Il dirigismo statale è contrario alla dignità umana?
UN SOLO PADRONE E TUTTI PROLETARI: ECCO L’IDEALE SOCIALISTA
Sostanzialmente utilizzando un opuscolo pubblicato dalla TFP argentina, offriamo ai nostri lettori un dialoghetto – che ai più informati ricorderà gli scritti del conte Monaldo Leopardi – nel quale diversi temi della dottrina sociale naturale e cristiana sono presentati con un linguaggio estremamente semplice e corrente, proprio delle conversazioni quotidiane.
In questo modo sono messi alla portata di tutti, in una forma accessibile e attraente, argomenti che, esposti in modo diverso, sarebbero difficilmente abbordabili per i più.
* * *
MANZOTTI: un dirigente sindacale, che lotta per uno Stato collettivista.
BIANCHI: un operaio che gode di prestigio tra i suoi compagni e che, sapendo applicare i principi cattolici, confuta Manzotti.
PIERI: un operaio senza idee chiare, che Manzotti vorrebbe convincere.
Gli ultimi partecipanti alla riunione della commissione interna si disperdono lentamente nel cortile della fabbrica. È l’ora del pranzo, e mentre un’atmosfera di distensione si generalizza nell’immenso edificio, nella sala delle riunioni dell’assemblea continua ancora, tranquillamente, una discussione.
A essa partecipano tre dirigenti della commissione, Manzotti, Pieri e Bianchi, che continuano, evidentemente, a trattare temi collegati a fatti concreti esaminati durante la riunione. Manzotti, di circa cinquant’anni, capelli radi e grigi, sanguigno e dalla voce sonora, gesticola.
MANZOTTI. Così non si può andare avanti! O lo Stato realizza una pianificazione industriale meticolosa, nella quale tutte le industrie si inquadrino come parti di un grande insieme, dandoci allo stesso tempo i benefici e le garanzie di cui godono i funzionari pubblici, oppure la produzione non crescerà in proporzione alle necessità del paese e resteremo eternamente in stato di sottosviluppo. E il sottosviluppo, compagni, significa un «sottosalario».
E segna a dito i suoi due interlocutori, e abbassa la voce, come per fare una confidenza decisiva e terribile…
La pianificazione statalista
MANZOTTI. Sì, il «sottosalario» per voi e per me!
Più rubicondo del solito, Manzotti si siede e respira profondamente, mentre gioisce ascoltando gli echi della sua eloquenza e scruta negli occhi dei suoi amici l’ammirazione di cui si giudica creditore con titoli evidenti.
Pieri e Bianchi, pensierosi, tacciono. Soprattutto Bianchi, che sembra avere qualcosa da dire, lascia che si dissolva nell’aria il suono delle parole di Manzotti. Quindi comincia a parlare con voce calma e quasi bassa, che va crescendo di tono, ma che non diventa mai troppo veloce, né declamatoria, Con il suo volto largo, la fronte alta, i capelli e gli occhi castani, labbra fini, è il tipo caratteristico dell’uomo orientato al concreto, ma incline alla riflessione. Con accento spiccatamente brianzolo risponde:
L’uomo sarà un ingranaggio nella grande macchina dello Stato
BIANCHI. Questa macchina industriale che voi auspicate, diretta dallo Stato, ha un’apparenza imponente e a qualcuno può ispirare fiducia. Ciò nonostante, confesso che questa imponenza, anziché fiducia, in me suscita malessere. Se ogni fabbrica è un insieme diretto dall’alto e ogni sezione della fabbrica è quello che la fabbrica è nell’insieme, mi pare di avvertire a fior di pelle una conseguenza: ciascuno sarà nella sezione ciò che ogni sezione è nella fabbrica e ciò che ogni fabbrica è nel tuo gigantesco insieme industriale. Cioè, saremo soltanto ingranaggi anche noi. Bene, a me non va di essere un ingranaggio e mi sembra inumano questo tuo sistema, nel quale tutta l’Italia industriale e commerciale si trasformerà in ingranaggi diretti da pochi individui.
