Guido Verna, Cristianità n. 365 (2012)
Al mio paese, Civitella Roveto, in provincia de L’Aquila, in occasione della festa del patrono, san Giovanni Battista, i fuochi d’artificio si concludono sempre con la cosiddetta “batteria”, durante la quale gli spari via via aumentano nel ritmo e nell’intensità sonora fino al “colpo scuro” finale, che chiude lo spettacolo. Ma il “colpo scuro” ha generalmente anche un effetto collaterale: attiva in molte auto gli antifurto, quelli più sensibili, il cui suono un po’ angosciante viola il silenzio finalmente ritrovato.
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Il 2011, anno in cui si è festeggiato il 150° anniversario della nascita dello Stato italiano è consistito in un lungo spettacolo pirotecnico in onore di patroni che non sono santi e con le immagini, i colori e i suoni di quella retorica risorgimentale riemersa dopo cinquant’anni, sempre uguale a sé stessa e senza che un briciolo di generosità e di onestà storica facesse filtrare — nelle cerimonie ufficiali — anche solo un pezzo di verità. Pertanto, nelle ultime settimane delle celebrazioni, quando alla “batteria” ha fatto seguito qualche “colpo scuro”, nessun antifurto si è attivato, neanche i più sensibili.
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Comincio dalla cerimonia conclusiva al Quirinale, tenutasi il 17 marzo 2012, dove Roberto Benigni, una delle due icone ― l’altra è Adriano Celentano ― del “politicamente corretto italiano”, ha suscitato un “entusiasmo travolgente […] [trasformando] in uno show a tratti commovente il suo intervento” (1).
A un certo punto Benigni imprudentemente ha evocato una correlazione che nasconde qualcosa di molto vero e che ai più è sembrata forse solo una piacevolissima battuta, utilizzata per il titolo di un articolo: “Benigni, “Garibaldi anticipò Lennon”” (2). Ma che cosa ha detto più precisamente il comico toscano? Parlando di Giuseppe Garibaldi (1807-1882), ha rilevato che la canzone “Imagine di John Lennon [1940-1980] l’ha anticipata lui!” (3). Quando questa canzone è uscita, nel 1971, forse si conosceva ancora poco l’inglese, ma qualcuno bravo o curioso esisteva già. E ci volle solo qualche giorno per cogliere il senso di quest’affascinante polpetta avvelenata: “immagina”… e via con il grande sogno, le “dolcezze” di un mondo senza Paradiso e senza Inferno, senza religioni e proprietà privata, senza più nazioni ma con l’intero mondo da condividere.
Nel 2005, lo scrittore Rino Cammilleri l’ha ricordata come “[…] un perfetto sunto del pensiero utopico in cui si immagina il pianeta completamente unito, dove tutti vivono in pace e i problemi sono risolti, [dove] ovviamente non ci sarà Autorità né Religione alcuna” (4).
Oggi, grazie all’enciclopedia on line Wikipedia, tutti possono cogliere senza molti sforzi cosa vi è oltre la copertura di zucchero o di cioccolato. “Il brano viene solitamente letto in chiave pacifista, ma lo stesso Lennon ammise che i contenuti del testo di Imagine la avvicinano più al Manifesto del partito comunista che a un inno alla pace; è infatti una società in cui non trionfino i valori del materialismo, dell’utilitarismo e dell’edonismo che viene auspicata nel testo. Lennon affermò che il brano era “anti-religioso, anti-nazionalista, anti-convenzionale e anti-capitalista, e viene accettato solo perché è coperto di zucchero”” (5).
Il paragone con Garibaldi è, a suo modo, perfetto.
Il cosiddetto “eroe dei due mondi” fin da bambino aveva mostrato le sue virtù: “I miei primi maestri furon due preti; e credo che l’inferiorità fisica e morale della razza italica provenga massime da tale nociva costumanza” (6); e le aveva confermate ampiamente — nelle parole e nei fatti —, una volta cresciuto, sia nei confronti dei suoi maestri — il prete è “[…] la più nociva di tutte le creature, perché egli più di nessun altro è un ostacolo al progresso umano, alla fratellanza degli uomini e dei popoli” (7) —, sia nei confronti della religione cattolica — Roma è “la capitale della più odiosa delle sette” (8); il trono del Pontefice “un seggio di serpe” (9); il cattolicesimo “[…] ha per tanti secoli abbrutito la creatura umana” (10) —, sia nei confronti della religione in genere: “[…] a una delegazione di “atei” spiega: “In Italia non siamo così avanti come in Francia; questo nome [Dio] lo si pronuncia ancora”“ (11).
