PRESENZA DI LUTERO NELLA «CHIESA CONCILIARE»
Siamo d’accordo su Lutero? Questo è il titolo dell’ottavo fascicolo del 1976 di Concilium, rivista internazionale di teologia edita in italiano a Brescia dalla Queriniana e contemporaneamente in francese, in giapponese, in inglese in Inghilterra e negli Stati Uniti, in olandese, in polacco, in portoghese in Brasile, in spagnolo, e in tedesco in Svizzera e nella Germania Occidentale (1).
Questo fascicolo, curato dalla sezione “Ecumenismo” diretta da Walter Kasper e da Hans Küng, “vuole essere al servizio dell’intesa ecumenica“. “La nostra speranza – si legge nell’editoriale – è che finalmente anche da Roma venga pronunciata la “parola di riconciliazione”, che molti si aspettano, sulla causa di Martin Lutero“.
Non è nostro scopo seguire l’esposizione del tema da parte di tanti esperti qualificati – o almeno ritenuti tali – della questione luterana, né tanto meno intervenire nei merito, ma semplicemente registrare le loro affermazioni e prenderne atto. Perciò ci basta isolare e sottolineare i brani più significativi, e comunque conclusivi, del testo, affinché i nostri lettori possano rispondere da sé ad alcuni quesiti che le attuali travagliate condizioni della santa Chiesa presentano loro.
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Come premessa poniamo questo proposito di padre Daniel Olivier, agostiniano dell’Assunzione, che è incaricato di studi luterani all’Istituto superiore di studi ecumenici dell’Institut Catholique di Parigi. “Da parte nostra – scrive l’esperto cattolico – cerchiamo di rilevare alcuni fatti tra quelli che spiegano meglio la strana ostilità della chiesa romana verso un cristiano le cui intuizioni non cessano di essere giustificate dalla storia recente della chiesa stessa“.
Leggiamo quindi lo studio In che modo il mondo cattolico recepisce Lutero? di Johannes Brosseder, professore di teologia sistematica nella Scuola superiore di pedagogia della Regione del Reno, sezione di Bonn, e incaricato di teologia ecumenica nell’università di Monaco.
Secondo questo esperto, in tema di Riforma della chiesa “l’istanza di Lutero è stata […] recepita in teoria nei suoi tratti sostanziali, anche se la realizzazione pratica nella vita della chiesa cattolica su diversi punti èancora ai primi passi“; e come esempio di recezione teorica sostanziale cita il decreto sull’ecumenismo del Concilio Vaticano II, n. 6.
In tema poi di Concezione della cena, sempre Brosseder sostiene che “Lutero ha rifiutato, a buon diritto, il discorso di una ripetizione del sacrificio irrepetibile di Cristo in croce nella cena.
“[…] Lutero ha orientato rigorosamente la cena alla comunione eucaristica, e ha criticato la prassi contraria della Chiesa del tempo. Lutero ha criticato la prassi delle Messe private e ha tentato di realizzare concretamente il carattere di fondazione della comunità che la cena possiede. Di conseguenza ha pure criticato la prassi del culto delle specie consacrate, perché questo oscura il carattere commensale dell’eucaristia. Infine Lutero ha introdotto la comunione sotto le due specie e l’uso del volgare“.
Brosseder ritiene di poter affermare che “se si confronta la teologia della liturgia nel Vaticano II e le riforme che sono state compiute secondo il suo spirito, si deve dire che le istanze di Lutero sono presenti nella chiesa cattolica in misura addirittura sorprendente“.
A proposito della Concezione del ministero, lo stesso studioso “evidenzia il fatto che alcuni aspetti di prim’ordine della teologia luterana sono stati recepiti dalla teologia cattolica attuale” e che, anche se non è stato “raggiunto un consenso ufficiale nella questione generale dei ministeri“, si può affermare che “la discussione ecumenica a riguardo del ministero nella chiesa ha però mostrato chiaramente che tale consenso può essere considerato ormai del tutto possibile dal punto di vista teologico“. In concreto “perfino alcuni tentativi di intesa su un ministero universale di unità della chiesa sono già stati fatti”.
Johannes Brosseder conclude che “in generale si può dire che le istanze essenziali della teologia di Lutero sono state recepite da parte cattolica“.
