana per poco più del 53% ma cattolica per il 35%). È a questo provvedimento, sempre temporaneo, sempre e solo teso a potenziare le misure di sicurezza americane, sempre rispettoso della Costituzione federale e della sua difesa a oltranza della libertà di culto, che lunedì la Corte Suprema ha detto sì, e con una maggioranza inedita. Sette giudici a favore (presidente compreso) e due contrari, le prevedibilissime Ruth Bader Ginsberg e Sonia Sotomayor. Il che significa che anche metà dei giudici liberal (che sono più o meno la metà della Corte Suprema) hanno votato al fianco dei conservatori in favore del decreto Trump.
Marco Respinti