Mons. Arrigo Pintonello, Cristianità n. 26-27 (1977)
In occasione della XIV Assemblea Generale della Conferenza Episcopale italiana, raccolta a Roma nei giorni dal 9 al 13 maggio scorso, S.E. Rev.ma mons. Arrigo Pintonello, arcivescovo, già rettore dei seminari regionali di Viterbo e di Salerno, nonché membro della Commissione Ecumenica dei Seminari, ha ritenuto di indirizzare ai suoi confratelli nell’episcopato una franca lettera aperta, che trascriviamo dalla rivista Seminari e Teologia, aprile 1977, n. 3, pp. 1-4.
In essa il presule riprende i temi della sua puntualizzazione, riportata in Cristianità, Piacenza aprile 1977, anno V, n. 24, e li svolge con maggiore ampiezza, raccogliendo così, ne siamo certi, la gratitudine di quanti, turbati non superficialmente dalle vicende confuse dei tempi che viviamo, aspirano a conferma della oggettività di ciò che sentono come disordine, e anelano a guida sicura.
MOTIVI DI MEDITAZIONE PER I VESCOVI ITALIANI
Agli Ecc.mi Vescovi
che si raccoglieranno, nel prossimo mese di maggio, per il solito annuale convegno, rivolgiamo la supplica di voler dedicare un po’ di tempo e d’attenzione – oltre all’ormai consueto tema della promozione sociale – anche ai seguenti motivi di meditazione sulla drammatica situazione del momento, per dedurne opportune e non più dilazionabili scelte pastorali.
Vorremmo innanzi tutto che gli Eccellentissimi Vescovi riflettessero su:
PUNTUALIZZAZIONE
– La libertà intesa come: permissivismo morale, giustificato con l’appello ai diritti della persona umana; pluralismo dottrinale, che viola l’«aliis atque aliis verbis eadem dicere, non alia dicere» di S. Agostino e lede l’unità ed unicità del messaggio salvifico; riformismo acritico ed antistorico avulso dalle autentiche motivazioni della «Ecclesia semper reformanda» in campo liturgico, pastorale, disciplinare, seminaristico.
– Il dialogo ridotto a: pretestuoso espediente d’ogni forma di contestazione; perdita della propria identità e specificità cristiano-cattolica; paurosa e progressiva dimissione confessionale; relativizzazione della verità e del suo possesso; concezione democratica della Chiesa e del suo governo con la correlativa esaltazione del parlamentarismo assembleare.
– L’ecumenismo realizzato come: superamento dei confini tra la Chiesa ed ogni altra religione; pratica estraneità dei cristiani alle ideologie materialistiche; mano tesa al comunismo nel più cinico e colpevole silenzio sugli orrori della Chiesa ammutolita e dei lager siberiani.
– L’identità della religione cattolica compromessa con l’inserimento di forme ed elementi protestantici o con la sua riduzione a semplice fenomeno di una religione universale.
– La Chiesa decaduta al ruolo d’una qualsiasi organizzazione politica nella misura in cui ha perso di mira il suo fine soprannaturale o l’ha posposto a velleità di promozione sociale.
– La figura del R. Pontefice teologicamente ridimensionata e, non sempre pacificamente, assimilata ad un comune capo di stato, oltre che non raramente ridicolizzata, per aver perso in troppi il senso e la misura del suo specifico servizio ecclesiale.
– Il governo della Chiesa, almeno in apparenza, più obbediente all’ansia spasmodica di mettersi al passo con le forme più spinte di democrazia che non agli effettivi interessi delle anime e nonostante la conclamata democrazia, trasformatosi non raramente in una oligarchia non rifugge dal dispotismo assolutistico.
– L’ambito dottrinale, liturgico e pastorale della Chiesa, nonchè la stessa vita dei popoli, sottratti alla responsabile vigilanza dogmatico-morale ed alla sollecitudine apostolica dei veri Pastori, per sconsiderato dialogo, d’un ecumenismo indisciplinato e d’un falso irenismo.
– L’ascesi cristiana, già collaudata da secoli di storia e verificata dalla santità anche eroica, ora svuotata del suo contenuto evangelico, come il rinnegamento di sé e il sacrificio, cui si sono sostituiti i diritti della persona umana.
– I seminari e i conventi, in gran parte disertati, chiusi o ceduti, mentre le scuole teologiche, a livello sia seminaristico che accademico, son diventate molto spesso cattedra di eresie e deviazioni dottrinali.
– I «nuovi preti», travestiti e mimetizzati tra la folla, privi del tratto sacerdotale che distingue l’«homo Dei» (2 Tm. 3, 17) ed ostentatamente assimilatisi al secolo ed ai suoi criteri.
– Le popolazioni sistematicamente tradite, nella loro attesa di evangelizzazione, con una antididattica e non raramente antiteologica catechesi.
– L’ateizzazione generale dei popoli, infine, sfondo tragico sul quale il silenzio di chi avrebbe l’obbligo di parlare ed invece tace, assume il significato d’una aperta sfida alla sempre rinnovata condanna del materialismo ateo, da Pio IX a Leone XIII, da San Pio X a Benedetto XV, da Pio XI a Pio XII.
VOTI
– Si dica basta all’orgia del pluralismo teologico con cui si copre un deprecabile indifferentismo di base, al permissivismo morale, all’ecumenismo indiscriminato e all’irenismo inconsulto.