Pieri, per cui l’idea è nuova, si lascia andare a una sghignazzata, voltandosi verso Manzotti come per chiedere una spiegazione. Sul suo volto tondo e grassoccio, dagli occhi poco espressivi, dal naso piccolo e dalla bocca larga, il riso diffonde un’allegria intensa e passeggera, che èsubito sostituita dall’abituale mancanza di espressività. Ma la domanda muta non è necessaria. Manzotti ha la risposta sulla punta della lingua.
MANZOTTI. Se incominciate con questa poesia del non voler essere un ingranaggio, ogni sforzo economico si fraziona ed entra in crisi. O una supercommissione di tecnici statali e di rappresentanti sindacali dirige tutto, oppure cadremo nel caos.
BIANCHI. E i proprietari? Cosa ne farai? Taglierai loro la testa?
MANZOTTI. Se si preoccupano eccessivamente per questo, potranno avere, per qualche tempo, una rappresentanza nei Consiglio Superiore, o nel consiglio di fabbrica. Magari finché stanno tranquilli, provvisoriamente.
BIANCHI. Ma come! Eliminare allora la proprietà?
Abolizione della proprietà privata
MANZOTTI. Detto in confidenza, qui fra di noi, credo che gli unici proprietari della fabbrica dobbiamo essere noi stessi. Una fabbrica che appartenga a un solo individuo o a una sola famiglia gode, per questo stesso fatto, di un’autonomia nei confronti del potere supremo, che si traduce in capriccio e in dispersione.
PIERI. È la prima volta che ti sento parlare così. Non pensavo che ti spingessi tanto lontano.
MANZOTTI. Adesso non tradirmi raccontando in giro quello che hai sentito. Perché perfino nell’assemblea generale dei compagni, sarebbero capaci di tirarmi sassi e bastonate se sapessero che la penso così. È tanto conservatrice e arretrata la classe operaia di questo paese! In presenza di occhi deboli la luce deve crescere d’intensità a poco a poco. Però, se ai nostri compagni parlo di scioperi, di rivendicazioni salariali, ecc., non è per rendere loro più confortevole la vita in questo sistema, ma per creare in loro una indignazione crescente, che faccia loro aprire gli occhi per vedere il male del sistema considerato come un tutto.
BIANCHI. Apprezzo sempre la franchezza. E ti consiglio di adoperarla con tutti, non soltanto con noi. Infatti, non puoi trattare i nostri compagni come se fossero scemi o minorenni ai quali si sta da poco insegnando l’abc.
MANZOTTI. In materia di lotta di classe sono minorenni e tocca alla CGIL trasformarli lentamente in uomini adulti.
La dittatura sindacale
BIANCHI. Questo è un punto fondamentale sul quale non sono d’accordo con voi! Per voi, l’Italia si compone di due categorie di uomini: una minoranza che sa tutto e che deve dirigere tutto: i capi della CGIL, i rappresentanti degli operai che riesce a designare nelle varie commissioni e i tecnici che sono disposti a venire a patti con essa. Il resto è una massa che deve venire diretta come un gregge. Peggio, obbligata a obbedire agli impulsi venuti dall’alto come umili ingranaggi di una macchina.
MANZOTTI. Torni alla tua poesia! Se tutto questo ti dà il pane, che cosa vuoi di più?
La concezione materialista dell’uomo,
PIERI (volgendosi verso Bianchi con una nuova sghignazzata). Ha ragione; se voi e i tuoi non aveste fame, aveste stabilità e nessuna preoccupazione, cosa vorreste di più?
Caratteristica del socialismo
BIANCHI. Voglio qualcosa che un materialista non comprende, dal momento che per lui la pancia piena è l’unico ideale della vita. Voglio la dignità. Se Dio ha concesso a ogni uomo una intelligenza e una volontà, è stato perché avesse un certo ambito di libertà nel progettare il suo destino e nel provvedere alle sue necessità, Mi sento avvilito nel vendere questa prerogativa in cambio di un pezzo di pane; o di mille pezzi di pane, se preferite.
