« Partito di là, venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare. Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: “Che cosa vi ha ordinato Mosè?”. Dissero: “Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla”. Gesù disse loro: “Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”. A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio” » (Mc 10,1-12)
In questo nostro tempo più voci si stanno levando per gettare il sospetto su un dato che finora pareva a tutti ovvio: l’uomo è maschio e femmina, ogni uomo è o maschio o femmina… Qualcuno ci vuol far credere che l’essere maschio o femmina è solo una incrostazione culturale, frutto di abitudini, di convinzioni trasmesse, di superstizioni religiose. Un dato quindi che rimarrebbe nel potere dell’uomo cambiare. Questa ondata ideologica mette ovviamente in crisi anche tutti quegli istituti che hanno sempre presieduto nella nostra civiltà cristiana alla regolamentazione naturale e spirituale della sessualità umana. I due principali, che potremmo percepire ad un primo sguardo superficiale come lontani o addirittura opposti, sono il matrimonio e il celibato liberamente scelto “per il regno dei cieli”. Essi sono infatti strettissimamente legati e quindi entrambi coinvolti nella crisi che stiamo vivendo e che concerne il significato della sessualità. « Quanto più un’epoca è povera di fede – scriveva qualche anno fa il card. Ratzinger – , tanto più frequenti sono le cadute. Così il celibato perde di credibilità e il suo vero messaggio non viene alla luce. Si deve chiarire che i periodi di crisi del celibato corrispondono sempre a periodi di crisi del matrimonio. Infatti oggi non viviamo solo la crisi del celibato, lo stesso matrimonio viene sempre più messo in discussioni come fondamento della nostra società » (Il sale della terra, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 2005, p. 224). La Bibbia non considera affatto l’essere maschio o femmina qualcosa di secondario o di “aggiunto” alla natura dell’uomo, ma lo considera piuttosto come il “segno nella carne” dell’immagine di Dio nell’uomo. L’uomo vive di relazioni, alla cui radice sta la relazione basilare che si radica nella diversità dei sessi: non può far da solo, è “animale sociale”. Solo vivendo in pienezza la relazione fondamentale dell’amore realizza la sua vocazione ad essere immagine di Dio. Dio è – insieme – uno e trino: questo è il mistero principale della nostra fede. Ogni uomo è uno nell’unità della carne con tutti gli altri uomini, ogni uomo è diverso dall’altro per quel principio spirituale che informa il corpo e con esso costituisce una unità sostanziale, quel principio che noi chiamiamo “anima”. « Con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo. Siamo chiamati a formare una cosa sola con lui; egli ci fa comunicare come membra del suo Corpo a ciò che ha vissuto nella sua carne per noi e come nostro modello » (Catechismo della Chiesa cattolica, n. 521). Ecco perché san Paolo non teme di affermare che «il corpo … è … per il Signore» (1Cor 6,13). Il corpo – che è sessuato nella sua intima essenza – «non è per l’impudicizia, ma per il Signore». Il sesso non è un giocattolo, un bene di consumo, un esercizio di auto soddisfacimento. Chi lo intende così «pecca contro il proprio corpo» (v. 18). Può risultare curioso ad una prima (superficiale) lettura constatare che san Paolo ha appena redatto una lista di peccati, tra cui è catalogata anche l’ubriachezza (v. 10), un peccato con cui l’uomo certamente danneggia immediatamente il proprio “corpo”. Qui però l’unico peccato veramente “contro il corpo” è la fornicazione… Perché? Perché con la fornicazione si tradisce la vocazione del corpo ad essere unito a Gesù e ad esprimere il suo modello di amore. L’amore sessuato umano è chiamato ad essere – in Cristo – spiritualizzato. E questo può avvenire sia con il matrimonio che con il celibato. Il celibe «per il regno dei cieli» è solo uno che anticipa lo stato finale a cui tutti sono chiamati: «chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito » (v. 17). Chi si sposa edifica il corpo di Gesù procreando nuovi membri: il suo atto di amore coniugale deve perciò sempre essere aperto alla vita. Anche quando ciò non avviene per cause indipendenti dalla sua volontà, esso rimane “segno nella carne” dell’amore di Dio e del Signore Gesù. Chi rinuncia a procreare “per il regno dei cieli”, è chiamato ad essere – per speciale consacrazione – padre o madre nell’ordine della grazia; rinunciando a donare la vita “biologica”, dona la vita della grazia ed edifica così il corpo del Signore. Senza matrimonio non ci possono essere uomini e donne che accolgono la chiamata al celibato… Ma è soprattutto attraverso i celibi “per il regno” che gli sposati sono efficacemente aiutati a spiritualizzare il loro amore, a farlo diventare sempre più da “erotico”, cioè per colmare ciò che ci manca, ad “agapico”, per donare ciò che si ha e si è.