« E il faraone chiamò Giuseppe Zafnat-Paneach e gli diede in moglie Asenat, figlia di Potifera, sacerdote di On. Giuseppe uscì per tutto il paese d’Egitto » (Gen 41,45); « Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati » (Mt 1,21); « oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore » (Lc 2,11)
Dopo che Giuseppe ha risolto l’enigma dei sogni del Faraone, il re gli attribuisce un nome egiziano: « Zafnat-Paneach » (Gn 41,45 nella traduzione della Conferenza Episcopale Italiana). Un nome misterioso, che san Gerolamo traduce come “salvatore del mondo”. Gli egittologi moderni considerano questa traduzione come non sicura, ma assolutamente plausibile. Non è improbabile che il Faraone pensasse all’Egitto come al “mondo”. Ma qui le sue parole diventano profezia, perché Giuseppe è figura di Gesù. Un’altra traduzione possibile è “svelatore di misteri”. Giuseppe infatti aveva interpretato i sogni del Faraone. Ma il vero Salvatore viene a compiere i sogni di verità e giustizia più nascosti nel cuore dell’uomo e viene ad illuminare il mistero stesso dell’esistenza umana. « In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo » (Gaudium et spes, n. 22). Il nome di Gesù in fondo riproduce proprio questo mistero. “Gesù” infatti rende l’aramaico Ieshu e l’ebraico Iehoshua (dopo l’esilio soprattutto Ieshua), che – letteralmente vuol dire “Dio (YHWH) salva”. Qui è riportato, anche se contratto, il nome ineffabile di Dio, quello che Dio ha rivelato a Mosé nell’Esodo (Es 3,14), quello che gli ebrei hanno ben presto smesso di pronunciare per rispetto, sostituendolo per lo più con “Signore”. Ora questa parola misteriosa e tremenda è racchiusa nel nome “Gesù” accompagnata però da un verbo che la rende straordinariamente intima e familiare: “salva”. San Francesco tutte le volte che diceva “Gesù” « passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole ». In quel nome c’è infatti tutta la dolce intimità tra Dio e l’uomo che è Gesù stesso e la sua vita.