di Michele Brambilla
Quando la solennità della Trasfigurazione del Signore, il 6 agosto, cade di domenica, la memoria corre al 6 agosto 1978, quando il beato Papa Paolo VI (1897-1978) spirava a Castel Gandolfo, ai secondi vesperi della sua festa liturgica preferita. Fino all’anno scorso, in Vaticano si celebrava una Messa di suffragio, ma dacché Paolo VI è “passato” tra gl’intercessori ufficialmente riconosciuti dalla Chiesa, la sua memoria ricorre o il 30 maggio (a Milano) o il 26 settembre a seconda del rito di appartenenza.
Scriveva, in quell’afoso 1978, Paolo VI, nel discorso che le forze non gli permisero di leggere di persona: «Fratelli e figli carissimi! La Trasfigurazione del Signore, ricordata dalla liturgia nell’odierna festività, getta una luce abbagliante sulla nostra vita quotidiana e ci fa rivolgere la mente al destino immortale che questo fatto in sé adombra. […] Quel corpo, che si trasfigura davanti agli occhi attoniti degli apostoli, è il corpo di Cristo nostro fratello, ma è anche il nostro corpo chiamato alla gloria». Paolo VI parlava del mistero imminente del suo transito al Padre, ma i fedeli ambrosiani meditano in queste ore le parole di Montini di fronte alla salma del card. Dionigi Tettamanzi (1934-2017), arcivescovo di Milano dal 2002 al 2011, che il 5 agosto ha raggiunto in Paradiso il suo antico ordinatore.
Nel discorso all’Angelus il 6 agosto scorso, Papa Francesco riprende il Vangelo del giorno (cfr. Mt 17,1-9) evidenziando due moti, uno ascendente e uno discendente. «L’evento della Trasfigurazione del Signore ci offre un messaggio di speranza – così saremo noi, con Lui –: ci invita ad incontrare Gesù, per essere al servizio dei fratelli». E «l’ascesa dei discepoli verso il monte Tabor ci induce a riflettere sull’importanza di staccarci dalle cose mondane, per compiere un cammino verso l’alto e contemplare Gesù». L’invito di Cristo a tornare nel mondo, abbandonando immediatamente la tentazione di fermare il tempo (è Pietro a proporre: «Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia»), certifica la necessità dell’azione affinché la contemplazione non diventi sterile.
Prosegue il Pontefice: «La riscoperta sempre più viva di Gesù non è fine a se stessa, ma ci induce a “scendere dal monte”, ricaricati della forza dello Spirito divino, per decidere nuovi passi di conversione e per testimoniare costantemente la carità, come legge di vita quotidiana. Trasformati dalla presenza di Cristo e dall’ardore della sua parola, saremo segno concreto dell’amore vivificante di Dio per tutti i nostri fratelli». È la carità che ha animato il card. Tettamanzi: «nella sua feconda esistenza ha testimoniato con gioia il Vangelo»
Le città si svuotano per le ferie estive. Come il beato Paolo VI, Francesco si augura che siano tempi aperti alla contemplazione che permetterà di diventare davvero contemplativi in azione, con l’aiuto di Maria. «Guardiamo a Maria, la Vergine dell’ascolto, sempre pronta ad accogliere e custodire nel cuore ogni parola del Figlio divino (cfr Lc 1, 51). Voglia la nostra Madre e Madre di Dio aiutarci ad entrare in sintonia con la Parola di Dio, così che Cristo diventi luce e guida di tutta la nostra vita. A Lei affidiamo le vacanze di tutti, perché siano serene e proficue», con un pensiero anche a chi non ne godrà. «Sia comunque un tempo di distensione, allietato da presenze amiche e da momenti lieti».