Card. Angelo Bagnasco, Cristianità n. 376 (2015)
Dal 18 al 21 maggio 2015 a Roma, nell’Aula del Sinodo, si è tenuta la 68a Assemblea Generale della CEI, la Conferenza Episcopale Italiana. Il 19 maggio, in apertura della seconda giornata, il card. Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, presidente della CEI, ha pronunciato una prolusione, di cui pubblichiamo uno stralcio, trascritto — con lo stesso titolo — da Avvenire. Quotidiano di ispirazione cattolica, Milano 20-5-2015.
Il Paese
[…] Un fenomeno che alimenta preoccupazione generale, ma che dovrebbe essere maggiormente considerato, è quello dei ragazzi che, dagli 11 ai 17 anni, sono facile preda dell’alcol: è stato comunicato che, nello scorso anno, sono stati almeno 75.000! Che cosa stiamo testimoniando ai nostri giovani? Quale educazione, quali valori, quale visione della vita, quale idea di felicità? La loro libertà è veramente libera? La società si pone questi interrogativi inquietanti? Oppure si gira dall’altra parte, cercando di compensare con le cose le nostre mancanze educative, le visioni corte della vita? L’altro fenomeno in crescita, sotto lo sguardo distratto di molti e compiaciuto di alcuni, è il gioco d’azzardo. Basta considerare le cifre: negli ultimi due anni il fatturato è stato di 90 miliardi, terzo fatturato dopo ENI ed ENEL! Rappresenta il 10% dei consumi delle famiglie italiane ed è valutato in circa 800 miliardi. Il 40% del fatturato è dovuto alle slot machine che in Italia sono 414.000: una ogni 145 abitanti, a fronte di una ogni 261 abitanti in Germania, e negli Stati Uniti una ogni 372 abitanti. Infine, i giocatori patologici sono stimati in circa 700/800 mila. Presto dovrebbe uscire un’importante normativa, ma che ad oggi sembra non contenere alcuna limitazione circa l’apertura delle sale da gioco, né circa la pubblicità del gioco d’azzardo. Questa specie di droga insidia ogni fascia d’età, mangiando risparmi e pensioni, a volte interi stipendi di famiglia. Naturalmente, sono preda più facile coloro che sono meno abbienti e più deboli. Ringraziamo il quotidiano «Avvenire» per la continua e puntuale attenzione dedicata a questo dramma verso il quale non mancano realtà ecclesiali e gruppi che da tempo si impegnano con la loro vicinanza e il loro aiuto.
Entra così in campo la scuola, istituzione che ha il compito di affiancare i genitori nell’arduo e affascinante compito educativo. Molto si è discusso sulla «buona scuola», e le tensioni si sono manifestate sia sulla volontà di cambiamento, sia sulle forme e sui tempi. Dato l’argomento, il buon senso e la storia suggeriscono di trovare delle sintesi in tempi ragionevoli, magari distinguendo temi e obiettivi. Chi non ricorda, un anno fa, i 300 mila col Papa per un vero patto educativo, e per una buona scuola in Piazza San Pietro? Quella visione e quell’onda non sono scomparse. È l’onda di un popolo che è appassionato per il futuro del Paese, futuro che passa attraverso l’educazione delle giovani generazioni. Un popolo senza targhe, trasversale, grande più di quanto s’immagini, che non intende fare da spettatore su quanto accade o accadrà sulla pelle dei propri figli. Chiede una struttura più giusta e adeguata per sedi e organici, un’istruzione solida ed essenziale, una formazione professionale stimata e sostenuta; in una parola, un’educazione integrale per tutti, educazione di base che molti Paesi avanzati non hanno e ci invidiano, ma libera, lontana da schemi statalisti, antiliberali. Con il Papa diciamo no ad una scuola dell’indottrinamento, della “colonizzazione ideologica”. Diciamo sì alla scuola libera, libera non perché sganciata dal sistema scolastico nazionale, ma perché scelta dai genitori, primi e insostituibili educatori dei loro figli. Sarebbe il tempo di attuare quanto previsto dalla legge 62/2000 a proposito del «sistema italiano della pubblica istruzione», nel quale sia la scuola statale sia le scuole paritarie vengono riconosciute a pieno titolo pubblico servizio. In questa prospettiva, si giustifica il «bonus» per i genitori da utilizzare nella scuola prescelta. È utile segnalare che, tra le modifiche approvate in Commissione al testo in questione, vi è quella che prevede l’insegnamento della parità di genere in tutti gli istituti. Una simile previsione sembra rappresentare l’ennesimo esempio di quella che Papa Francesco ha definito «colonizzazione ideologica: entrano in un popolo con un’idea che non ha niente a che fare col popolo; con gruppi del popolo sì, ma non col popolo, e colonizzano il popolo con un’idea che cambia o vuol cambiare una mentalità o una struttura» (Papa Francesco, Conferenza Stampa nel volo di ritorno dalle Filippine, 19.1.2015). Educare al rispetto di tutti, alla non discriminazione e al superamento di ogni forma di bullismo e di omofobia, è doveroso, lo abbiamo sempre affermato: rientra nei compiti della scuola. Ma l’educazione alla parità di genere, oggi sempre più spesso invocata, mira in realtà ad introdurre nelle scuole quella teoria in base alla quale la femminilità e la mascolinità non sarebbero determinate fondamentalmente dal sesso, ma dalla cultura.
