L’ex sottosegretario dell’Interno, Mantovano: «Alcune toghe allargheranno ai parenti la legge sulla cittadinanza. È successo con i gay: dopo il matrimonio hanno avuto i figli»
«Un tassello per lo stravolgimento dell’identità nazionale». Ecco cosa nasconde, per Alfredo Mantovano, la riforma della legge sulla cittadinanza con l’introduzione dello ius soli. «Perché il governo e la maggioranza, invece di procedere a colpi di retorica, non affrontano il nodo del calo demografico? Nel 2050 una stima indica in 20 milioni gli stranieri residenti in Italia. Accentuare questo processo provocherà ricadute che non saranno indolori», avverte l’ex sottosegretario all’Interno (dal 2001 al 2006 e dal 2008 al 2011), adesso tornato in magistratura e, da giurista, vicepresidente del Centro studi Livatino.
Adesso è arrivato anche l’imprimatur del presidente del consiglio, Paolo Gentiloni: strada spianata per l’addio allo ius sanguinis?
«In questa legislatura è già avvenuta, penso alle legge sulle unioni civili, la più forte aggressione alle fondamenta sociali del Paese. Ora tocca al capovolgimento del concetto di integrazione».
Quale sarebbe l’effetto peggiore della riforma in discussione al Senato?
«Proprio il fatto che si consideri la concessione della cittadinanza come uno strumento di integrazione quando la logica vuole che sia, piuttosto, la presa d’atto di un percorso oggetto di verifiche».
«I bimbi nati e cresciuti qui sono italiani», dice Gentiloni.
«Fino al compimento della maggiore età, per il minore nato in Italia o in grado di completare un ciclo scolastico completo, sarà il genitore, purché in possesso della carta di soggiorno di lungo periodo, a chiedere la cittadinanza. Ma poi, compiuti i 18 anni, il ragazzo avrà due anni di tempo per accettare o chiedere la revoca. La cittadinanza del Paese che ti ospita deve essere un onore, non una maglietta che si indossa o leva a seconda del momento. E questo è solo uno degli aspetti paradossali della legge».
Gli altri quali sono?
«Ad esempio quello in base al quale i genitori chiedono la cittadinanza per i figli, ma per loro stessi non possono. Questo provocherà una valanga di ricorsi per eliminare la disparità. Il rischio è che si apra un percorso analogo a quello avviato per il ricongiungimento familiare».
I suoi colleghi magistrati potrebbero allargare ulteriormente le maglie della legge?
«In Italia siamo abituati a una giurisprudenza che le norme le completa o le inventa. Quanto ci metterà il genitore con il semplice permesso di soggiorno a chiedere di accelerare i tempi per la sua richiesta di cittadinanza a fronte di figli appartenenti al suo stesso nucleo familiare che sono già italiani? Non è forse accaduto lo stesso, sulle adozioni, per coppie dello stesso sesso che hanno contratto le unioni civili? Sarà solo questione di tempo».
Intervista di Tommaso Montesano ad Alfredo Mantovano
Da “Libero” del 18 giugno 2017. Foto da Pietro Gheddo