Marco Respinti, Cristianità n. 277 (1998)
«1948-1998. Cinquant’anni di Repubblica fra le elezioni del 18 aprile, la trasformazione del PCI in PDS e la scomparsa della DC. La cultura politica italiana verso il terzo millennio»
A mezzo secolo dalle storiche elezioni del 18 aprile 1948, domenica 19 aprile 1998, a Milano, circa trecentocinquanta persone hanno partecipato ai lavori del convegno 1948-1998. Cinquant’anni di Repubblica fra le elezioni del 18 aprile, la trasformazione del PCI in PDS e la scomparsa della DC. La cultura politica italiana verso il terzo millennio, promosso, nella Sala Congressi dell’Hotel Michelangelo, da Cristianità e da Alleanza Cattolica, in collaborazione con la Regione Lombardia Settore Trasparenza e Cultura.
La manifestazione, introdotta e coordinata dal dottor Enzo Peserico, dell’associazione promotrice, è stata aperta dall’intervento dell’avvocato Marzio Tremaglia, assessore alla Trasparenza e Cultura della Regione Lombardia, che ha stigmatizzato l’insofferenza nei confronti della realtà — tipica della cultura di sinistra —, che ancora censura le autentiche motivazioni e i valori di riferimento di quel vasto mondo civile, sociale e culturale, non riducibile alla sola Democrazia Cristiana, che è stato il vero vincitore dello scontro elettorale del 1948, anno cardine della storia del nostro paese.
La giornata si è poi articolata in due sessioni, rispettivamente presiedute dal dottor Mario Cervi — direttore de il Giornale e autore di diverse pubblicazioni fra cui, in collaborazione con Indro Montanelli, numerosi volumi di una storia d’Italia pubblicata dall’editore Rizzoli — e dal professor Francesco Gentile, ordinario di Filosofia del Diritto e di Teoria Generale del Diritto nell’Università degli Studi di Padova.
Nella prima sessione — dopo l’insediamento della presidenza e l’intervento di Cervi, che fra l’altro ha ricordato come le elezioni del 1948 abbiano segnato l’egemonia del Partito Comunista Italiano nello scenario della sinistra nazionale — è intervenuto don Gianni Baget Bozzo. Già dirigente democristiano della prima ora, Baget Bozzo — divenuto sacerdote e docente di teologia — ha collaborato con il cardinale Giuseppe Siri nell’animazione della rivista Renovatio, ha pubblicato numerosi volumi e attualmente, oltre che collaboratore di Panorama, de il Giornale e di Avvenire, è responsabile del Settore Formazione di Forza Italia. Nel suo intervento, il sacerdote, volutamente vestiti i panni del memorialista, ha affrontato Cronaca, storia e significato dello scontro elettorale del 18 aprile 1948. Sottolineando il ruolo decisivo svolto da Papa Pio XII, dall’Azione Cattolica e da Alcide De Gasperi nella costruzione di quell’importante successo elettorale — quindi evidenziando come le parrocchie, scheletro della “struttura ecclesiastica”, siano state l’ultimo bastione capace di resistere al crollo dello “Stato nazionale liberale statalista” —, il relatore ha definito la vittoria di cinquant’anni fa come il trionfo della “libertà senza aggettivi” e ha ricordato come al tempo la leadership della FUCI, la Federazione Universitari Cattolici Italiani, fosse contraria al coinvolgimento diretto dei ranghi organizzati del mondo cattolico nella lotta politica. L’intervento di don Baget Bozzo ha offerto anche l’occasione per rievocare il clima da guerra civile di quegli anni, le aspettative dei comunisti italiani nei confronti dei partigiani comunisti jugoslavi di Josip Broz detto Tito, che avanzavano nell’Italia Orientale, e l’eliminazione sommaria da parte comunista dei partigiani “bianchi” — ovvero facenti riferimento al mondo cattolico — e “azzurri”, cioè monarchici, nonché di numerosi sacerdoti. Affermando che “i comunisti non cambiano mai”, il relatore ha infine voluto descrivere un passaggio di testimone politico-ideale fra passato e presente collegando l’ingresso in politica di Silvio Berlusconi nel 1994, nonché la nascita di Forza Italia e poi del Polo delle Libertà e del Buongoverno, al mondo civile italiano trionfante nel 1948, a cui la DC del tempo offrì occasionale “dimora elettorale”.
