Marco Respinti, Cristianità n. 386 (2017)
Trump a Varsavia. Il risveglio dell’Occidente
Versione riveduta, leggermente ampliata, annotata ulteriormente nella sostanza e diversamente nel modo dell’articolo pubblicato con il medesimo titolo l’11 luglio 2017 nella pagina web <http://alleanzacattolica.org/trump-a-varsavia-il-risveglio-delloccidente> (gl’indirizzi dei siti Internet dell’intero articolo sono stati consultati il 3-9-2017).
Il presidente degli Stati Uniti d’America, Donald John Trump, ha visitato ufficialmente la Polonia il 6 luglio 2017 alla vigilia del summit del «Gruppo dei 20», svoltosi ad Amburgo, in Germania, il 7 e l’8 luglio 2017. Il «G20» — come viene usualmente chiamata quell’assise — è il forum, creato nel 1999, dei ministri delle Finanze e dei governatori delle banche centrali dei diciannove Paesi più industrializzati del mondo cui si aggiunge l’Unione Europea. Dal 2008, al G20 prendono parte anche i capi di governo o di Stato dei Paesi membri e la sua convocazione prevede incontri separati dei ministri economici e dei ministri degli Esteri.
In quella data, a Varsavia, capitale della Polonia, in piazza Krasiński, davanti al monumento che ricorda la rivolta patriottica del 1944 contro i nazionalsocialisti tedeschi e i socialcomunisti sovietici, alla presenza del presidente Andrzej Duda e dell’ex presidente Lech Wałęsa, Trump ha rivolto alla nazione polacca un discorso di grande spessore (1).
Smentendo le voci di avversari e di nemici che vorrebbero «isolazionista» lui e il suo Paese «in ritirata», Trump ha rilanciato l’importanza dell’alleanza che unisce Stati Uniti d’America e Polonia, anche nel contesto della NATO, l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, e così facendo ha prospettato l’ideale e il progetto di un’amicizia fra gli Stati Uniti d’America e un’Europa non meno ma diversamente unita, che si esplichi in un rinnovato concetto di Occidente. Per Trump, infatti, l’Occidente non è solo uno spazio commerciale, pur importantisismo: è anzitutto una comunanza di prospettive, di tradizioni, di cultura e di fede. I nemici sono coloro che si oppongono a «questo» Occidente. Smentendo pure chi lo vorrebbe prono alle mire politiche della Russia, Trump ha difeso il concetto di una Polonia confine della civiltà, che deve necessariamente trasformarsi in ponte di pace e di prosperità, ma che fino a quando prevarranno le minacce saprà essere bastione, soprattutto con l’incoraggiamento e il supporto degli Stati Uniti d’America.
È, ancora una volta, in modo diverso quanto lo impongono le condizioni storiche e l’indole degli uomini, l’orizzonte di una «grande Europa» di civiltà, cristiana — la «Magna Europa» (2), secondo l’espressione dello studioso neerlandese della cultura Hendrik Brugmans (1906-1997) —, di cui sono figli sia gli Stati Uniti d’America sia l’Europa (3), riverberata con forza nei momenti, toccanti, in cui Trump ha rievocato il Miracolo della Vistola del 1920 e l’eroica rivolta patriottica del 1944, le persecuzioni subite dalla Polonia e il dono fatto all’umanità da quella terra, Karol Józef Wojtyła (1920-2005), Papa san Giovanni Paolo II.
Erano quasi dieci anni che l’Amministrazione statunitense non parlava più questa lingua chiara e supportata da un «pensiero forte». E per trovare un precedente idealmente simile occorre risalire ad ancora prima, al discorso pronunciato dall’allora presidente George Walker Bush il 15 giugno 2001, sempre a Varsavia, quella volta nell’Università, nel quale disse fra l’altro: «L’ideale europeo è in contrasto con una vita dettata dal lucro, dall’avidità e dal solo perseguimento dell’interesse personale. Esso richiede considerazione e rispetto, compassione e perdono: caratteristiche da cui dipende l’esercizio della libertà. Tutti questi diritti e doveri hanno origine da una fonte di legge e giustizia superiore alle nostre volontà e alla nostra politica: un autore della nostra dignità, che ci chiede di agire in accordo con essa. Questa fiducia è più di una memoria, è una fede viva. Ed è il motivo principale per cui l’Europa e l’America non saranno mai divise. Siamo prodotti della stessa storia […]: condividiamo una civiltà, i cui valori sono universali» (4). E ancora: «Oggi, una nuova generazione assume un nuovo impegno: un’Europa e un’America legate da una grande alleanza di libertà, la maggior forza unita della storia a favore della pace, del progresso e della dignità umana. Le campane della vittoria hanno suonato. La cortina di ferro non esiste più. Ora progettiamo e costruiamo la casa della libertà, le cui porte sono aperte a tutti i popoli europei e le cui finestre sono rivolte alle sfide globali. Il nostro progresso è notevole, i nostri obiettivi sono vasti e le nostre differenze, in confronto, sono ridotte.
