di Silvia Scaranari
Abbà, Papà: parola dolcissima del bambino che vede nel suo papà la persona forte a cui affidarsi e di cui fidarsi. Gli psicologi infantili ci raccontano tante cose, ma tutti i padri e le madri sentono spontaneamente un legame naturale, forte verso i propri figli. Amiamo i nostri figli non perché sono più belli, più intelligenti, più simpatici, più buoni degli altri, ma per il semplice motivo che sono i nostri, cellule delle nostre cellule, perché in loro viviamo noi e continuiamo a vivere materialmente, fino alla fine dei tempi. Il bambino si fida del proprio papà non perché è più forte di tutti, ma perché è il suo e sa che da lui non può aspettarsi che lo faccia soffrire.
Che dolore, che pugnalata quando il padre non rispetta questo suo dovere di protezione, di sostegno, di difesa dei figli!
Può capitare il contrario, che i figli deludano i padri, che i figli si ribellino, ma la situazione inversa è il massimo della Rivoluzione, il massimo successo di Satana perché capovolge la natura nel più profondo come quando una madre uccide il frutto del proprio ventre.
Il legame fra il Padre e Gesù era così intenso, così forte, così profondo, così dolce e totale che quando Gesù parlava con il Padre, faceva percepire all’esterno la totalità di questo rapporto ed è per questo che un giorno i discepoli gli chiedono di aiutarli a capire, a pregare come Lui.
Da questa richiesta nasce il “Padre nostro” che tutti i giorni recitiamo, osando rivolgerci a Dio con questo appellativo perché il Figlio ci ha autorizzati, ci ha insegnato che Dio per noi non è il Creatore, il Giudice, ma il Padre, colui che ci ha donato la vita e che veglia su questa vita con attenzione. Non è una cosa scontata, nessuna religione aveva mai osato pensare a un Dio come al proprio Padre. È una grande novità, «[…] la grande rivoluzione», ha detto il Santo Padre all’Udienza generale di mercoledì 7 giugno, operata dal cristianesimo: «[…] invocarlo come “Padre” ci pone in una relazione di confidenza con Lui, come un bambino che si rivolge al suo papà, sapendo di essere amato e curato da lui», e continua «Possiamo essere lontani, ostili, potremmo anche professarci “senza Dio”. Ma il Vangelo di Gesù Cristo ci rivela che Dio che non può stare senza di noi: Lui non sarà mai un Dio “senza l’uomo”».
Il Padre celeste è sempre pronto ad ascoltare chi parla con Lui e nella nota parabola del Figliol prodigo «[…] con il suo abbraccio fa capire al figlio che in tutto quel lungo tempo di assenza gli è mancato, è dolorosamente mancato al suo amore di padre».
Parafrasando il Santo Padre, inviterei tutti i padri che stanno leggendo a contare fino a 25 e poi pensare se e quando hanno sentito l’ultima volta la mancanza di uno dei loro figli. Su questo possono valutare il loro essere padri “a immagine e somiglianza di Dio” (cfr. Gn 1, 26).