Il dottor Marco Invernizzi, storico del Movimento Cattolico in Italia, presidente dell’ISIN, l’Istituto per la Storia delle Insorgenze, e responsabile di Alleanza Cattolica per la Lombardia e il Veneto, ha trattato il tema Mondo cattolico e Democrazia Cristiana nella stagione del centrismo (1947-1953).
Nella sua relazione ha indagato — come è stato fatto anche nei successivi interventi — il parallelo fra il popolo cattolico italiano di allora — ben descritto per esempio dall’opera educativa svolta dai Comitati Civici di Luigi Gedda — e il popolo italiano che negli anni 1990 reagisce alla prospettiva dell’assunzione della titolarità del potere politico nel paese da parte della coalizione delle forze progressiste — il mondo del radicalismo e del relativismo di massa egemonizzato dai due tronconi del comunismo italiano e dell’ex PCI, ovvero il Partito Democratico della Sinistra e il Partito della Rifondazione Comunista. Tale reazione è stata ed è tuttora compiuta in nome di un senso comune spesso più “istintivamente” avvertito che non coscientemente elaborato in termini filosofico-teologici — ben descritto dalla “maggioranza silenziosa” degli italiani che non si riconoscono nella sinistra che pure, minoritaria, governa oggi l’Italia.
Nella seconda sessione — dopo l’insediamento della presidenza e l’intervento di Gentile, che ha fra l’altro invitato a “rimuovere la rimozione del ’48” e a non abbassare la guardia di fronte al mondo socialcomunista che pretende di non essere più tale solo in virtù di qualche facile mutazione di etichetta — è intervenuto il dottor Massimo Caprara sul tema La questione comunista nella storia d’Italia: dalla “svolta di Salerno” a quella della Bolognina. Dal 1944 e per circa vent’anni segretario del leader del PCI Palmiro Togliatti, sindaco di Portici e deputato di Napoli per quattro legislature a partire dal 1953, radiato dal PCI nel 1970 con il gruppo de il manifesto del quale fu un fondatore, Caprara si è lasciato alle spalle il passato di fedele zelatore dell’ideologia marxista-leninista ed è tornato all’attività giornalistica. Attualmente collaboratore regolare de il Giornale e di Storia illustrata, nonché consigliere comunale a Napoli dove si era candidato come Sindaco per le organizzazioni di Centro nelle elezioni amministrative del 1993, l’ex esponente comunista è noto anche per importanti volumi di ricostruzione storica “partecipativa”, fra cui Quando le Botteghe erano oscure. 1944-1969, uomini e storie del comunismo italiano, edito a Milano da il Saggiatore. Ripercorrendo le fasi salienti del socialcomunismo italiano anche nei suoi rapporti con la casamadre sovietica, Caprara ha alternato elementi di analisi scientifica a momenti di vera e propria testimonianza secondo la logica di chi, come lui, si trova oggi nella condizione “di poter godere di molte libertà, esclusa quella di tacere”. Prendendo spunto dalla pubblicazione in lingua italiana de Il libro nero del comunismo. Crimini, terrore, repressione di Stéphane Courtois, Nicolas Werth, Jean-Louis Panné, Andrzej Paczkowski, Karel Bartosek e Jean-Louis Margolin, edito a Milano da Mondadori, che conta almeno cento milioni di morti causati dall’ideocrazia marxista-leninista internazionale, l’ex segretario di Togliatti ha denunciato l’assurdità dell’atteggiamento degli attuali dirigenti del PDS che sembrano relegare a un passato lontano fatti di cui non vorrebbero neppure parlare. Dopo che Caprara si è interrogato — in sintonia con l’ultimo capitolo di quel volume, intitolato Perché? e redatto da Courtois — sul significato profondo di quell’elemento