
Di Andrea Morigi da Libero del 11/10/2019. Foto redazionale
È iniziato il genocidio dei cristiani nella Siria nordorientale. All’offensiva di terra, scatenata nella notte fra mercoledì e giovedì, le forze armate turche hanno affiancato attacchi aerei e sbarramenti di artiglieria, bombardando anche il quartiere cristiano di Bisheriya, a Qamishli, riferisce la Mezzaluna rossa curda in una nota sull’«offensiva mirata soprattutto contro la zona tra Ras Al-Ain e Tal Abyad», lanciata da «l’esercito turco e gli alleati islamici». A una fonte di musulmani curdi, se ne aggiunge una cattolica, l’arcivescovo siro-cattolico emerito di Hassaké-Nisibi, monsignor Jacques Behnan Hindo: due cristiani sarebbero stati uccisi durante un attacco avvenuto ieri contro la chiesa di San Giorgio a Qamishli, annuncia il prelato in un colloquio con la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre. Nel corso della giornata, una nota dell’Amministrazione autonoma curda nel nord-est della Siria, traccia un bilancio ancora più grave e riporta «attacchi barbari da parte del regime turco», che «hanno provocato morti e decine di feriti e hanno anche preso di mira molti siti religiosi come chiese nelle città di Qamishli, Ain-Issa, Ras al-Ayn e Tal Abyad». Ormai, «migliaia di famiglie» sono già state costrette a lasciare le loro case. Lo scopo di Ankara, rivelano i curdi, è «occupare la nostra regione» e «cambiare la sua demografia». Il comando militare turco assicura che non penetrerà oltre i 30 km in territorio siriano: uno spazio sufficiente a compiere stragi.
INIZIA L’ESODO
In queste ore il pensiero di monsignor Hindo va alle 5.000 famiglie della diocesi di Hassaké-Nisibi, nella zona curda di Siria, che si preparano a una vita da profughi: «Nei giorni scorsi in molti si erano già spostati dalle città di frontiera ad Hassaké. Ora il conflitto è divenuto ancor più grave e temo che saranno in tanti ad emigrare. Dall’inizio della guerra in Siria il 25% dei cattolici di Qamishli e il 50% dei fedeli di Hassaké hanno lasciato il Paese assieme al 50% degli ortodossi. Temo un simile esodo se non maggiore». Se l’alternativa è fare la fine degli armeni, sterminati durante la pulizia etnica del secolo scorso proprio dagli Ottomani prima e dai Giovani turchi poi, conviene filarsela in fretta. Il Kurdistan iracheno è proprio dietro il confine. Se non altro, gli orrori della storia insegnano che la fuga è l’unico modo di non essere massacrati. Vi è forte preoccupazione anche per l’alta presenza nell’area di affiliati all’Isis, confida il presule siriano: «Questa mattina ho appreso che sarebbe stata colpita la prigione di Jerkin, dove sono detenuti jihadisti dello Stato Islamico. A che pro? In questo modo la gran parte di loro sarà libera. Questo è un piano per distruggere la Siria e non solo. Ora i terroristi arriveranno anche in Europa, attraverso la Turchia e con il sostegno dell’Arabia Saudita». Monsignor Hindo richiama altresì la comunità internazionale alle proprie responsabilità: «Stati Uniti, Italia, Francia, Regno Unito, Germania, dovrebbero tutti fare mea culpa. Hanno agito in Siria per i loro interessi, nascondendosi dietro gli ideali della libertà e della democrazia. E invece non hanno fatto che indebolire il nostro Paese a spese della popolazione. Per quale motivo non combattono per la libertà e la democrazia in Arabia Saudita?». Si distingue appena qualche voce isolata, dalla penisola scandinava. Norvegia e Finlandia hanno sospeso l’esportazione di armi in Turchia. Il resto del Continente è coinvolto in un traffico che, solo per quanto riguarda l’Italia, ammonta a 362,3 milioni di euro di esportazioni di armamenti nel 2018, in decisa crescita rispetto agli anni precedenti. Nel 2017, secondo la relazione trasmessa dal governo al Parlamento il 2 aprile scorso, le vendite autorizzate da Roma di materiale bellico ad Ankara avevano raggiunto i 266,1 milioni, nel 2016 133,4 milioni, nel 2015 128,8 milioni, nel 2014 52,5 milioni e nel 2013 11,4 milioni.
ARMAMENTI ITALIANI
In pratica, il genocidio di curdi e cristiani si realizza con le forniture militari italiane: armi o sistemi d’arma di calibro superiore ai 19.7mm, munizioni, bombe, razzi, missili e accessori, apparecchiature per la direzione del tiro, aeromobili e software, spiega la Rete italiana per il Disarmo (Rid), senza contare che le forze armate turche dispongono di elicotteri T129, di fatto una licenza di coproduzione dei Mangusta di Augusta Westland. Al posto dell’Europa in crisi d’identità, ma attenta al portafoglio, sono i Paesi islamici a mobilitarsi dopo l’abbandono da parte degli Stati Uniti del territorio conteso. La Lega araba, dopo una richiesta dell’Egitto, ha convocato per domani una riunione d’emergenza per discutere dell’offensiva lanciata dalla Turchia in Siria. Da Washington, invece, il presidente americano Donald Trump, si limita a un tweet: «Colpirò la Turchia molto duramente finanziariamente e con sanzioni se non rispetta le regole! Sto seguendo da vicino».