MANZOTTI. Dio! Dignità! Cosa te ne fai, quando hai fame? Non vale di più il tuo benessere?
BIANCHI. Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio, dice il Vangelo.
PIERI. In questo continua a esserci una certa verità. Però, in fin dei conti, la fame…!
Paralisi della intelligenza e della volontà
BIANCHI. Se un paralitico sulla sua sedia a rotelle è un infelice, perché patisce l’enorme sofferenza di non poter muovere le sue membra, molto più infelice è l’uomo diretto completamente da un altro, per il quale pensare e volere si sono trasformate in funzioni inutili, e che, come un animale, vive solo per mangiare. Manzotti, la paralisi dello spirito produrrà, nel tuo paradiso meccanico, uno scontento mille volte più profondo della insufficiente soddisfazione delle necessità del nostro corpo. Perché l’uomo non è principalmente corpo, ma in lui il fattore principale è l’anima.
MANZOTTI. Parli come un borghese! Per l’operaio esistono solo materia, fame e bisogno.
PIERI. Eh! Che follia! A che cosa ci riduci? Siamo semplici animali? I borghesi possiedono il monopolio delle cose dello spirito? Che un leader operaio pensi così e creda in tale modo di fare del bene alla nostra classe, è una cosa che non capisco.
BIANCHI. Caro Pieri, la cosa è più grave perché se lui vuole farla finita con i borghesi è perché vuole che il mondo intero viva solo in funzione della fame e della materia. Non sono un filosofo, ma mi sembra che quanto più camminiamo in questa direzione, tanto più ci animalizzeremo. Questa è la barbarie!
MANZOTTI. Quindi per voi il meglio è il caos! Dignità, libertà, caos e miseria! È questa la vostra formula per lenire le sofferenze del popolo italiano?
BIANCHI. Assolutamente! E un peccato che tu non legga le encicliche. Sono molto più accessibili a uomini come noi, senza grande istruzione, di quanto generalmente si pensi.
«Mater et Magistra»
PIERI. Ah, sì! Una volta ho letto la Mater et Magistra, che il giornale chiamava «Carta della liberazione della classe operaia mondiale dai padroni ambiziosi e spietati».
BIANCHI. Di fronte all’ambizione e alla durezza di alcuni padroni. Ma la Mater et Magistra garantisce anche la libertà degli operai, come quella di tutti, contro la tirannia sindacale e il totalitarismo burocratico.
MANZOTTI (con una sghignazzata), Conosco alcuni dirigenti delle ACLI, e non li ho mai sentiti dire cose di questo genere! Non sono del tutto d’accordo con me, però sono ben lontani dal combattermi come fate voi.
Principio di sussidiarietà
BIANCHI. Eppure, basta soltanto aprire la Mater et Magistra. Vi si trova la definizione del principio di sussidiarietà, in cui sta la più grande conciliazione dell’autorità con la libertà.
MANZOTTI. Non complicatemi le cose!
BIANCHI. No. A volte le cose sono complicate, ma le buone spiegazioni le semplificano. In base al principio di sussidiarietà, ciascuno deve avere una responsabilità personale per quanto riguarda il suo destino e quello della sua famiglia. Nelle cose che per loro natura esigono forze superiori a quelle di un individuo e di una famiglia, devono operare le associazioni, comprese quelle di classe. In quelle che eccedono le forze di queste, deve in modo analogo operare il comune, e così, passando attraverso la provincia, giungiamo al Potere Supremo del paese. In questo modo la libertà si combina con l’ubbidienza. Non formiamo una macchina composta di ingranaggi inerti, ma un organismo in cui ogni uomo, ogni gruppo sociale, è un membro vivo, che contribuisce con la sua originalità specifica al bene comune.