centrale della storia d’Italia che è stato il comunismo, particolare significato hanno assunto i suoi rilievi sul crollo dell’elemento statuale del socialcomunismo sovietico e del Muro di Berlino: secondo l’oratore, infatti, il cosiddetto “scudo stellare” — voluto dall’amministrazione statunitense guidata dal presidente Ronald Wilson Reagan nella seconda metà degli anni 1980 —, la crisi del modello statalista e la penuria di merci disponibili sul territorio ex sovietico, nonché la pressante questione delle nazionalità represse da decenni, hanno certamente svolto un ruolo materiale importantissimo nell’implosione del regime di Mosca, ma non riescono comunque a spiegarne completamente ed esaustivamente la disfatta. Così, denunciando come la cosiddetta “caduta dell’impero sovietico” abbia comunque salvato la nomenklatura del regime, consentendo all’apparato militar-industriale di sopravvivere e di agire sotto altro nome, Caprara si è detto certo dell’importanza del fattore spirituale e del ruolo svolto dall’elemento trascendente nel crollo del socialcomunismo europeo-orientale. Se le idee e la fede sono più forti della materia, ha affermato l’ex dirigente comunista, s’impone allora come doverosa un’indagine approfondita in questa direzione; un’indagine capace di rendere pienamente conto di quanto il relatore ha definito “l’esplosione dell’insorgenza spirituale” che nel 1948 ha sconfitto il comunismo in Italia e che alla fine degli anni 1980 ha decretato la scomparsa dei regimi totalitari marxisti-leninisti dell’Europa Centrale e Orientale.
Nell’ultima relazione della giornata, 1948-1998: cultura politica e perdita del senso comune in mezzo secolo di storia italiana, Giovanni Cantoni, reggente nazionale di Alleanza Cattolica e direttore di Cristianità, ha ripreso i concetti espressi dal relatore che lo ha preceduto, sottolineando la felicità e l’importanza dell’espressione “insorgenza spirituale” a descrizione di momenti nodali della storia occidentale in generale e italiana in particolare, quali quelli dell’opposizione di un popolo animato dall’ethos naturale e cristiano, dunque cattolico, a fronte dell’aggressione rivoluzionaria portata dall’ideologia e dell’ideocrazia, ovvero dal mondo organizzato — filosoficamente, politicamente e istituzionalmente — del relativismo. Tracciando efficacemente la storia della Cristianità occidentale dal momento in cui la sua omogeneità s’incrina con la Riforma protestante di Martin Lutero nel 1517, attraverso la Rivoluzione francese e la Rivoluzione italiana, comunemente indicata come Risorgimento, ovvero quando il mondo cattolico passa a essere uno dei protagonisti dello scenario politico-culturale, progressivamente sempre più minoritario e sempre più difettoso di guide, Cantoni ha descritto la reazione di un popolo — quello del 1948, ma anche quello degli anni 1990 — che si ritrova e si stringe attorno ai fondamenti della propria cultura: cioè nel proprio atteggiamento comune per quanto riguarda le cose importanti della vita, atteggiamento spesso non organizzato discorsivamente, ma intuito e vissuto, dunque reale. Ricordando che chi ha temuto l’insorgere di questa coscienza popolare nel 1948 l’ha combattuta senza quartiere, il relatore ha ripercorso le fasi della storia nazionale mostrando come il popolo italiano, oltre le gabbie impostegli dalla vita politica organizzata nei partiti, abbia continuato a esistere dando prova di quest’esistenza — quasi miracolosa dato che, con tutti i mezzi, ne è stato tentato il distacco dalla cultura che lo anima e che lo identifica — in alcuni momenti storici “forti”.