– Si chiuda drasticamente al marxismo e si rinnovi la sua condanna, ora che, anche da ambienti di cultura laica, e quindi non sospetti, se ne afferma la non compatibilità col Cristianesimo.
– Si rifondino i seminari secondo le severe costituzioni del Tridentino ed i sani aggiornamenti del Vaticano II.
– Si dimettano i docenti e i superiori dei seminari, propalatori di errori e di eresie.
– Si formi un clero sano e santo – restituito alla «apostolica vivendi forma».
– Si catechizzino le popolazioni secondo il catechismo di San Pio X, pur con i necessari adeguamenti alle odierne realtà religiose, morali e sociali.
– Si ponga un argine allo spaventoso dilagare della immoralità.
– Si salvi la gioventù, preda indifesa di corruttori senza scrupolo.
– Si dica con fermezza evangelica «sì sì» «no no» sui grandi problemi della vita religiosa e sociale e si rifugga dall’odiosa tortuosità dell’infingimento diplomatico e del compromesso politico.
– Si risponda alle istanze del problema sociale in modo da non anteporle né contrapporle a quelle primarie della salvezza.
– Si chieda il ripristino, in tutto l’àmbito delle loro competenze, della Suprema S. Congregazione del S. Offizio e delle tre Commissioni: Biblica, Teologica e d’Interpretazione del Vaticano II, prima che si arrivi al fondo del caos dottrinale, disciplinare, pastorale, ecc.
– Si propongano candidati all’episcopato che siano dotati di coraggio apostolico e di soda cultura teologica.
– In breve: si eserciti con fermezza e tempestività (v. legge sul divorzio, ieri; sull’aborto, oggi), il potere delle Chiavi, come l’esercitò Cristo; come l’esercitarono i Vescovi nel corso dei secoli, in forme collegiali ma anche private, mai condizionandolo all’approvazione della cosiddetta base, cioè del laicato e dello stesso presbiterio.
INTERROGATIVI
– Pessimismo il nostro? Magari ciò fosse! Senonché la nostra «nera» visione delle cose è condivisa dal giudizio scritto di centinaia e centinaia di sacerdoti, vescovi e laici.
– Ingerenza nelle competenze dei Vescovi? Diremmo piuttosto che il nostro, pur così umile e dimesso, è un pieno riconoscimento di tali competenze. Sappiamo quali sono i «sacri numera episcopatus», li consideriamo nell’ottica della fede e dal fermo esercizio di essi ci aspettiamo, se non la soluzione, almeno il tentativo serio e coerente di risolvere i tormentanti problemi della Chiesa d’oggi.
– Una voce nel deserto, la nostra? (come scrive il direttore della più importante rivista italiana di ascetica e mistica). Saremmo tentati di temerlo. Senonché confidiamo nel senso di responsabilità apostolica dei nostri Pastori e vogliamo sperare che il muro del loro silenzio venga finalmente e coraggiosamente abbattuto.
RILIEVI
– Mai, come oggi, c’è stata, da parte dell’umanità, tanta sete delle divine verità e mai altrettanta scarsezza di esse.
– Mai, come ai nostri giorni, c’è stata tanta anarchia nella Chiesa e mai altrettanto vuoto di guida da parte dei Pastori d’anime, a tutti i livelli.
– Mai, come nell’epoca nostra, il «Deposito della Fede» è stato tanto insidiato nella sua integrità e mai la Chiesa docente è stata tanto muta ed avara nell’assolvimento del suo mandato magisteriale e pastorale.
– È puerile rifugiarsi nella pseudo-motivazione di fede: Dio presiede alle leggi della storia e non abbandonerà il suo popolo. Questo è fatalismo storico.
– È grottesco affermare: la Chiesa ieri ha convertito i barbari e convertirà oggi gli atei, i lontani, gli indifferenti. La storia non si ripete.
– È temerario sperare: Dio ci aiuterà. È vano sperare in Lui, quando non si fa nulla per provocarne l’aiuto.
CONCLUSIONI
Errori ed eresie, caos ed anarchia: un vero flagello di Dio molto più vasto e distruttivo di quello di Attila, con conseguenze che dovrebbero togliere il sonno ai responsabili della vita e del governo della Chiesa, i quali, invece, inspiegabilmente tacciono.
Ignoranza teologica? Amor di quieto vivere? Libidine di carriera?
Confratelli nell’episcopato,
anche a nome di numerosissimi sacerdoti e laici, di cui ogni giorno si raccolgono i gemiti di sconforto e l’incontenibile angoscia per l’attuale momento di generale confusione, di sbandamenti e defezioni, osiamo dirvi:
– Rinnovate in noi la gioia di essere stati battezzati in questa Chiesa che, affidata nelle nostre mani, sembra oggi irriconoscibile, tanto è sconvolta e sovvertita.
– Restituitele il suo vero volto, i suoi autentici lineamenti evangelici, le sue connotazioni teologali, in piena conformità al vostro potere e al vostro dovere episcopale sul quale la Chiesa stessa si regge come sulla sua propria colonna e al quale il popolo di Dio guarda come al motivo della propria speranza.
Pomezia, 20 Aprile 1977
Mons. ARRIGO PINTONELLO
Arcivescovo