Popolo e massa
MANZOTTI. Mi sembra che, per il bene del popolo, la mia macchina valga molto di più della tua organizzazione. Credo che tu interpreti male Giovanni XXIII.
BIANCHI. Come può sembrarti, se non lo hai letto? Inoltre, gli ingranaggi della tua macchina non costituiscono un popolo, ma una massa. Ho qui un passo di Pio XII, pubblicato su Cristianità … Hai sentito parlare di Cristianità?
MANZOTTI. Sì, so che alcuni giovani cattolici pubblicano questa rivista. Tutti i miei compagni di ideologia la detestano. Dicono che sono contro il popolo.
PIERI. Non farla troppo semplice! Mi è capitato di vederne qualche numero; è scritta molto bene e più di una volta mi sono trovato d’accordo con essa.
BIANCHI. Senti, allora, questo passo di Pio XII sul popolo e la massa, che ti leggo da una citazione di Cristianità: «Lo Stato non contiene in sé e non aduna meccanicamente in un dato territorio un’agglomerazione amorfa d’individui. Esso è, e deve essere in realtà, l’unità organica e organizzatrice di un vero popolo.
Popolo e moltitudine amorfa, o, come suol dirsi, «massa» sono due concetti diversi. Il popolo vive e si muove per vita propria; la massa èper sè inerte, e non può essere mossa che dal di fuori. Il popolo vive della pienezza della vita degli uomini che lo compongono, ciascuno dei quali – al proprio posto e nel proprio modo – è una persona consapevole delle proprie responsabilità e delle proprie convinzioni. La massa, invece, aspetta l’impulso dal di fuori, facile trastullo nelle mani di chiunque ne sfrutti gli istinti e le impressioni, pronta a seguire, a volta a volta, oggi questa, domani quell’altra bandiera. Dalla esuberanza di vita d’un vero popolo la vita si effonde abbondante, ricca, nello Stato e in tutti i suoi organi, infondendo in essi, con vigore incessantemente rinnovato, la consapevolezza della propria responsabilità, il vero senso del bene comune. Della forza elementare della massa, abilmente maneggiata ed usata, può pure servirsi lo Stato; nelle mani ambiziose d’uno solo o di più, che le tendenze egoistiche abbiano artificialmente raggruppati, lo Stato stesso può, con l’appoggio della massa, ridotta a non essere più che una semplice macchina, imporre il suo arbitrio alla parte migliore del vero popolo: l’interesse comune ne resta gravemente e per lungo tempo colpito, e la ferita è bene spesso difficilmente guaribile» (Pio XII, Radiomessaggio natalizio del 1944).
MANZOTTI. Ma è superato! Giovanni XXIII ha cambiato tutti gli insegnamenti di Pio XII.
PIERI. Anche qui ti sbagli. Ho letto esplicitamente in Giovanni XXIII che, al contrario, confermava tutto quanto hanno detto i suoi predecessori.
MANZOTTI. Allora è stato Paolo VI o il Concilio, che hanno revocato Pio XII; almeno, stando a quello che ho sentito dire.
BIANCHI. Invece, la verità è che il Concilio e anche Paolo VI hanno affermato che mantenevano la dottrina di tutti i Papi precedenti.
MANZOTTI. Bene! Questo potrà avere qualche valore per voi. Per me, il bene del popolo consiste nel trasformarsi in ciò che Pio XII ha chiamato «massa», poiché solo così sarà soddisfatto.
BIANCHI. Dal momento che per voi la libertà degenera immediatamente in anarchia, e che dall’anarchia ci si salva solo attraverso la tirannia sindacale e burocratica, allora parlerò in termini di interesse materiale. Nego che questo interesse sia il più importante, ma esiste e a esso corrispondono diritti sacri che devono essere tutelati con ogni cura.
MANZOTTI. Poco fa difendevi i padroni e ora ti volgi contro di loro proclamando che anche gli operai posseggono dei diritti.
BIANCHI. Certamente! Pio XII e dopo di lui tutti i Papi …
MANZOTTI. Sei qui ancora con i tuoi Papi!
