Da “Il Tempo” del 16 maggio 2017. Foto da MeteoWeb
Cercasi con urgenza governo delle migrazioni. E’ quello che manca, con rare eccezioni, sui tre fronti cruciali della questione:
a) il fronte della Comunità internazionale. Se milioni di persone preferiscono la fuga, accompagnata da ogni tipo di rischio, alla permanenza nel luogo di origine, accade perché negli ultimi anni i conflitti si sono moltiplicati. Si riducono i profughi se si riducono le guerre. L’impegno degli organismi internazionali e delle alleanze fra gli Stati andrebbe rivolto prioritariamente in tale direzione: il riferimento è non soltanto alla cruciale area della Siria e dell’Iraq, ma anche a quel che accade in Eritrea, in Nigeria, nel Pakistan, per citare i luoghi di più consistente provenienza dei richiedenti asilo; b) il fronte dell’Unione europea, che non è riuscita neanche nella indilazionabile modifica delle regole della Convenzione di Dublino, finora penalizzanti per Italia e Grecia; c) il fronte della nostra realtà nazionale, che soltanto negli ultimi mesi, grazie all’azione dell’attuale ministro dell’Interno, sembra consapevole delle priorità: ma che sconta almeno cinque anni di abbandono politico del settore. Durante i quali, aldilà delle polemiche e delle intenzioni dichiarate si è preferito scaricare sulla scarsa attenzione dell’Europa l’omissione di qualsiasi iniziativa per frenare le partenze dalle coste libiche; si è dapprima – con Mare nostrum – garantito il soccorso a partire dal limite delle acque territoriali della Libia; poi si è bloccata quell’operazione per l’evidente incremento di partenze che essa aveva determinato, accompagnato da un altrettanto significativo aumento dei morti in mare; infine si è tollerato che le ong realizzassero una sorta di Mare nostrum in gestione privatistica, senza alcun mandato istituzionale, surrogando il minor numero di imbarcazioni impiegate dagli Stati europei operanti in quel braccio di mare; nel frattempo ci si è rassegnati al tratto perennemente emergenziale dell’accoglienza, rincorrendo con affanno l’allargamento della rete e faticando nei controlli, come conclama la vicenda di Isola Capo Rizzuto. Solo negli ultimi mesi si è avviato uno sforzo di riduzione dei tempi per definire le domande di asilo. Continuiamo ad assistere alla schizofrenia di migliaia di persone che fuggono da persecuzioni e da guerre, che sono bloccate da mesi ai confini dell’Unione europea e rischiano la vita nel gelo di improvvisati campi di raccolta nei Balcani o in qualche isola dell’Egeo. 2,7 milioni di siriani, costretti a lasciare le loro città devastate, sono trattenuti in Turchia, qualificata «Stato terzo sicuro» in virtù dell’incredibile accordo sottoscritto nel marzo 2016 fra l’ Ue e il governo di Ankara! Al tempo stesso terroristi di origine extracomunitaria, benché formalmente espulsi e segnalati come pericolosi, circolano liberamente fra più d’uno degli Stati europei, fino a quando non commettono stragi e attentati, come è accaduto nel dicembre 2016, al mercatino natalizio di Berlino, o a Parigi nel novembre 2015.
Infine, migranti economici godono per anni del trattamento dei richiedenti asilo, pur non avendone alcun titolo, grazie alla lentezza delle relative procedure: senza peraltro essere espulsi in caso di rigetto, e con ciò incrementano l’area della irregolarità. Taormina è stata individuata come sede del G7 proprio perché l’immigrazione sia al centro dell’agenda dei Paesi più importanti. Al momento non si ha notizia di documenti preparatori dai quali far derivare decisioni di peso: la sola notizia è che i migranti saranno tenuti a debita distanza dal vertice. Scelta comprensibile in un’ottica di sicurezza, paradossale dal punto di vista politico. Quanto i paradossi prevarranno ancora su azioni concrete finora latitanti?
Alfredo Mantovano