Sergej Rachmaninov, un “ponte” musicale tra Oriente e Occidente
Il 20 maggio di sette anni fa, l’Orchestra Nazionale Russa, il Coro Sinodale di Mosca e la Cappella di Corni della Russia si esibirono nell’Aula Paolo VI con un concerto «organizzato in onore di Sua Santità Papa Benedetto XVI» a conclusione delle Giornate di cultura e spiritualità russa in Vaticano promosse da Kirill I, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Fu una tappa a suo modo storica lungo il percorso di riavvicinamento fra la Chiesa Cattolica e la Chiesa ortodossa russa.
Secondo Papa Benedetto XVI, la musica eseguita in quel concerto anticipava, in qualche modo realizzandola, una «sinergia tra Oriente e Occidente, come pure tra tradizione e modernità», del tutto coerente con la visione «unitaria e armonica dell’Europa» prospettata da Papa san Giovanni Paolo II (1978-2005).
Avendo avuto «la gioia di ascoltare brani di grandi artisti russi», Benedetto XVI notava come in particolare il compositore russo Sergej V. Rachmaninov (1873-1943) abbia saputo far tesoro «del ricco patrimonio musicale-liturgico della tradizione russa, rielaborandolo e armonizzandolo con motivi ed esperienze musicali dell’Occidente e più vicini alla modernità».
Nel concerto del 20 maggio, infatti, di Rachmaninov era stata eseguita in esordio la versione orchestrale di Vocalise op. 34 no. 14 – brano dalla melodia struggente e memorabile, di cui è famosa una storica incisione risalente al 1929 con il compositore sul podio – e, più avanti, uno dei numeri tratti da Vsènoshnoje Bdènie, la «Veglia dell’intera Notte» op. 37, opera nota in Italia con il nome (non del tutto appropriato) di «Vespri», per coro misto «a cappella», cioè senza accompagnamento strumentale.
Nato a Oneg, nella Russia nord-occidentale, in una famiglia nobile di ascendenza tartara, Rachmaninov era tuttavia cresciuto a San Pietroburgo in condizioni non agiate, avendo il padre dilapidato la propria fortuna. Nel 1915, comunque, anno di composizione di Vocalise e della Veglia, la reputazione nazionale e internazionale di Rachmaninov come compositore, virtuoso del pianoforte e direttore d’orchestra era ampiamente consolidata.
I quindici cori che compongono l’op. 37 fanno parte della cosiddetta liturgia ortodossa dei «Grandi Vespri» da celebrare alla vigilia delle grandi feste, comprendente gli uffici dei Vespri propriamente detti (destinati alle ultime ore del giorno), del Mattutino e dell’Ora Prima.
Sin dalla prima esecuzione, la Veglia ebbe notevole successo di critica e di pubblico, e fu salutata come un contributo di grande rilevanza al repertorio liturgico nazionale.
A sole tre settimane dal golpe bolscevico del 1917, Rachmaninov decise di riparare in Occidente: non solo perché la qualità della vita a Mosca – con i turni notturni di guardia imposti dal Comitato di condominio e la sospensione di ogni tipo di attività musicale – era già drasticamente peggiorata, ma anche perché i suoi quarti di nobiltà – Sergej lo percepì in tempo – mettevano a rischio la vita della moglie, quella delle loro due figlie e la propria. Raggiunti gli Stati Uniti d’America, Rachmaninov avrebbe dedicato gran parte della successiva vita artistica all’attività concertistica.
Nella Russia sovietica, comunque, la sua Veglia op. 37 fu eseguita regolarmente fino al 1928, anno in cui la dirigenza comunista impose un giro di vite contro le attività religiose decretando, in particolare, la messa al bando della musica sacra. In Unione Sovietica alcuni brani della sua Veglia furono comunque sporadicamente eseguiti fino ad anni 1960 inoltrati, quantunque su un testo alterato e con titoli “inoffensivi” del tipo Belle melodie. Lo spartito, del resto, non era in commercio e circolava semi-clandestinamente, quasi fosse uno scritto del samizdat.
Specialmente adatto all’ascolto in questo mese di maggio dedicato a Maria è il sesto coro dalla Veglia op. 37, quello destinato a completare le preghiere notturne: si tratta di Bogoroditse Djevo, cioè «Rallegrati vergine Madre di Dio», un inno solenne e gioioso alla Madre di Dio il cui testo corrisponde all’incirca alla prima parte dell’Ave Maria recitata dai cattolici.
Fra le varie esecuzioni disponibili su YouTube, due sono degne di nota. La prima, eseguita dal Mikhail Ivanovich Glinka Choir e diretta da Vladislav Chernushenko, si contraddistingue, fra quelle dell’intera Veglia, per la ieraticità. La seconda è l’esito di un flash mob improvvisato qualche anno fa dai giovani del Coro Accademico dell’Università di Petrozavodsk. In gita a Barcellona, stavano visitando il Museo Nazionale d’Arte di Catalogna quando, accortisi dell’acustica favorevole nella grande sala con la cupola, decisero d’intonare Bogoroditse Djevo con un esito di tutto rispetto.
Tra l’altro, la lingua dell’inno non è il russo. Il testo della Veglia op. 37 è infatti scritto in slavo-ecclesiastico, una variante della lingua paleo-slava abbondantemente stratificata (dai santi Cirillo e Metodio del secolo IX, passando per le scuole scrittorie bulgare del secolo X e poi del XIV) e che è a tutt’oggi la lingua liturgica della Chiesa ortodossa in Russia e di alcune Chiese cattoliche di rito bizantino.
L’inno mariano di Rachmaninov viene talvolta eseguito in una tonalità diversa dall’originale e sul testo latino dell’intera Ave Maria “occidentale” (e con questo è infatti sovente ricordato). Sebbene la resa sonora non sia sempre del tutto infelice, la bontà artistica di queste trascrizioni – certamente non promosse dal compositore – rimane dubbia. Ecco una traduzione italiana del testo originale in slavo-ecclesiastico.
Rallegrati Vergine Madre di Dio,
Maria piena di grazia,
il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra tutte le donne,
e benedetto è il frutto del tuo seno,
perché tu hai generato il Salvatore delle nostre anime.
Maurizio Brunetti