Nel 2017 ricorrono i 150 anni dalla fondazione della Gioventù Cattolica Italiana, antenata dell’Azione Cattolica Italiana, la quale indice per domenica 30 aprile un grande raduno in piazza S. Pietro attorno a Papa Francesco.
Una scelta più che appropriata, dato che i fondatori, il conte Giovanni Acquaderni (1839-1922) e Mario Fani (1845-69), intendevano, nel pieno del Risorgimento anticattolico (1867), costituire una forma di apostolato militante a difesa “del dogma, della morale cattolica, della libertà religiosa del Vicario di Gesù Cristo”. Il proclama di Acquaderni, un proclama ardente, in cui si esorta i giovani cattolici a diventare “imperterriti e franchi negli atti e nelle parole” e ad essere degni “fratelli dei martiri e dei crociati”, viene letto da un attore durante i momenti di intrattenimento che precedono l’arrivo del Papa in piazza.
Il fatto che la parola “crociati” venga postillata dai conduttori laici della festa è emblematico della penetrazione, tramite la scuola statale, della leggenda nera nell’immaginario degli stessi cattolici. Francesco, reduce da un viaggio in Egitto in cui non ha temuto di dire cose scomode ai dotti musulmani, non ha però paura di quel vocabolario. Richiama, infatti, alla memoria dei presenti il passato in tutta la sua ricchezza ed in tutto il suo slancio missionario. “Una storia bella e importante, per la quale essere grati al Signore e per la quale la Chiesa vi è riconoscente: la storia di un popolo formato da uomini e donne di ogni età e condizione, che hanno scommesso sul desiderio di vivere insieme l’incontro con il Signore, piccoli e grandi, laici e pastori, insieme, indipendentemente dalla posizione sociale, dalla preparazione culturale, dal luogo di provenienza”.
Dell’ACI il Papa sottolinea la “vocazione tipicamente laicale a una santità vissuta nel quotidiano che potete trovare la forza e il coraggio per vivere la fede rimanendo lì dove siete”, secondo il documento Apostolicam actuositatem del Concilio Vaticano II. Per i laici cattolici rimane quindi il dovere specifico di santificare gli ambienti di vita, finanche ad aspirare ad un impegno concreto in politica. “La grande politica con la “P” maiuscola”. Il mondo contemporaneo ha più che mai bisogno di rivedere politici cattolici coerenti con la dottrina professata, mentre in Parlamento siedono ancora i frutti di un’epoca non molto lontana in cui “scelta religiosa” si è immediatamente tradotta in resa senza condizioni alla mentalità mondana e in subalternità culturale alle sinistre.
Quando il Papa afferma che “ogni vita è amata dal Signore” non si sofferma solamente sulle situazioni di povertà, ma allude a quei valori non negoziabili che sono sotto attacco diretto da parte della cultura di morte laicista e che completano necessariamente il quadro dell’azione politica del cattolico. La coscienza non può acquietarsi con un gesto di carità materiale, se si permettono poi, con le proprie scelte partitiche, pratiche perverse.
Significativo che in S. Pietro non ci si dimentichi neppure di Luigi Gedda (1902-2000), animatore di quei Comitati civici che permisero la grande vittoria elettorale del 1948 sui comunisti. Per decenni il suo nome è stato quasi tabù, emblema di un’ACI “politicizzata” e ridotta, dai suoi detrattori, a mera organizzazione “senza spirito”. Ci si sofferma poco su di lui, tuttavia per il Papa è lo spirito militante di Acquaderni e Fani, interpretato genuinamente da Gedda, quello da infondere nell’ACI del terzo millennio, il modo giusto per tornare a fare davvero politica da cattolici.
Michele Brambilla
Foto Radio Vaticana