« Allora i discepoli gli domandarono: “Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia ?”. Ed egli rispose: “Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro”. Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista » (Mt 17,10-13)
Nella fede popolare e nell’insegnamento degli scribi il ritorno del profeta Elia era atteso negli ultimi giorni per preparare la via del Signore (Ml 3,23-24; Sir 48,10). Pietro, Giacomo e Giovanni avendo appena visto con i loro occhi Gesù che parlava con Elia sul monte della Trasfigurazione da cui stavano scendendo (Mt 17,3), si chiedevano se non era ormai giunto il momento del ritorno di Elia. Ecco perché Gesù afferma con chiarezza: « Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa ». Ma aggiunge subito una precisazione che – come al solito – invita ad intendere le cose più in profondità: « Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto ». Gesù è d’accordo con l’insegnamento dei rabbini che aspettavano l’avvento di Elia, ma osserva che non hanno saputo riconoscerlo. Esattamente come per la venuta del Messia, essi lo aspettano, ma, pur essendo venuto, pur avendolo visto, pur avendo ascoltato le sue parole e constatato le sue opere miracolose, non lo hanno riconosciuto. Il grande ritorno di Elia si è già realizzato nella persona e nel ministero di Giovanni (Mt 11,14; 17,13; cfr. 3,4). Come Elia, Giovanni era un grande profeta che invitava il popolo alla penitenza ed era perseguitato da un re malvagio (cfr. 14,3-12). Qualcuno ha tratto argomento da questo ritorno di Elia nella persona di Giovanni per sostenere che qui il Nuovo Testamento sostiene la dottrina della reincarnazione. La reincarnazione però, che riduce il proprio corpo ad un vestito che si può prendere e poi lasciare per rivestirne un altro rimanendo la stessa persona, è una concezione assolutamente estranea alla mentalità biblica. Qui si tratta invece della trasmissione di una eredità spirituale (cfr. Pietro Cantoni, Cristianesimo e reincarnazione, Elledici, Leumann [TO] 1997). Per comprenderne il senso basta pensare all’episodio di Elia che, prima di essere rapito su un carro di fuoco, trasmette il suo “spirito” a Eliseo lasciandogli il mantello (cfr. 2Re 2,8-15); d’altra parte è lo stesso Giovanni a negare una sua letterale identificazione con Elia in Gv 1,21. L’identificazione è piuttosto “tipologica”: Elia è il tipo del profeta precursore e perseguitato. Gesù usa questa discussione sul “nuovo Elia” per aiutare i discepoli a comprendere il mistero della sua Regalità e sofferenza (cfr. 16,21). Così come il nuovo Elia aveva incontrato tanta opposizione in Israele, « anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro ». Anche noi oggi siamo invitati a non essere superficiali, a non credere subito di “aver capito tutto”. Gli eventi confusi e complessi del nostro tempo non tollerano – con estrema evidenza – letture di questo tipo, a cui le ideologie del secolo scorso ci hanno fin troppo abituati. Solo la preghiera assidua, umile e fiduciosa, ci può far rientrare nello spazio del mistero, dove, condotti per mano dallo Spirito Santo possiamo accedere ad una comprensione profonda. Qui possiamo essere investiti, senza esserne completamente accecati, dalla luce potente della gloria di Gesù che vince sulla Croce e per mezzo della Croce.