Abbiamo chiamato in causa la famiglia, perno insostituibile e incomparabile della società. Nell’orizzonte parlamentare va avanti il disegno di legge delle cosiddette «unioni civili e delle convivenze». Il Concilio Vaticano II e il Magistero dei Pontefici hanno sempre ribadito che è dovere dei vescovi dire una parola quando è in gioco il bene dell’uomo, soprattutto quando si toccano i fondamentali dell’umano:«Ogni minaccia alla famiglia è una minaccia alla società stessa» (Papa Francesco, Discorso a Manila, 16.1.2015). Già a Rio de Janeiro il Pontefice aveva ribadito che «non c’è vera promozione del bene comune, né vero sviluppo dell’uomo, quando si ignorano i pilastri fondamentali che reggono una Nazione, i suoi beni immateriali: la vita, che è dono di Dio, valore da tutelare e promuovere sempre; la famiglia, fondamento della convivenza e rimedio contro lo sfaldamento sociale» (Discorso, 25.7.2013). A proposito della sacralità della vita, il Santo Padre ha incoraggiato «ad intensificare la pastorale della famiglia […] affinché, di fronte alla cultura disumanizzante della morte, diventi promotrice della cultura del rispetto per la vita in tutte le sue fasi, dal concepimento fino alla morte naturale» (Papa Francesco, Discorso ai Vescovi del Messico, 19.5.2014). Ancora una volta ricordiamo che non sono in questione le scelte individuali delle singole persone. Ribadiamo la dottrina della Chiesa circa le situazioni oggettive, viste non solo attraverso l’occhio della fede e della Rivelazione, ma anche con l’occhio della retta ragione e dell’esperienza universale, tanto che il Santo Padre è intervenuto molte volte e con grande chiarezza: «La famiglia è anche minacciata dai crescenti tentativi da parte di alcuni per ridefinire la stessa istituzione del matrimonio mediante il relativismo, la cultura dell’effimero, una mancanza di apertura alla vita» (id). E ancora: «L’individualismo postmoderno e globalizzato favorisce uno stile di vita che indebolisce lo sviluppo e la stabilità dei legami tra le persone, e che snatura i vincoli familiari» (Papa Francesco, EG 67). Di decisiva importanza è anche l’affermazione per cui oggi «Il matrimonio tende ad essere visto come una mera forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno» (id 66). Ora, il testo di legge in questione ancora una volta conferma la configurazione delle unioni civili omosessuali in senso paramatrimoniale. Tale palese equiparazione viene descritta senza usare la parola «matrimonio», ma in modo inequivocabile: «le disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi”, “marito” e “moglie”, ovunque ricorrano nelle leggi, nei decreti e nei regolamenti, si applicano anche alla parte della unione civile tra persone dello stesso sesso» (art. 3). Questa equiparazione riguarda anche la possibilità di adozione, che per ora si limita all’eventuale figlio del partner (art. 5). È evidente che — come è successo in altri Paesi — l’adozione di bambini sarà estesa senza l’iniziale limitazione. Così come è evidente, ancora alla luce di quanto accade altrove, che presto sarà legittimato il ricorso al cosiddetto «utero in affitto», che sfrutta indegnamente le condizioni di bisogno della donna e riduce il bambino a mero oggetto di compravendita. Il desiderio della maternità o della paternità non può mai trasformarsi in diritto per nessuno. Si alimenta anche così la «cultura dello scarto», categoria che tanto piace se applicata a certe situazioni, ma non a queste: «Occorre ribadire il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con papà e una mamma, capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva. Continuando a maturare nella relazione, nel confronto con ciò che è la mascolinità e la femminilità di un padre e di una madre, e così preparando la maturità affettiva […]. Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio. Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, pretesa la modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del pensiero unico» (Papa Francesco, Discorso alla Delegazione dell’Ufficio internazionale cattolico dell’Infanzia, 11.4.2014). In altra occasione il Santo Padre ha ribadito che «questa complementarietà sta alla base del matrimonio e della famiglia» (Discorso alla Congregazione per la dottrina della fede, 17.11.2014). A Napoli il Papa disse che la cosiddetta «teoria del gender» è uno «sbaglio della mente umana»(Discorso, 21.3.2015) e successivamente ha espresso il dubbio «se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa confrontarsi con essa» (Papa Francesco,Udienza generale, 15.4.2015)
Un’ultima parola dobbiamo dirla sul «divorzio breve». Si puntava sul «divorzio lampo» e su questo si ritornerà non appena i venti saranno propizi. Ma sopprimere un tempo più disteso per la riflessione, specialmente in presenza di figli, è proprio un bene? Si favorisce la felicità delle persone o si incentiva la fretta? «Quando si tratta dei bambini che vengono al mondo, nessun sacrificio degli adulti sarà giudicato troppo costoso e troppo grande pur di evitare che un bambino pensi di essere uno sbaglio» (Papa Francesco, Udienza generale, 8.4.2015).
Tutti guardiamo con gratitudine all’alto Magistero del Santo Padre Francesco, qui riproposto in un contesto sociale e storico quanto mai bisognoso di essere illuminato e confermato nella via della verità e del bene. Sembra però che a volte, certe parole del Papa, non in linea con il pensiero unico, siano selezionate e oscurate da chi ha altre parole da far valere e diffondere nella pubblica opinione.
✠ Angelo Card. Bagnasco