A volte ci interroghiamo su come sia possibile presentare Cristo e il cristianesimo oggi, nel mondo ostile o indifferente che ci circonda e che sta morendo. Ne ha offerto un esempio il Santo Padre nell’Udienza generale del 9 agosto. Il modello è il Signore Gesù e il suo modo di accostare le persone del suo tempo: “Fin dagli inizi del suo ministero di Galilea, Egli avvicina i lebbrosi, gli indemoniati, tutti i malati e gli emarginati. Un comportamento del genere non era per nulla abituale, tant’è vero che questa simpatia di Gesù per gli esclusi, gli intoccabili, sarà una delle cose che più sconcerteranno i suoi contemporanei. Laddove c’è una persona che soffre, Gesù se ne fa carico, e quella sofferenza diventa sua. Gesù non predica che la condizione di pena dev’essere sopportata con eroismo, alla maniera dei filosofi stoici. Gesù condivide il dolore umano, e quando lo incrocia, dal suo intimo prorompe quell’atteggiamento che caratterizza il cristianesimo: la misericordia”.
Non ci sarà rinascita di una civiltà cristiana che non passi attraverso la conversione degli uomini del nostro tempo. Non ci sarà battaglia politica efficace se contemporaneamente non riusciremo a indurre i nostri contemporanei a mettere in discussione la loro vita e ad accogliere la fede che Cristo propone a ogni uomo.
Anche sul modo è bene riflettere. I lebbrosi, gli ultimi, gli emarginati di oggi sono certamente i poveri che non riescono a mantenere le proprie famiglie, così come coloro che soffrono nel corpo. Ma sono anche coloro che, per qualsiasi motivo, sono estranei al politicamente corretto oggi dominante. Sono coloro che continuano a mettere al mondo dei figli, sono quelli che contestano che si debba vivere per ricercare il successo, per guadagnare sempre di più, tacendo la verità pur di ottenere il consenso.
Sono anche quelli che vivono lontano dalla fede cristiana, che spesso le si oppongono. Quanti di noi sono stati raccolti dalla misericordia di Dio perché hanno trovato qualcuno che ci ha rivolto la parola, che ha avuto il coraggio di parlarci nonostante non fossimo politicamente presentabili?
“È per questo che Gesù spalanca le braccia ai peccatori. Quanta gente perdura anche oggi in una vita sbagliata perché non trova nessuno disponibile a guardarlo o guardarla in modo diverso, con gli occhi, meglio, con il cuore di Dio, cioè guardarli con speranza. Gesù invece vede una possibilità di risurrezione anche in chi ha accumulato tante scelte sbagliate”.
La cosa che non dobbiamo mai fare è pensare di essere arrivati. Cristo non ci ha presi da dove eravamo perché ci accontentassimo di un cristianesimo mediocre e abitudinario.t
“Noi che siamo abituati a sperimentare il perdono dei peccati, forse troppo a buon mercato, dovremmo qualche volta ricordarci di quanto siamo costati all’amore di Dio. Ognuno di noi è costato abbastanza: la vita di Gesù! Lui l’avrebbe data anche solo per uno di noi. Gesù non va in croce perché sana i malati, perché predica la carità, perché proclama le beatitudini. Il Figlio di Dio va in croce soprattutto perché perdona i peccati, perché vuole la liberazione totale, definitiva del cuore dell’uomo. Perché non accetta che l’essere umano consumi tutta la sua esistenza con questo tatuaggio incancellabile, con il pensiero di non poter essere accolto dal cuore misericordioso di Dio. E con questi sentimenti Gesù va incontro ai peccatori, quali tutti noi siamo”.
Quando sperimentiamo gli effetti benefici del sacramento della confessione ricordiamoci, come ha detto Papa Francesco, che non sono tanto gli aspetti psicologici che dobbiamo ricordare, ma che Gesù offre all’uomo che si confessa la speranza in una vita nuova.
Da una vita rinnovata ne possono nascere molte altre, fino al miracolo, umanamente parlando, di un mondo migliore che può nascere nel mondo che muore.
Marco Invernizzi