di Michele Canali
Alla conclusione del Concilio di Trento (1545-1563), le indicazioni della Chiesa Cattolica sull’arte furono molto precise e vincolanti: in gioco c’era la chiarezza sulle verità di fede.
Nei territori della Stato della Chiesa, la confusione diffusa dalle idee di Martin Lutero (1483-1546) fu minima e soprattutto i territori delle Marche furono particolarmente impermeabili alle novità teologiche provenienti dalla Germania. Questo perché il popolo della marca anconitana rimase naturaliter legato alla fede professata dalla Chiesa, esprimendo una devozione vera e genuina: quella stessa pietà popolare che Papa Francesco spesso cita con ammirazione. Federico Barocci (1535-1612), pittore urbinate, è sicuramente la massima espressione di questa fede semplice e autentica. L’artista rimase sempre legato alla propria città natale, Urbino, anche se questo lo limitò nella carriera artistica. Il suo soggiorno a Roma fu breve pur se sufficiente a ottenergli l’ammirazione dell’anziano scultore Michelangelo Buonarroti (1475-1564). Solo in provincia Barocci trovò il proprio ambiente naturale. Lontano dalla febbrile e competitiva attività romana, espresse il proprio immenso valore, favorito da un clima sereno e da una devozione vissuta con sincerità.
La Madonna del Popolo che egli concluse nel 1579 è forse l’opera che meglio di altre regala uno spaccato autentico di umanità intrisa di devozione. Ai piedi della Madre di Dio una moltitudine variegata di nobili e popolani implora l’intercessione potente di Maria. Una preghiera, mista di lode e di supplica, per nulla cerimoniosa o intimorita. Al contrario, i colori vivaci, i gesti dei personaggi e i rapidi volteggi delle vesti trasmettono un’immagine di leggerezza e di spontaneità dove comunque non manca mai la reverenza. La preghiera popolare, spontanea e vivace, arriva fin su in cielo dove la Madonna è già rivolta al Figlio, il quale benedice la folla orante. La committenza originale del quadro era sulle opere di Misericordia e anche se il pittore urbinate propose una variazione, l’intento originario rimane in trasparenza: la Misericordia è l’autenticità di un popolo rivolto verso il Cielo. Il tema traspare soprattutto attraverso i bambini, figure centrali del dipinto. C’è il bambino in prima fila che, incurante della mamma che lo richiama ad alzare gli occhi verso il cielo, è divertito dalla musica della ghironda suonata da un cieco. Un secondo, sulla sinistra, disturba una donna che sfoglia un libro di preghiere. Infine un terzo bambino, di famiglia ricca, porge un soldino a una popolana che porta il figlioletto sulle braccia. La Misericordia si manifesta nella condotta dei bimbi che partecipano, a modo proprio, alla devozione degli adulti. La loro esuberanza e la loro disinvoltura arricchisce la sacralità del momento, ed è la loro umanità, pienamente espressa e vissuta, che diventa lode all’Altissimo.
Forse si spiega in questo dipinto perché Barocci fu uno degli artisti preferiti da san Filippo Neri (1515-1595). Si narra, infatti, che il santo romano rimase in estasi di fronte al dipinto della Visitazione realizzato dal pittore urbinate, ammirando la prorompente umanità espressa per raccontare un evento religioso e di grande devozione.
Il territorio marchigiano di fine secolo XVI si arricchì di una moltitudine di opere religiose e devozionali che in molti casi anticiparono i richiami del Concilio. Barocci fu il massimo portavoce della fede popolare del tempo, perché in essa (e con essa) volle vivere. Le sue opere sono una lode all’uomo santificato dalla fede, una luce spirituale che accende le pose, i gesti e i volti delle sue figure. È in questo vortice di umanità osannata che la fede ritrova lo slancio e la forza di evangelizzare il mondo. Perché non esiste un male che possa inquietare quando l’uomo esprime in pieno la bellezza della propria persona.