« State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. […]. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà » (Mt 6,1-6.16-18).
Gesù ci insegna a non accumulare tesori sulla terra, ma in cielo (6,19-20). Per questo passa in rassegna i tre pilastri della pietà ebraica: elemosina, preghiera e digiuno (cfr. Tb 12,8-10) per mettere in luce il modo falso con cui sono praticati dagli scribi e dai farisei. Il loro agire è “ipocrita”, cioè è un comportamento da attori, il cui scopo è guadagnare l’ammirazione del pubblico. Loro cercano in realtà un tesoro su questa terra. Se fanno l’elemosina non è per dare gratuitamente, ma per comprare l’approvazione degli uomini; se pregano non è per adorare Dio, ma per attirare la stima degli altri; se digiunano non è per privarsi del cibo, ma per rimpinzarsi dell’ammirazione del prossimo. Qui Gesù sembra contraddirsi: ha infatti appena detto di non mettere la lampada sotto il moggio, ma sul candelabro, cioè di compiere le opere buone in modo che tutti le vedano. Ma – appunto! – lo scopo di compiere le opere buone alla luce del sole è quello di irradiare la luce di Gesù, perché chi è investito da questa luce possa rendere gloria a Dio (Mt 5,16) non quello di suscitare l’ammirazione degli uomini per la nostra gloria. Questo comportamento lodato da Gesù è completamente diverso dalla ricerca spasmodica della gloria degli uomini come è il comportamento da lui condannato qui. Dobbiamo però stare bene attenti a quello che insegna veramente Gesù, per non cadere negli scrupoli suggeriti dal diavolo. Gesù non condanna il comportamento buono, ma “ipocrita”, in sé stesso; dice solo che non riceverà la ricompensa celeste, perché ha già ricevuto quella terrena. Dice insomma che deve tendere al suo autosuperamento… Tra un comportamento buono compiuto per farsi vedere e niente del tutto, è sempre meglio il primo. È pur sempre qualcosa… Si innesca un processo che porta dal comportarsi bene “solo” perché si ha timore del giudizio degli altri, a comportarsi bene “anche” per il giudizio degli altri, fino a comportarsi bene “solo” per dar gloria a Dio. L’agire dell’uomo è spesso, per non dire sempre, piuttosto complicato, per cui non è facile districare la matassa. L’importante in definitiva è fare il bene che vediamo nella sua oggettività perché a poco a poco ci conquisti. San Genesio era un mimo e un attore (un “ipocrita”) che, alla corte di Diocleziano, mise in scena per divertire un battesimo cristiano… Recitando la parte con molta professionalità e quindi con passione e partecipazione divenne realmente cristiano e morì martire (Passio S. Genesii, VI sec.). Di questa “ipocrisia” non dobbiamo avere paura.