« Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: “Che cosa vuoi?”. Gli rispose: “Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno”. Rispose Gesù: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?”. Gli dicono: “Lo possiamo”. Ed egli disse loro: “Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato”. Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: “Voi sapete che i governanti delle nazioni dóminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” » (Mt 20,20-28).
Questa è la terza volta in Matteo che Gesù predice ai discepoli la passione che avverrà a Gerusalemme (cfr. Mt 16,21 e 17,22-23) e questa volta è particolarmente dettagliato. Ancora però gli apostoli faticano ad entrare in sintonia: « Ma quelli non compresero nulla di tutto questo; quel parlare restava oscuro per loro e non capivano ciò che egli aveva detto » (Lc 18,34). Questo ci aiuta a capire che non è sufficiente dire le cose, anche tante e tante volte, per essere capiti, bisogna che dall’altra parte ci sia ascolto e uno degli ostacoli principali all’ascolto è la convinzione di sapere già quello che si sta ascoltando. Quando si pensa di sapere già l’essenziale, si infilano nel nostro scaffale le cose che sentiamo; ogni scaffale ha le sue caselle e ogni casella la sua etichetta. Quando sentiamo qualcosa che non entra nelle nostre caselle o non corrisponde alle nostre etichette, semplicemente sparisce, perché non gli prestamo attenzione. Ecco perché Gesù spesso usa paradossi, parole forti, compie gesti insoliti: vuole scuotere, frantumare, rompere i nostri scaffali… Chi allora capisce? Soprattutto chi è umile e povero, povero di caselle ed etichette. La richiesta della madre dei figli di Zebedeo (Giovanni e Giacomo) e la reazione scandalizzata degli altri apostoli mette bene in evidenza la natura delle caselle che erano già predisposte nel loro scaffale e che impedivano la comprensione delle parole di Gesù. Gli Apostoli attendevano l’avvento del Regno di Dio ed erano già ben convinti che Gesù era il Re e questo era certamente un gran bene. A Gerusalemme si aspettavano l’ormai definitiva instaurazione del Regno e incominciavano a litigare per i posti di rilievo che vi avrebbero occupato. Questa preoccupazione impediva loro di prestare attenzione al senso vero e profondo delle parole di Gesù. Gesù risponde alla madre di Giacomo e Giovanni che non sta a lui decidere chi starà alla destra e alla sinistra del trono nel suo Regno, perché lui è al servizio del Padre che stabilisce questo, il posto che viene richiesto « è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato ». Lui è servo, perché l’autorità, a cui gli Apostoli sono chiamati a partecipare, è servizio. « Alla natura sacramentale del ministero ecclesiale è intrinsecamente legato il carattere di servizio. I ministri, infatti, in quanto dipendono interamente da Cristo, il quale conferisce missione e autorità, sono veramente “servi di Cristo” [cfr. Rm 1,1], ad immagine di lui che ha assunto liberamente per noi “la condizione di servo” (Fil 2,7). Poiché la parola e la grazia di cui sono i ministri non sono le loro, ma quelle di Cristo che le ha loro affidate per gli altri, essi si faranno liberamente servi di tutti [cfr. 1Cor 9,19] » (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 876). Il servizio comporta necessariamente l’amore, dunque la Croce. Alla destra e alla sinistra della Croce staranno i ladroni. Questo era ormai stabilito e non poteva essere cambiato…