Ha ragione Benigni: quando, nel 1844, è stato iniziato alla massoneria, Garibaldi, entrando per la prima volta in loggia, con appagante soddisfazione e a pieni polmoni, avrebbe davvero potuto cantare Imagine.
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Il giorno successivo alla cerimonia in Quirinale, il 18 marzo, il presidente del Consiglio sen. Mario Monti — prescindo qui da ogni giudizio sulla sua attività di governo — è a Torino per chiudere l’anno delle celebrazioni per il secolo e mezzo dell’Unità e il Corriere della Sera riassume il suo intervento in un articolo intitolato: “Il premier e i 150 anni: ora fare gli italiani globali” (12).
Il presidente Monti, già nella visita negli Stati Uniti del 9-10 febbraio 2012, aveva affermato di sognare di “cambiare il modo di vivere degli italiani” (13); a Torino è stato più audace, quando — visitando la mostra dal titolo esemplare di “Fare gli italiani” — ha sostenuto che essa “aiuta in modo mirabile a capire come gli italiani si sono fatti da zero per quanto riguardava il loro essere insieme e aiuta anche a pensare a come proseguire e rendere gli italiani più adatti a vivere in un mondo globale” (14).
In questa prospettiva, le “[…] dichiarazioni americane di Monti sul “cambiare gli italiani” ― motivo questo che affligge la nostra storia almeno dal Risorgimento in avanti e che è alla radice della grave divisività che ne connota la storia contemporanea ― lasciano credere che l’obbiettivo dei “tecnici” sia ben più ampio e ambizioso e che l’understatement comunemente rilevato sia solo un avvio soft“ (15).
Le apparenze sfumate potrebbero, in definitiva, nascondere una sostanza ben più dura, che viene descritta molto bene in una nota meritevole di una lunga citazione: “Il governo Monti rappresenta un’idea italiana e profondamente liberal: il mito del riformista rivoluzionario. Si tratta della fattispecie politica meno conservatrice che si possa immaginare. Il riformista rivoluzionario è un intellettuale (nel senso più vario e ampio del termine: dall’uomo di cultura all’uomo politico, incluso l’uomo di chiesa) che si sente autorizzato a collocare la propria visione del mondo fuori dalla storia e ad imporla agli altri come verità assoluta.
“Se, da un lato, il riformista rivoluzionario potrebbe prendere il volto progressista del nuovo costruttivismo antropologico (fare un’umanità nuova, questa volta senza l’aiuto dello strumento totalitario, ma solo attraverso un programma biopolitico che sostituisce il diritto con l’arbitrio dei desideri); dall’altro esso assume l’aspetto sottile del tecnico, dell’ingegnere sociale, che vuole mutare il modello economico e politico a priori, seguendo un progetto prestabilito e ― per la gran parte ― ideologico” (16).
Dal Risorgimento in poi élite convinte che la presunta arretratezza dell’Italia fosse collegata anche all’ethos cattolico hanno cercato di “fare gli italiani” — secondo l’espressione attribuita a Massimo d’Azeglio (1798-1866) — e di sostituire questo ethos con altre forme, studiate a tavolino e ispirate a esperienze di altri Paesi. Ma la costruzione del “nuovo” italiano dovette risultare molto faticosa, se ancora nel 1879 Garibaldi ― in una lettera al veneziano Ferdinando Swift, noto anticlericale e fondatore di una Lega Atea ― scriveva: “Per sollevare l’Italia da tanta apatia conviene sostituire il vero alla menzogna; l’Uomo creò dio [sic] e non dio l’Uomo” (17).
Osserva il sociologo delle religioni Massimo Introvigne: “Gli sforzi per proporre un ethos alternativo a quello tradizionale italiano e cattolico, che potesse avere un qualche consenso popolare, sono però costantemente falliti, spesso in modo patetico. Così è stato per l’ethos laico-risorgimentale […]. Così è stato, ancora, per il tentativo di una parte del fascismo di costruire una religione e perfino una mistica nazionale” (18).
