Da “Il Tempo” del 1 marzo 2017. Foto da Vita.it
Al di là di quel che precisa nelle sue 20 pagine, l’ordinanza con cui la Corte di appello di Trento impone al Comune di residenza di registrare come figlio di genitori same sex un bambino nato all’estero a seguito di maternità surrogata è un passo in avanti verso la legittimazione dell’utero in affitto. I giudici scrivono di sapere bene che in Italia esso è vietato: ma i viaggi all’estero per le «extraordinary conceptions» sono certamente favoriti dalla rimozione dell’ostacolo costituito dall’attribuzione della genitorialità al bambino una volta tornati in Italia. Salvo le intenzioni della Corte trentina provo a seguirne l’iter logico.
Esso ruota attorno a due principi: il superiore interesse del minore e l’assenza di contrasto di quel tipo di registrazione con l’ordine pubblico interno (danneggiato il primo, i giudici sostengono che il bambino sarebbe danneggiato se in Italia non fosse data continuità giuridica alla situazione determinatasi nell’ordinamento nel cui territorio egli è nato. Spero di non essere bollato come omofobo se contesto che il «superiore interesse del minore» coincida con l’avere due «genitori» dello stesso sesso. Tranne rare eccezioni, l’ordinamento minorile non ha mai aggirato il dato naturale della duplicità maschio / femmina della figura dei genitori.
Il provvedimento di Trento sostituisce la duplicità della figura dei genitori con la duplicazione della stessa figura: nei fatti ciò provoca un impoverimento del minore, perché lo priva della ricchezza di una crescita e di una educazione che provengono dalla completezza pedagogica che dà la compresenza delle due distinte figure. Qui non è in discussione se due persone dello stesso sesso abbiano capacità di manifestare affetto verso un bambino (viene in mente il «chi sono io per giudicare…»): è in discussione una complementarietà che non deve essere sottratta. Se lo è, danneggia il minore. L’ordine pubblico.
L’utero in affitto si pone in contrasto formale col richiamo al dato di natura che l’art. 29 della Costituzione qualifica elemento fondante della famiglia e con la tutela della maternità e della paternità contenuta nell’art. 30.
Si tratta di norme essenziali per integrare la nozione di ordine pubblico interno: che siano così trascurate deve far suonare l’allarme.
Alfredo Mantovano