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La sintesi degli studi contenuti nel fascicolo di Concilium cui stiamo attingendo è costituita dall’articolo Lo stato attuale di comprensione e di intesa su Lutero, di Otto Hermann Pesch, il primo teologo cattolico della Repubblica Federale Tedesca che sia membro docente di un istituto di teologia evangelica.
Secondo quest’ultimo esperto, “l’accoglienza cattolica a Lutero […] ha fatto in questi ultimi decenni tali progressi, ha sepolto una polemica così stagionata (rivedendo sia la propria posizione cattolica che la propria lettura di Lutero), da far affiorare sull’orizzonte persino l’interrogativo se abbia ancora ragione di esistere una chiesa specificamente luterana.
“(1) La chiesa cattolica al Concilio Vaticano II ha fatto proprio il richiamo di Lutero a una costante riforma penitenziale della Chiesa.
“(2) La dottrina luterana della giustificazione è stata riconosciuta, in quanto oggi nessun teologo o predicatore cattolico presenta ancora la salvezza dell’uomo davanti a Dio come dipendente dalle opere e dai meriti personali, ma viceversa presenta le “opere” come dipendenti dal dono gratuito della salvezza.
“(3) Per quanto riguarda il carattere sacrificale della Messa e di conseguenza la riforma liturgica della celebrazione eucaristica, la teologia già molto prima del Vaticano II, e dopo la riforma liturgica conciliare anche la prassi liturgica, hanno preso con imprevista serietà la critica di Lutero e hanno creato una celebrazione eucaristica che corrisponde almeno alle esigenze del primo Lutero. In teologia e nella liturgia il “carattere sacrificale” della Messa è diventato quasi un adiàphoron (2), per cui i rimproveri decisivi di Lutero non hanno più alcun oggetto.
“(4) La discussione attuale sulla concezione del ministero […] ha dimostrato di potere ottenere un consenso […] nell’ambito della teologia scientifica.
“(5) Anche il problema spinoso Scrittura e Tradizione è ormai risolto in favore di una priorità normativa della Scrittura (quale Lutero propugnava), nei confronti della quale tutta la tradizione successiva può avere solo carattere esplicativo e non costitutivo.
“Questa ampiezza di convergenze, che qui abbiamo mostrato paradigmaticamente in cinque punti problematici, fu resa possibile anche dalla collaborazione di teologi cattolici nella ricerca su Lutero, diventata ormai un dato normale sul piano internazionale. E quando nella teologia cattolica si ritiene necessario andare oltre Lutero, ormai anche la teologia luterana si vede costretta a fare altrettanto. In breve, Lutero è oggi per la teologia cattolica un testimonio della fede comune che fa da indicatore all’indietro e in avanti, il nostro “comune maestro”, come ebbe a dire a Evian nel 1970 il card. Willebrands“.
Come “conclusione delle conclusioni” Otto Hermann Pesch evoca un episodio della vita di Lutero e se ne serve come metafora per illustrare la posizione di Lutero stesso in seno alla Chiesa cattolica dei nostri tempi post-conciliari.
“Dopo che Lutero in un rapimento simulato da parte del principe Federico il Saggio venne portato al sicuro nel castello di Wartburg prima del bando imperiale, visse qui in abito borghese sotto lo pseudonimo di “cavaliere Jörg”.
Soltanto pochi lo conoscevano, ma egli lavorò con più creatività che mai.