«E l’America, sia nei momenti di calma sia nelle difficoltà, onorerà questa visione e i valori che condividiamo. La Polonia rappresenta un simbolo di rinnovamento […]. Più di mezzo secolo fa, da questo luogo era possibile vedere solo un deserto di rovine. […] Non lontano da qui si nota l’unico monumento sopravvissuto. È l’immagine di Cristo che cade sotto il peso della croce e cerca faticosamente di rialzarsi. Sotto sono riportate le seguenti parole: “Sursum corda”, “In alto i vostri cuori”. […] “In alto i vostri cuori” è la storia della Polonia. “In alto i vostri cuori” è la storia della nuova Europa. Coltiviamo insieme questa speranza di libertà per tutti coloro che la cercano nel nostro mondo. Che Dio vi benedica».
L’Occidente, o, meglio, la consapevolezza di ciò che quell’espressione pur usurata e più volte fraintesa ma in sé ricca e nobile significa, sta forse cominciando a tornare (5).
Note:
(1) Cfr. Donald John Trump, Remarks by President Trump to the People of Poland, Varsavia 6-7-2017, nel sito web <https://www.whitehouse.gov/the-press-office/2017/07/06/remarks-president-trump-people-poland-july-6-2017>, trad. it., La Polonia è l’anima dell’Europa: «Noi vogliamo Dio», in questo stesso fascicolo di Cristianità, pp. 23-33.
(2) Cfr. Hendrik Brugmans, Magna Europa, in Les Cahiers de Bruges. Recherches européennes, anno 5°, I, Bruges marzo 1955, pp. 108-115. Su questa felice intuizione linguistico-concettuale costruiscono magistralmente Giovanni Cantoni e Francesco Pappalardo (a cura di), Magna Europa. L’Europa fuori dall’Europa, D’Ettoris, Crotone 2006 — su cui cfr. la recensione di Massimo Introvigne in Cristianità, anno XXXIV, n. 335, maggio-giugno 2006, pp. 19-22, e il commento del filosofo argentino della storia Alberto Caturelli (1927-2016), «Magna Europa. L’Europa fuori dall’Europa»: lettura e bilancio di «un’opera che fa pensare», ibid., anno XXV, n. 341-342, maggio-agosto 2007, pp. 39-43 —, nonché G. Cantoni, Per una civiltà cristiana del terzo millennio. La coscienza della Magna Europa e il quinto viaggio di Colombo, Sugarco, Milano 2008.
(3) Emblematico è, a questo proposito, dello storico statunitense delle idee Russell A.[mos] Kirk (1918-1994), Le radici dell’ordine americano. La tradizione europea nei valori del Nuovo Mondo, con un Epilogo di Frank J. Shakespeare Jr., trad. it. a cura e con una mia Introduzione, Mondadori, Milano 1996, su cui cfr. la recensione di Andrea Morigi in Cristianità, anno XXV, n. 263, marzo 1997, pp. 24-27. Nel frattempo l’opera — originariamente pubblicata negli Stati Uniti d’America nel 1974 — ha conosciuto una nuova edizione, la quarta, pubblicata nel 2003 a Wilmington, nel Delaware, da ISI Books con il consueto titolo The Roots of American Order e una premessa del decano degli storici statunitensi, conservatore, Forrest McDonald (1927-2016). In una prospettiva diversa ma non opposta, cfr. A. Caturelli, Il Nuovo Mondo riscoperto. La scoperta, la conquista, l’evangelizzazione dell’America e la cultura occidentale, trad. it., con prefazione di Pier Paolo Ottonello, Ares, Milano 1992.
(4) George W.[alker] Bush, Address at Warsaw University, del 15-6-2011, nella pagina web <http://www.presidency.ucsb.edu/ws/?pid=45973>. Le citazioni che nel testo seguono senza ulteriori rimandi in nota sono tratte da questa medesima fonte.
(5) Questa «sensazione» traspare significativamente anche da due sapidi commenti al discorso tenuto dal presidente Trump a Varsavia e pubblicati nel sito web di First Things, uno dei più influenti periodici cattolici conservatori degli Stati Uniti d’America, fondato nel 1990 come First Things: A Monthly Journal of Religion and Public Life da don Richard John Neuhaus (1936-2009) — convertito al cattolicesimo dal luteranesimo — e attualmente diretto da Russell Ronald «R.R.» Reno III — convertito al cattolicesimo dall’episcopalismo: cfr. R.R. Reno, Beyond Velvet Nihilism, del 13 luglio 2017, nella pagina web <https://www.firstthings.com/web-exclusives/2017/07/beyond-velvet-nihilism>, e Mark Bauerlein, We Want God, del 18 luglio 2017, nella pagina web <https://www.firstthings.com/web-exclusives/2017/07/we-want-god>.