PIERI. Manzotti, bisogna adoperare il buon senso. L’immensa maggioranza degli operai italiani è cattolica. O provate loro che quello che dite è conforme all’insegnamento dei Papi, oppure difficilmente ti seguiranno.
MANZOTTI. Di fronte a questo argomento tattico, accetto di interessarmi a quello che dicono questi Papi.
BIANCHI. L’argomento tattico di Pieri è molto interessante. Ciò nonostante, io parlo come cattolico, mosso non dalla tattica, ma dalla fede.
MANZOTTI (rivolgendosi a Pieri). Questo è un poeta incorreggibile! (Volgendosi di nuovo verso Bianchi). Insomma, continua il tuo discorso.
Il giusto salario
BIANCHI. I Papi, come già ti ho detto, proclamano il diritto del lavoratore a un salario che gli dia il necessario per vivere decorosamente, lui e la sua famiglia, e che corrisponda, inoltre, al giusto valore del suo lavoro. Per fare valere questo diritto, i lavoratori possono e devono organizzarsi in associazioni di categoria e, a seconda dei casi, possono giungere fino allo sciopero.
Il diritto di associazione e di sciopero
MANZOTTI. Chiaro! Sei passato dall’altra parte.
BIANCHI. No. In questi casi il cattolico non mette una parte contro l’altra, ma chiede giustizia e carità, tanto da parte dei padroni verso gli operai, quanto reciprocamente.
MANZOTTI. Questa sì che è comica! La carità dell’operaio verso il padrone!
BIANCHI. La carità non è soltanto ne principalmente l’aiuto nella necessità materiale. È l’amore fraterno per amore di Dio. Voi, tu, Manzotti, lo sai bene, qualificate questo come poesia.
MANZOTTI. Sì, io credo solo nella lotta del proletariato e nella direzione della democrazia da parte degli operai, e nella forza della polizia per fare applicare le leggi promulgate in difesa dei lavoratori.
BIANCHI. Io credo nella giustizia e nella carità per tutti, nell’esistenza di classi sociali armoniche, nella libera iniziativa degli uomini in un regime in cui il principio di sussidiarietà assicuri a tutti, a seconda della loro posizione, libertà e ordine, sotto l’azione di un’autorità saggia e forte, ma prudente.
MANZOTTI. Ma come ci può essere libertà dove ci sono padroni che ti comandano e dove bisogna continuamente citarli davanti al tribunale del lavoro, perché compiano i loro doveri verso di noi?
Uno Stato-padrone, giudice e poliziotto: l’ideale socialista
BIANCHI. Questo, Manzotti, è uno dei tuoi errori più evidenti. Oggi come oggi, il padrone può venire costretto a compiere il suo dovere da un potere più forte di lui e con interessi distinti dai suoi. Per questo, come tu dici, in qualsiasi momento il padrone può essere chiamato da noi sui banchi del tribunale, per l’applicazione delle leggi che la pubblica autorità ha promulgato a nostro favore e non a favore del padrone. Sopprimi il padrone, unico mezzo per il quale esistono le imprese, e vedrai che in modo aperto o nascosto, le dirigerà lo Stato. Allora avremo un altro padrone che sarà lo Stato. Il nostro padrone sarà il nostro legislatore, il nostro giudice e il nostro capo della polizia. Oggi abbiamo un padrone incomparabilmente meno forte dello Stato-padrone. Voi volete sottometterci a uno Stato-padrone. È questo quello che chiamate l’aumento delle prerogative dell’operaio nell’impresa?
PIERI. Manzotti, confessa che non ti aspettavi questa obiezione!