“Questo episodio simboleggia lo stato attuale della comprensione e dell’intesa su Lutero. Soltanto pochi – senza escludere fedeli e teologi evangelici – lo conoscono; e dove lo si conosca, il trattarne diventa rischioso, pericoloso. Ma molti senza sospettarlo lo incontrano come il “cavaliere Jörg”. Il che significa: nella teologia del presente – anche e proprio nella teologia cattolica – Lutero è più presente di quanto si creda. L’esempio più vistoso appare ancor oggi quello di Karl Rahner nel saggio Gerecht und Sünder Zugleich (Giusto e peccatore a un tempo). Rahner, fraintendendo il senso luterano della formula, rifiuta di accettarla come una possibile formula dogmatica. Ma alcuni anni prima, nel suo libretto Von der Not und dem Segen des Gebetes (Difficoltà e benedizione della preghiera), sotto il titolo “La preghiera della colpa” egli aveva interpretato con precisione la formula luterana simul iustus et peccator, ignorando ancora il suo grande predecessore. Anche in altri casi affiorano liberamente nella teologia cattolica temi genuinamente luterani, sotto una etichetta diversa. Quando oggi parliamo della ferma fiducia della speranza cristiana, sotto questo tema si nasconde la predicazione luterana della certezza della salvezza. Quando i predicatori cattolici oggi preferiscono parlare del Dio pieno di bontà e di sollecitudine per noi invece che della “veste della grazia santificante”, si verifica qui il passaggio dalla concezione scolastica (volgarizzata) della grazia al concetto di grazia personalistico, relazionale, di Lutero. Quando sentiamo e leggiamo che Dio “ci accoglie come siamo, anche con la nostra colpa”, in questa formula si esprime la dottrina luterana dell’imputazione. Quando un teologo descrive oggi la situazione del credente come coincidenza di fede e incredulità, come simul fidelis et infidelis, che cos’è questa se non la variante moderna del simul iustus et peccator di Lutero? Quando riconosciamo la non disponibilità e l’insostituibilità della fede personale, abbiamo già superato la fede puramente intellettualistica del tenere-per-vero, in direzione di quell’atto di fondo esistenziale del nostro rapporto con Dio che secondo Lutero è altrettanto personale e solitario che l’atto della morte. Quando si esige la libertà dei figli di Dio da ogni costrizione, non si fa altro che tradurre in termini moderni il motivo luterano della “libertà del cristiano”. E quando il nostro tempo torna a comprendere con più profondità di molte epoche passate il nascondimento di Dio, e di fronte alla nostra lontananza da Dio riscopre tendenze inequivocabili a una nuova “teologia negativa”, si tratta di esperienze che Lutero ha anticipato quando in una formulazione dirompente diceva che Dio si comporta in questo mondo come se fosse il diavolo.
Il cosiddetto “popolo ecclesiale” delle due confessioni coglie spesso questo accordo profondo nelle esperienze di fede diventate comuni con molta maggior spontaneità dei teologi, necessariamente tenuti allo sforzo sottile della formulazione concettuale. D’altra parte, è stata l’esperienza spirituale spontanea dei credenti a dare continuamente alta riflessione teologica gli stimoli necessari al progresso. Così non è forse tanto Lutero, quanto il cavaliere Jörg, a rappresentare per la teologia e per la chiesa d’oggi la grande speranza che lo stato attuale della comprensione di Lutero e dell’intesa su di lui non sia ancora lo stadio finale“.
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Come abbiamo detto, non è nostra intenzione né commentare né confutare le affermazioni dei testi citati.
Ci siamo limitati a prendere atto della loro esistenza con scopi che confessiamo ben precisi.
Tali scopi emergono senza difficoltà da una serie di quesiti che di seguito andiamo a formulare.
Di fronte alle affermazioni che abbiamo rilevate nel testo di Concilium, vere o false che siano, è comunque possibile sostenere ancora che non esistono problemi nella “Chiesa conciliare” e che chi parla di cedimenti al protestantesimo è un ignorante o almeno un superficiale, quando non una persona in palese mala fede?
Se quanto è sostenuto dai collaboratori del fascicolo in questione non è vero, è lecito o no attendersi misure disciplinari contro chi propala il falso, con danno non trascurabile per il fedele cui Concilium può giungere tra mani?
Se invece è vero, quali i provvedimenti per fare fronte a una situazione tanto grave? E se questi provvedimenti non giungono, come non sospettare che la situazione sia ancora più grave di quella serenamente e gioiosamente descritta dai collaboratori di Concilium?
Infine, per servirsi della metafora di Otto Hermann Pesch, come non immaginare che il cavaliere Jörg non solo nasconda Lutero a chi non ne sospetta e non ne tollererebbe la presenza, ma gli permetta di essere stimato consulente di chi pure dovrebbe perseguirlo?
Note:
(1) Cfr. Concilium, rivista internazionale di teologia, Editrice Queriniana, Brescia ottobre 1976, anno XII, fascicolo 8. Tutte le citazioni nel testo sono tratte dal fascicolo in questione, di cui riproduciamo anche la grafia.
(2) Con questo termine, nel corso di una celebre controversia in campo protestante, venne indicato qualcosa di indifferente, che poteva essere oggetto di trattativa con i cattolici (Nota di Cristianità).