A fronte di questa situazione di “sopravvivenza”, motore di diversi episodi d’insurrezione spirituale che hanno generato insurrezioni storiche, Cantoni ha concluso richiamando la forte e cogente necessità di un apostolato organico e specifico che ricuperi e vivifichi la memoria storica del popolo italiano, dunque di una nuova evangelizzazione che possa generare una vera e propria Insorgenza, intendendo il termine anche come categoria. Motivi di speranza ve ne sono, ha affermato il relatore richiamandosi ancora alla testimonianza offerta da Caprara, giacché gli uomini possono cambiare.
Fra i presenti al convegno milanese — annunciato sui mass media nazionali, sui quali ha pure avuto eco — la professoressa Serena Manzin, assessore all’Economato, Turismo e Moda del Comune di Milano; l’on. Alessandro Pagano, deputato all’Assemblea Regionale Siciliana; il professor Cesare Alzati, dell’Università di Pisa; il professor Marco Tangheroni, direttore del dipartimento di Medievistica del medesimo ateneo; e Roberto Predolin, capogruppo di Alleanza Nazionale al Consiglio comunale del capoluogo lombardo.
Due messaggi particolarmente rilevanti sono stati inviati dal professor Luigi Gedda, fondatore e già presidente dei CC — nonché autore dell’importante volume 18 aprile 1948. Memorie inedite dell’artefice della sconfitta del Fronte Popolare, edito da Mondadori con una prefazione del professor Giorgio Rumi e con un’introduzione di Mauro Anselmo —, e dall’on. Gianfranco Fini, presidente di Alleanza Nazionale. “Va sottolineata — ha scritto Fini, individuando puntualmente il vero nodo della questione rievocata e analizzata nel corso del convegno di studi — la fondamentale importanza di quell’evento elettorale nella storia italiana. Quella del 18 aprile 1948 non è stata una delle consuete competizioni elettorali tra differenti forze politiche, ma una scelta di civiltà fra due opposte concezioni del mondo: fra un’Italia profondamente legata alle proprie radici nazionali, religiose e civili, e quella parte del paese sedotta dall’utopia marxista-leninista; un’utopia che proprio nella primavera dello stesso anno portava con un golpe i comunisti al potere a Praga e forniva l’ennesimo saggio di brutalità nell’Europa dell’Est.
“Letto in questo senso, del tutto aderente alla realtà storica, quell’evento non può appartenere al patrimonio esclusivo di una singola forza politica: neanche a quello della Democrazia Cristiana, cui pure nominalmente arrise la vittoria. Come ricordano gli storici, e in particolare uno studioso di area cattolico democratica come Pietro Scoppola, i democristiani non vollero mai celebrare il periodo del “centrismo”, sorto dal risultato del 18 aprile 1948, e ricordano sempre questa data con un certo imbarazzo. Quando inizieranno a farlo, dopo la caduta del Muro di Berlino, sarà troppo facile, e troppo tardi.
“Merita quindi apprezzamento un convegno sull’avvenimento che ha permesso alla nostra nazione di restare in una cornice di libertà; e meritano apprezzamento nuovi studi e nuove testimonianze che favoriscano l’esatta comprensione di quanto accadde in quei giorni, come per esempio la recente pubblicazione delle memorie di Luigi Gedda, fondatore di quei Comitati civici che furono i grandi protagonisti della campagna elettorale del 18 aprile”.
Toni di preghiera augurale ha invece avuto il messaggio dello stesso Gedda: “Il 18 aprile fu giustamente definito una seconda Lepanto in quanto se Lepanto ha impedito ai Turchi di invadere l’Italia, il 18 aprile ha impedito a Stalin e a Tito di conquistare l’Europa. Come per Lepanto fu costruita la Basilica di Santa Maria Maggiore, così per il 18 aprile abbiamo il dovere di richiamare alla Fede praticata quegli italiani che non pensano a Dio e non lavorano per Lui”.
Marco Respinti