Disuguaglianza e ubbidienza: entrambe volute da Dio
MANZOTTI. Parlavi poco fa di dignità. Pensi che sia degno di un uomo ubbidire a un altro uguale a lui? Almeno, ubbidendo allo Stato, ubbidisce a qualcosa di superiore …
BIANCHI. Noto che non hai risposto alla domanda di Pieri e che ti metti sul terreno della poesia, sul quale poco fa dicevi di non volerti porre. Tuttavia, ti rispondo volentieri. Gli uomini sono tutti uguali per la loro natura. Accidentalmente, alcuni posseggono più di altri per quanto riguarda la virtù, il talento …
MANZOTTI. Lo vedo bene, e vedo anche che continuerai dicendo che i proprietari possono comandare ai loro dipendenti.
BIANCHI. Sì, perché se Dio ha disposto che le cose siano in questo modo, in ultima analisi ubbidiscono a Dio stesso.
PIERI. Questa sì che è buona! Ubbidire a un cattivo padrone è ubbidire a Dio?
BIANCHI. Ubbidire in ciò che si deve non significa rinunciare alla difesa dei propri diritti legittimi. Messo in chiaro questo, si deve ubbidire a un cattivo padrone come a un cattivo governo, come anche, in un altro ordine di cose, a un cattivo sacerdote. Gesù Cristo ha detto degli scribi e dei farisei: «Fate quello che dicono, ma non fate ciò che fanno».
Si è fatto tardi. Manzotti sembra molto desideroso di mettere termine alla discussione. Bianchi dice ai suoi compagni:
Promuovendo il bene privato si promuove il bene comune
BIANCHI. Non perdiamo l’ultimo turno del pranzo. Ma, prima di concludere, vorrei ricordarvi un fatto palpabile. Il benessere dell’Italia dipende dal fatto che tutti sviluppiamo al massimo possibile la nostra capacità di lavorare sul piano intellettuale o manuale. Bene, la capacità di ciascun uomo si affina meravigliosamente quando cura direttamente il proprio interesse. Osservate come anche le persone meno intelligenti sono sottili nel percepire qualsiasi cosa capace di ferire o di accarezzare la vanità. Il fatto è che c’è in gioco il loro interesse personale! Se vogliamo stimolare la produzione economica, stimoliamo l’iniziativa individuale. A questo modo l’operaio produrrà di più e il padrone anche.
PIERI. Ma se l’operaio guadagna un salario da fame, come può progredire?
Il vero progresso
BIANCHI. Lavorando perché l’impresa sia prospera, ed esigendo che il salario corrisponda ai principi che ho già enunciato. Da lui dipende combinare queste esigenze con forza sufficiente per essere ascoltato e con sufficiente giustizia per evitare che si pensi che vuole distruggere la classe padronale. Così non vi sarà alcun pretesto per qualsiasi persecuzione contro di lui. Se agirai così, Manzotti, sarai molto più efficiente che con la tua lotta di classe.
MANZOTTI. Finiscila, adesso! E soprattutto, insisto: la nostra conversazione è stata riservata; non è necessario andare a raccontarla a tutti.
PIERI. Ho buona volontà, però non garantisco di riuscire a essere discreto.
Equilibrata partecipazione degli operai
BIANCHI. Insomma, completando il regime del salariato – in diverse condizioni che possono darsi nella pratica – con una equilibrata partecipazione degli operai agli utili delle imprese, o alla proprietà delle azioni delle medesime, e sentiti gli operai riguardo a problemi di direzione dell’impresa su cui, per la natura delle loro funzioni, possono esprimere opinioni valide, niente mancherà all’operaio per elevarsi e giungere a essere anche un alto funzionario dell’impresa o addirittura, attraverso le sue economie, il fondatore di una impresa nuova.
MANZOTTI (già uscendo dalla sala). Volete, allora, che una legge imponga tutto questo?
Mentalità totalitaria e statalista dei socialisti
BIANCHI. Che la legge lo favorisca o lo stimoli, sì; che lo imponga, no. Amico Manzotti, è necessario che tu perda l’idea che governare sia solo imporre, che gli uomini siano automi e che tutto si risolva solo attraverso imposizioni.
Intanto Pieri chiude a chiave la porta della sala e ride di gusto.