E anche dopo la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945), “[…] nonostante la lunga permanenza al governo della Democrazia Cristiana, l’egemonia culturale rimane saldamente nelle mani di élite che continuano a ricercare un ethos alternativo, e che mantengono fermo il vecchio pregiudizio anti-italiano, al quale finisce per subordinarsi anche una parte consistente dei cattolici impegnati in politica, dominati da esponenti della scuola cattolico-democratica” (19).
Nel 1971, però, gl’italiani non erano ancora “fatti” se è vero che — privi dell’ausilio di Benigni ― non apprezzano subito la “profondità” della canzone Immagine: “In Italia, dal punto di vista delle vendite, il 45 giri non riuscì ad andare oltre il terzo posto, superato, nel corso dei mesi di presenza in classifica, da Tuca tuca di Raffaella Carrà, Chitarra suona più piano di Nicola Di Bari e Montagne verdi di Marcella Bella” (20).
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Come si vede, il presidente Monti ha antenati illustri nella velleità di “fare” gli italiani diversi da come sono. Comunque sia, il sogno ideologico ha sempre postulato ― e postula ancora ― una necessitΰ: rifare il reale, ma soprattutto rifare l’uomo, che di questo reale è l’acme e che continua a portare con sé quella insopportabile “immagine e somiglianza” di un Altro.
Lo spirito dell’uomo italiano ― ma puς valere per “tutti” gli uomini ―, semmai a differenza della sua carne, non θ però così facilmente malleabile. Sono passati più di 150 anni dall’osservazione di Massimo d’Azeglio e da quando Garibaldi e i suoi vinsero, e non solo gli italiani sono ancora diversi da “quel” progetto, ma lo stesso progetto nel frattempo è stato costretto a modificarsi, dilatandosi. Non basta più “nazionalizzare” gli italiani: oggi è necessario “globalizzarli”. Sisifo è il modello esistenziale dei “facitori di uomini”. La sua condanna è come la loro condanna. Anzi, forse minore: perché il masso che Sisifo è stato condannato a trasportare, ogni volta che dalla cima rotola nuovamente a terra, per loro aumenta di peso, rendendo più ardua la risalita successiva.
Note:
(1) Benigni, “Garibaldi anticipò Lennon”, 17-3-2012, disponibile all’indirizzo Internet: <http:// www.unita.it/ italia/ benigni-al-quirinale-br-per-i-150-anni-diretta-tv-1.392389> (gl’indirizzi Internet dell’intero articolo sono stati consultati il 29-9-2012).
(2) Ibidem.
(3) Ibidem.
(4) Rino Cammilleri, I mostri della ragione/2, Ares, Milano 2005, p. 28.
(5) Voce Imagine (singolo John Lennon), disponibile all’indirizzo Internet: http://it.wikipedia.org/wiki/Imagine_(singolo_John_Lennon).
(6) Francesco Pappalardo, Il mito di Garibaldi. Una religione civile per una nuova Italia, con una Presentazione di Alfredo Mantovano, Sugarco, Milano 2010, p. 29.
(7) Ibid., p. 33.
(8) Ibid., p. 29.
(9) Ibidem.
(10) Ibid., p. 33.
(11) Ibid., p. 35.
(12) Cesare Giuzzi, Il premier e i 150 anni: ora fare gli italiani globali, in Corriere della Sera, Milano 19-3-2012.
(13) Marco Galluzzo, “Dovremo cambiare il nostro stile di vita”, ibid. 10-2-2012.
(14) C. Giuzzi, art. cit.
(15) Oscar Sanguinetti, Monti “conservatore”?, in Cultura & Identità. Rivista di studi conservatori, anno IV, n. 15, Roma gennaio-febbraio 2012, pp. 3-8 (p. 7).
(16) Andrea Bellantone, La pedagogia rivoluzionaria del prof. Monti che soffoca l’Italia, 29-3-2012.
(17) F. Pappalardo, op. cit., p. 36.
(18) Massimo Introvigne, Centocinquant’anni dopo: identità cattolica e unità degli italiani, in F. Pappalardo e O. Sanguinetti (a cura di), 1861-2011. A centocinquant’anni dall’Unità d’Italia. Quale identità?, Cantagalli, Siena 2011, pp. 5-33 (p. 26).
(19) Ibid., p. 28.
(20) Voce Imagine (singolo John Lennon), cit.