« In quei giorni egli se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore. Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti » (Lc 6,12-19).
Gesù è giunto ad un punto cruciale della sua missione e compie un atto fondamentale, con cui diventa chiaro che non intende portarla a termine da solo. Fonda infatti una compagnia di collaboratori che continui la sua opera anche quando « lo sposo sarà […] tolto » (Mc 2,20). Luca sottolinea la solennità di questo atto notando che Gesù « se ne andò sul monte » in modo da collegarlo implicitamente con l’episodio di Mosè che, ricevendo sul monte Sinai le tavole della Legge, dà origine al popolo di Dio (Es 19,3-6). Lì, sul monte, Gesù « chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici », sottolineando che il suo atto obbedisce ad una scelta indipendente da ogni iniziativa umana. « Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga » (Gv 15,16). Non è un caso che ne scelga dodici, il numero dei figli di Giacobbe da cui sono discese le dodici tribù del popolo di Israele (cfr. Mt 19,28; Ap 21,14). Gesù sta costituendo una nuova “leadership”, una nuova classe dirigente per un Israele rinnovato in vista del compimento e del perfezionamento definitivo dell’Alleanza con la sua passione. Il fatto che la Chiesa primitiva riconoscesse in questo numero un significato particolare è testimoniato dalla scelta di Mattia per occupare il posto lasciato vuoto dal tradimento e dalla morte di Giuda (At 1,15-26). La scelta dei dodici è differente dalla chiamata dei discepoli. Questa chiamata è un invito universale a seguirlo, mentre gli apostoli costituiscono un gruppo speciale scelto tra i discepoli per partecipare alla missione di Gesù in un modo particolare (Mc 6,7). Apostolo (greco: ἀπόστολος; ebr. שָׁלִיחַ shalìach: inviato con un incarico ufficiale; rappresentante ufficiale dell’inviante) vuol dire ‘inviato’, ‘rappresentante’. Essere apostolo comporta innanzitutto una intimità con la persona di Gesù. Una intimità per così dire “ufficiale”, senza la quale la sua missione non avrebbe efficacia (cfr. Gv 15,4-7), indipendente di per sé dalle sue qualità personali: istruzione, eloquenza, simpatia, “carisma”. Comporta poi l’essere mandato a predicare e a scacciare i demoni. Due cose che vanno insieme nel ministero di Gesù (Mc 1,39) e costituiscono per così dire due aspetti inseparabili (Mc 1,27), perché il Demònio insidia continuamente gli uomini per distoglierli dall’ascoltare la Parola di Dio e per falsificarne la comunicazione. « Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna » (Gv 8,44). Questo particolare potere contro la menzogna che deve accompagnare costantemente la predicazione del Vangelo per assicurarne l’efficacia concreta è quello che il linguaggio della Chiesa ha successivamente chiamato “assistenza dello Spirito Santo” o anche “infallibilità”. Gesù ha lasciato agli apostoli la sua stessa autorità a cui appartiene anche il potere esorcistico. Questo potere garantisce in senso largo la capacità di mantenere la predicazione esente dalle falsificazioni del Maligno, in senso stretto quella di cacciarlo quando invade le persone e, in qualche modo, se ne impossessa. Potere che non deriva dalle qualità dell’esorcista ma dall’autorità che il vescovo gli trasmette, tutta radicata nell’autorità di Colui che ha vinto Satana (1Gv 3,8). Amiamo i vescovi perché sono i successori degli apostoli e detentori della stessa autorità di Gesù! Preoccupiamoci che quanto pensiamo e affermiamo a proposito del Vangelo sia in conformità con quanto il Magistero vivente della chiesa oggi insegna, per essere sicuri di non diventare mai figli (seguaci) del Diavolo.